Verso il contratto unico del comparto Istruzione e Ricerca
Online la web-cronaca e le relazioni integrali dei partecipanti al convegno.
L’intesa del 30 novembre 2016, sottoscritta dal governo e dai sindacati, sul rinnovo dei contratti pubblici, segna un cambio di passo importante rispetto ad una situazione ferma, almeno per i comparti della conoscenza, da quasi 10 anni.
Ne abbiamo parlato lo scorso 28 febbraio 2017, a Roma, nel corso del Convegno Nazionale "La contrattazione nel comparto dell’Istruzione e Ricerca e relativa area dirigenziale" che ci ha visti porre al centro del dibattito la ripresa della stagione contrattuale nei settori pubblici a seguito dell’accordo del 30 novembre 2016, le problematiche della conoscenza, la delega per la riforma del testo unico sul rapporto di lavoro (DLgs 165/01).
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Il blocco contrattuale che ha contraddistinto questi lunghi anni, segnati da interventi politici sbagliati, come la legge Brunetta, ha visto sottrarre ampio spazio alla contrattazione a favore dell’intervento del legislatore.
Per la prima volta ci troviamo a parlare di un contratto per un comparto unico dei lavoratori della conoscenza, quello dell’Istruzione e Ricerca, con l’arduo compito di mettere insieme mondi molto diversi tra loro: una sfida che la FLC CGIL si sente di affrontare perché viene da una esperienza di federazione dove questi mondi quotidianamente si confrontano e dialogano.
L’inlcusività sarà la cifra di un contratto che potrà vederci soddisfatti, così sottolinea in apertura Renato Comanducci del centro nazionale FLC CGIL, che coordina i lavori della mattinata, e così la Segretaria Nazionale Anna Maria Santoro chiarisce nel suo intervento introduttivo. Lo potrà essere, continua, perché il contratto stesso è uno strumento di democrazia, di inclusione e di partecipazione. Partecipazione che in questi anni i lavoratori di tutto il Paese hanno dimostrato di voler riacquistare, ad esempio in occasione del 4 dicembre scorso, quando con il loro voto hanno dichiarato prepotentemente di non voler rinunciare a quei diritti e a quei doveri per i quali i nostri padri costituenti si sono tanto battuti. Partecipazione sulla quale, come sindacato, abbiamo sempre puntato, resistendo in questi anni all’opposizione del berlusconismo prima e del renzismo poi, e lavorando duramente per restituirla ai lavoratori, con tutte le iniziative messe in campo, come testimonia la nostra lotta per la Carta dei diritti universali del lavoro ed i milioni di firme raccolte per i referendum. Per questo come FLC siamo pronti a costruire questo primo contratto unico e se, come ci sembra, rispetto all’accordo del 30 novembre il decreto Madia ci presenterà degli arretramenti, saremo pronti alla mobilitazione.
Umberto Carabelli, Professore di diritto del lavoro all’Università di Bari, che ha coordinato i lavori della Carta universale dei diritti universali del lavoro ed ha un’idea chiara dello stato del lavoro in Italia, ha affermato che il diritto del lavoro è uscito distrutto da questi anni di ossessive e fallimentari riforme, anni in cui un grosso salto all’indietro è stato fatto nel campo delle tutele. Questo perché si è puntato tutto sull’abbassamento del costo del lavoro a scapito della qualità e della formazione ed è stato proprio questo che ci ha trasformato nel fanalino di coda dell’Europa con il poco invidiabile dato del 40% di disoccupazione giovanile. Da questo punto di vista la Carta rappresenta un modello alternativo di lavoro, che deve essere rispettato e sentito come necessario per contribuire al funzionamento del sistema economico.
Mario Ricciardi, Professore di diritto del lavoro all’Università di Bologna, è stato, dal 2000 al 2009, la nostra controparte all’Aran. “Mi fa impressione che l’ultimo contratto sulla scuola sia quello firmato da me, dieci anni fa”, ha dichiarato in apertura del suo intervento. L’accordo di novembre è solo un primo passo, ma già le bozze non ufficiali del decreto Madia che circolano destano qualche preoccupazione: non risolvono le maggiori ambiguità della legge Brunetta e in particolare negli articoli 5 e 40 mostrano formulazioni poco chiare e contraddittorie, fermo restando che si continuano ad indicare materie per le quali la legge prevale sulla contrattazione. In questi anni tutte le figure professionali della conoscenza sono state toccate dalla riduzione dei diritti ma, primo tra tutti, lo è stato il personale tecnico amministrativo che ha subito anche una notevole riduzione di organico. A monte di ogni rinnovo contrattuale è evidente che ci dovrà essere una reintegrazione degli organici. Il contratto può rimettere in moto il circolo virtuoso tra partecipazione e professionalità. La partecipazione è la chiave.
