Movimenti studenteschi e non solo: l'Europa si muove
Un fortissimo e duraturo movimento studentesco nelle università tedesche, austriache e svizzere. Ma agitazioni anche in Francia, Cipro, Turchia, Slovenia, Irlanda e Ungheria. Situazioni critiche in Lettonia e in Grecia.
Nei giorni scorsi si sono svolti due importanti appuntamenti internazionali: il 13 e 14 novembre, si è riunita a Valencia l’assemblea del Network Educazione del Social Forum Europeo e il 23-25 novembre a Varsavia, l’assemblea europea della Confederazione Europea dei sindacati dell’educazione/Conferenza Pan-europea dell’Internazionale dell’Educazione.
In quelle sedi abbiamo potuto misurare al tempo stesso l’ampiezza di alcuni movimenti che si stanno sviluppando in Europa e la contemporanea non conoscenza di tutto ciò nel nostro paese, visto che la nostra stampa nazionale e le nostre TV ne parlano poco.
Sicuramente il fenomeno più vistoso è rappresentato dal grosso movimento studentesco universitario contro il processo di Bologna e le sue conseguenze o le sue “perversioni”.
Il fenomeno riguarda soprattutto l’area tedesca: Germania (30 università occupate!), Austria (il fenomeno è partito dall’Accademia di Belle Arti di Vienna e si è esteso rapidamente a tutto il paese) e persino Svizzera (occupazione dell’università di Basilea).
Gode in molti casi dell’appoggio degli insegnanti e dei loro sindacati: a Varsavia è stato approvato un documento proposto dai principali sindacati degli insegnanti tedesco e austriaco.
E’ un movimento che dura da mesi, iniziato già a maggio-giugno con grosse manifestazioni nelle principali città tedesche, ma di cui qui non si sa quasi nulla.
Ma vi sono anche altre situazioni critiche che stanno dando luogo a contraddizioni e mobilitazioni:
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il 24 novembre in Francia vi è stato uno sciopero generale della scuola indetto però solo da una parte dei sindacati (FSU, SUD e CGT) contro i tagli all’istruzione (16.000 posti quest’anno, 40.000 negli ultimi 4 anni);
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in Lettonia il governo vuole tagliare il 50% dell’organico;
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a Cipro Turca (repubblica non riconosciuta, di fatto sotto controllo turco) i sindacati denunciano operazioni di dumping sociale mediante il trasferimento massiccio nell’isola di lavoratori turchi (in Turchia il tenore di vita è minore) e la soppressione dei diritti sindacali e negoziali. Ci sono state manifestazioni represse violentemente dalla polizia con l’uso di gas urticanti e arresti di sindacalisti.
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in Turchia, nonostante la buona notizia della scarcerazione dei 22 sindacalisti del Kesk e dell’Egitim-Sen detenuti da mesi, la tensione non accenna a diminuire e il 26 novembre scorso vi è stato uno sciopero generale nel pubblico impiego (lo sciopero nel PI in Turchia non è ammesso dalla legge!);
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in Grecia il governo socialista ha bloccato i salari pubblici dal momento che ha ereditato una situazione disastrosa dei conti pubblici dal precedente governo;
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in Slovenia nel corso della scorsa settimana vi è stato uno sciopero generale della scuola:
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in Irlanda e Ungheria, a Budapest, nelle scorse settimane decine di migliaia di insegnanti hanno manifestato contro una situazione salariale insostenibile.
Roma, 2 dicembre 2009
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