Fare lezione nell’emergenza
Le sperimentazioni di didattica a distanza e alcune riflessioni sull’uso della rete.
La sospensione delle attività didattiche nelle scuole, negli atenei, nelle accademie e nei conservatori in conseguenza dell’emergenza sanitaria ha spinto molti docenti a sperimentare forme di lezioni e di didattica a distanza. Senza entrare nel merito sulla validità pedagogica del metodo, su cui non da ora il dibattito è aperto, questa esperienza lascerà senz’altro traccia. E non è l’unica. La rete, in una situazione di isolamento, come quella che forzatamente stiamo vivendo, è indubbiamente un formidabile strumento non solo di lavoro ma anche di socialità. Con tutto il suo carico di pregi e difetti. Questi temi troveranno spazio e approfondimento sul prossimo numero della rivista “Articolo 33”, di cui possiamo già anticipare alcuni contenuti. In particolare sulla responsabilità della comunicazione in rete, come emerge da due interviste, l’una a Mario Morcellini, l’altra a Giovanni Solimine, di cui diamo alcuni stralci.
Secondo Solimine, docente alla “Sapienza” di Roma ed esperto di problemi dell’editoria e della lettura, l’ambiente interattivo ha grandissime potenzialità, ma è importante che scuola e università siano capaci di orientare e governare i processi. Solimine mette in guardia da un eccesso di apprendimento “fai da te” e richiama l’importanza della mediazione che le istituzioni (la scuola, il docente) esercitano in un equilibrio funzionale tra cultura orizzontale (la rete) e cultura verticale proprio per sistematizzare, ordinare e organizzare i saperi e costruirsi un senso critico. Qui uno stralcio dell’intervista.
Anche Morcellini, Commissario dell’Agcom ed esperto di comunicazione e reti digitali, propone un diverso equilibrio tra forme di apprendimento e comunicazione orizzontale e fonti culturali organizzate “verticali”. Nell’intervista, di cui si può leggere uno stralcio, Morcellini parla della responsabilità dei media nelle emergenze, come quella attuale, della pervasività del digitale nelle nostre vite e soprattutto in quelle dei più giovani a cui la rete può dare l’illusione di accesso facile a tutto. Egli consiglia ai giovani di “studiare di più. Sono proprio i dati che ci raccontano che 1/3 del totale dei giovani riesce a mettere in equilibrio i saperi della rete, la comunicazione tradizionale e la socializzazione trasmessa. A quel punto i saperi diventano forti perché fondati sulla differenza”.
Insomma la relazione educativa tra docenti e allievi che si costruisce in presenza, la cultura che si esprime in luoghi “tradizionali”, scuola, università, musei, biblioteche, non è sostituibile tout court dalla rete. Ma per adesso grazie di cuore a quei docenti che la stanno mettendo al servizio della didattica e la stanno usando per stare accanto ai loro ragazzi.
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