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La scuola del made in Italy, senza bambini

Di Dario Missaglia, presidente Proteo Fare Sapere

07/04/2023
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Sembra proprio che l’ebbrezza del Vinitaly di Verona abbia caricato a dismisura la Presidente del Consiglio e qualche suo ministro. Entusiasti delle bollicine, i governanti si sono lanciati verso un “liceo del made in Italy”, fatto di lingua italiana, prodotti agricoli, buona cucina e buon vino. Un programma attraente, nulla da dire anche se appare improbabile ogni paragone con il Rinascimento italiano.

Se i neo avventori della cultura italiana avessero studiato le proposte (e anche le iniziative) sulla diffusione della lingua italiana, in Italia e all’estero, degli scorsi anni, forse avrebbero evitato di scadere nella involontaria comicità. A ogni modo questo è il nuovo corso, evidentemente.

Qualcuno lo ha già giocato contro la sinistra, rea di aver abbandonato gli istituti tecnici e professionali per una supposta preferenza verso i più nobili licei. Insomma una curiosa inversione dei ruoli, in apparenza. In realtà il senso dell’operazione è meno colorita di quel che possa apparire. Di mezzo c’è il mercato e se addirittura il mercato è “nazionale”, allora non ci sono dubbi. È lì che deve virare la scuola. E allora ben venga il liceo dei patrioti dove è bandito ogni inglesismo non in nome di un rilancio della lingua italiana ma della incontaminata identità italica delle nostre scuole, pronte a essere il nuovo canale di lancio dell’industria del made in Italy.

Un mix di ideologia e ruolo dell’impresa, come del resto vuole questo ceto di governo. E intanto mentre volano le bollicine, vola via anche buona parte delle speranze di poter spendere, e bene, le ingenti risorse del Pnrr.

Il grido d’allarme lo ha lanciato Chiara Saraceno sulla “Stampa” del 4 aprile. Mentre dovrebbero essere creati 264.480 posti di asilo nido per tentare di, almeno in parte, colmare la distanza rispetto al bisogno e agli obiettivi indicati dalla Comunità europea (dal 33% al 45% di copertura per tentare di colmare i divari territoriali e il deficit nazionale) che nel nostro Paese, è bene sottolinearlo, hanno assunto la rilevanza di LEP. E sarebbe davvero grave che l’esordio di questa importante garanzia delle prestazioni essenziali, fosse immediatamente disattesa.

Sembra proprio che tra ritardi e difficoltà di molti Comuni, il vincolo al meccanismo dei bandi per accedere ai finanziamenti, le difficoltà di gestione dei fondi e della fase seguente alla aggiudicazione anche per mancanza di personale con competenze adeguate, la formazione e il reperimento delle educatrici/educatori (non meno di 32.000 sempre secondo Chiara Saraceno) per far funzionare i nuovi nidi, difficilmente l’obiettivo nidi per l’infanzia potrà essere raggiunto. Il rischio insomma è che la partita infanzia finisca nell’imbuto di quei progetti del Pnrr che potrebbero essere cancellati per essere finiti “fuori tempo massimo”.

Una impraticabilità incomprensibile e soprattutto gravissima e inaccettabile.

I nidi sono la condizione di esercizio dei diritti dell’infanzia. È solo costruendo fin dai primi mesi di vita circostanze di cura e attenzione che creiamo l’ambiente favorevole allo sviluppo aperto e multiforme dei bambini. Anche i sostenitori dei talenti dovrebbero capire che essi non sono solo il frutto della lotteria genetica.

I nidi sono inoltre una condizione essenziale per il rilancio dell’occupazione femminile e anche per una idea di maternità libera dalle angosce del poter essere in grado di curare e far crescere serenamente il proprio figlio. Buona parte di un futuro meno oscuro di quanto faccia prevedere il gelo demografico, si gioca su questa importante questione nazionale.

Ma poiché i bambini non rientrano negli obiettivi di mercato, non costituiscono oggetto di consumo, non rientrano neppure nell’idea del made in italy di questo governo. Per loro meglio le bollicine e un liceo dei patrioti.

Vorrei fosse chiaro che esiste una dimensione etica e culturale del tema infanzia che oggi sfugge a troppi osservatori anche da sinistra, che ne sottovalutano la profondità perché il tema infanzia va oltre i limiti pur eclatanti di questo governo e investe il modello sociale di sviluppo e formazione dei giovani, passivamente accettato in questi anni.

E allora dobbiamo noi, tutta la rete territoriale delle organizzazioni sindacali e delle associazioni per la solidarietà, a partire dai Comuni, sollecitare piani, progetti e richieste urgenti da portare sul tavolo delle Regioni e del Governo, per imporre la priorità dei nidi nella grande partita del Pnrr. Anche alcune strutture territoriali di Proteo sono al lavoro e gliene siamo grati.

Senza una nuova partecipazione sociale non ci sarà spazio per assicurare i diritti dell’infanzia.