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Legge di stabilità: norme ingiuste che rendono il Paese più instabile

L'ultimo provvedimento che ci ha lasciato in eredità il Governo Berlusconi: approfondimenti sulle ricadute della legge 183 del 12 novembre 2011 su scuola, università, ricerca e Alta Formazione Artistica e Musicale.

16/11/2011
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Si può chiedere ai cittadini di affrontare sacrifici mentre si compiono palesemente ingiustizie nella distribuzione delle risorse? Si può chiedere di pagare di più quando il nostro denaro non viene impiegato per lo sviluppo, per l'occupazione, per il lavoro e la produzione, per quella che comunemente chiamiamo crescita economica? La crisi va affrontata insieme e i sacrifici condivisi e distribuiti tra tutti.

Invece il pubblico paga e il privato lucra. I cittadini hanno sempre di meno. Questo è il senso della Legge di stabilità 2012, ultimo lascito del Governo Berlusconi. Ecco qualche dato.

Della crisi soffre solo il pubblico

Migliaia di posti di lavoro ATA in meno nella scuola, blocco dell'anzianità nell'alta formazione, sotto tiro l'anno sabbatico dei docenti universitari e dei ricercatori. 170 milioni di euro in meno ai settori pubblici, 20 milioni alle università private e 70 milioni ai policlinici universitari di proprietà delle università private. Buone notizie anche per la scuola paritaria che ottiene il ripristino integrale dei fondi pari a 242 milioni di euro.

La copertura delle spese previste dalla legge di stabilità 2012 viene in larga misura assicurata dai tagli alla spesa pubblica. Con feroce continuità il governo Berlusconi si accanisce contro i settori pubblici della conoscenza. I soldi non ci sono? Probabilmente no, ma ci chiediamo: come fa allora il governo a concedere l'aumento dei finanziamenti pubblici ai settori privati? Come dire, della crisi deve soffrire solo una parte.

Inoltre, per trovare fondi, si manomettono i contratti nazionali di lavoro. Nel campo dell'istruzione pubblica avviene di tutto: docenti impiegati come tecnici, direttori amministrativi obbligati a prendere la reggenza di altri istituti, senza più rispetto di competenze e professionalità, taglio di 200 distacchi di dirigenti e docenti impegnati presso l'amministrazione scolastica in compiti connessi all'attuazione dell'autonomia scolastica. Negli istituti di alta formazione (accademie e conservatori) si bloccano per tre anni gli scatti di anzianità di docenti e personale tecnico amministrativo; si cancellano i congedi dei docenti per attività di ricerca e produzione artistica, compreso l'anno sabbatico addirittura con effetti retroattivi, con grave danno per la professionalità docente.

Non si erano mai viste ingiustizie così palesi e una distribuzione delle risorse così palesemente ideologica.

È molto difficile al momento quantificare l'esatto ammontare delle poche voci finanziate, visti i continui rinvii a successivi provvedimenti attuativi. È il caso, ad esempio, della costituzione del "Fondo da ripartire per la valorizzazione dell'istruzione scolastica, universitaria e dell'alta formazione artistica, musicale e coreuitica" previsto dal comma 88. Una specie di "fondone" che dovrebbe finanziare le attività del settore formativo, sulla base di un successivo decreto interministeriale. Un modo di legiferare volutamente opaco e colpevolmente farraginoso, utile a chi vuole imbrogliare le carte. Per Fondo di finanziamento delle Università sono stanziati 400 milioni nel 2012, una cifra irrisoria rispetto ai tagli subiti in questi anni. Come irrisoria è la quota di 150 milioni per il diritto allo studio universitario.

Licenziamenti facili e pensioni difficili

Ma le sgradite sorprese e il danno per i dipendenti pubblici non finiscono qui.

La legge contiene una norma su mobilità fuori regione, cassa integrazione e licenziamento pesantissima e chiaramente finalizzata a tagliare ulteriori posti di lavoro. Nella scuola al momento ci sono oltre 10.600 perdenti posto di cui oltre 10 mila sono docenti che risultano in esubero per effetto della "riforma" degli ordinamenti approvata dalla Gelmini. Il lavoratore in mobilità che non ritrova un posto mantiene un'indennità pari all'80% della retribuzione fino ad un massimo di due anni. Al termine di questi due anni viene licenziato.

La legge di stabilità non poteva dimenticare le pensioni, l'incubo dei sonni liberisti. A partire dal 2026 l'età minima per la pensione di vecchiaia si innalza a 67 anni. Questa misura è aggiuntiva a quelle peggiorative già varate con le ultime manovre finanziarie (finestre, adeguamento progressivo dell'età di accesso alle aspettative di vita).

Il Governo che ci ha appena lasciato ha fatto dell'ingiustizia e della disuguaglianza la sua bandiera, nonostante questa politica non porti sviluppo né crescita, né apra circoli virtuosi. Ora, sotto lo scacco dei mercati a cui ci ha condannato un esecutivo inaffidabile e incapace, non è stato possibile contrastare quest'ultimo boccone amaro.

Eppure basterebbe poco per ridurre il debito pubblico. Un Governo onesto dovrebbe agire sull'evasione fiscale arrivata - secondo gli ultimi dati dell'agenzia delle entrate - a 120 miliardi l'anno, oltre il 60% dell'intero gettito Irpef, tagliare i costi della politica e i privilegi della casta, agire sui grandi patrimoni e sulle grandi ricchezze, su chi non ha mai pagato o ha pagato troppo poco, invece di tagliare ancora i bilanci di ministeri, enti locali e di servizi pubblici fondamentali.