Leonello Tronti, Professore di Economia del lavoro all’Università La sapienza di Roma, mette in campo una valutazione economica del lavoro nei settori pubblici, perché questa valutazione può aiutare la strategia per la contrattazione. Negli ultimi 20 anni il nostro PIL è cresciuto estremamente meno degli altri paesi della zona euro e questo ha comportato un notevole scarto di reddito tra i nostri lavoratori e i lavoratori del resto dell’Europa. Questo è accaduto perché non si è investito in conoscenza. Tutti investono in conoscenza, tutti riconoscono nel capitale umano una risorsa fondamentale per la società, tranne l’Italia. Probabilmente riportare il contratto al centro del lavoro significa ridare dignità a questo capitale umano. L’errore è cominciato negli anni ‘80 con tutte le privatizzazioni che hanno precarizzato il lavoro senza cambiare l’impresa e il risultato è che oggi ci ritroviamo con un’impresa che è rimasta a venti anni fa mentre il diritto del lavoro è cambiato. Avremo bisogno che anche l’impresa cambi e si adatti all’innovazione. L’apprendimento è un processo collettivo che può consentire al Paese di creare il proprio futuro. Questo è un compito che spetta alle amministrazioni pubbliche e in particolar modo al comparto dell’Istruzione e della Ricerca.
La tavola rotonda pomeridiana, coordinata da Giovanni Carlini, Responsabile nazionale FLC CGIL dell’Area V della Dirigenza Scolastica, vede il confronto tra sindacato e istituzione. Prima dell’avvio del confronto Raffaele Miglietta del Centro nazionale FLC CGIL ha illustrato alcuni dati relativi alla composizione dei nuovi comparti di contrattazione della Pubblica Amministrazione e all’andamento delle retribuzioni evidenziando la perdita del potere d’acquisto subita dai lavoratori pubblici della conoscenza sia in raffronto all’inflazione che in rapporto ai lavoratori dei settori privati.
Bernardo Polverari, in rappresentanza del dipartimento della Funzione Pubblica, richiamato dagli impegni legati al licenziamento del decreto Madia, ha lasciato presto il tavolo dei relatori, non prima, però, di rispondere, a qualche domanda sul testo. I nodi critici, portati alla luce nella discussione mattutina, non sono stati, in realtà, completamente sciolti, nonostante il Dott. Polverari abbia ribadito la positiva volontà di arrivare al contratto e abbia confermato la presenza nel testo della possibilità di contrattare sui temi della mobilità e della valutazione. La sensazione, afferma Franco Martini, segretario nazionale CGIL, è quella che dopo l’accordo del 30 novembre, che potrebbe chiudere un tunnel di anni di buio, si sia fatta strada l’idea, nella parte governativa, di essere andati un po’ troppo oltre. Il paradosso è che si proclama la privatizzazione dei rapporti di lavoro nel pubblico impiego ma poi gli atti concreti dei Governi ne sono la negazione. Si vada invece fino in fondo e si ridia alla contrattazione lo spazio che serve per far marciare l’innovazione e l’efficienza nella Pubblica Amministrazione “Ma noi - sottolinea Francesco Sinopoli, Segretario generale FLC CGIL - non abbiamo alcun timore. Abbiamo iniziato con convinzione a giocare questa partita e manterremo il nostro ruolo fino in fondo. Vogliamo ricostruire l’immagine del lavoro pubblico, che capovolga la vulgata sui fannulloni e ridia dignità ai lavoratori dei nostri comparti. Adesso abbiamo tre mesi di tempo per studiare il testo e lavorare sugli eventuali emendamenti, non escludendo, nel caso di un mancato accordo, una nostra mobilitazione.”
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