
Sul lavoro agile un bicchiere ancora mezzo vuoto
L’impennata dei contagi spinge il governo a specificare le misure di flessibilità sull’accesso al lavoro agile. Un risultato ancora insufficiente per le università e per gli enti di ricerca.


Con la circolare ministeriale del 5 gennaio 2022 il ministro della Funzione Pubblica cerca di mettere una pezza al suo provvedimento del 15 ottobre scorso, profondamente sbagliato, che ha riportato le lavoratrici e i lavoratori pubblici in presenza. Continuiamo a pensare che la soluzione non può che essere il ritiro del decreto ministeriale o la sospensione della sua efficacia per tutto il tempo necessario al superamento dell’emergenza sanitaria, poi saranno i CCNL quando verranno rinnovati ad occuparsene.
Ribadiamo un concetto, siamo perfettamente convinti che le funzioni dei nostri settori debbano continuare ad essere svolte in maniera efficace e pensiamo che lo si possa fare rendendo anche il lavoro agile una modalità di lavoro ordinaria, superando la logica delle percentuali. Lo sosteniamo, a differenza del ministro, conoscendo ciò che è successo nelle università e negli EPR in questi ultimi due anni. Lo sosteniamo perché abbiamo a cuore sia la qualità del nostro lavoro sia la salute e la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori.
Con il richiamo alla flessibilità la circolare ci consente di riaprire il confronto sui tavoli ma la contraddittorietà con cui è espresso e l’esclusione del personale parzialmente impiegato in attività di front office e back office continua ad essere una incomprensibile follia, data anche la situazione del Paese.
Bisogna emanare per i settori dell’università e ricerca, come abbiamo già più volte chiesto, provvedimenti che tengano conto della loro specificità. Il tavolo di confronto con il MUR nei prossimi giorni dovrà anche su questo indicare una strada da seguire.
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