Le prestazioni coordinate e continuative nella P. A. Le precisazioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri
La circolare ministeriale del 15 luglio 2004, sulle prestazioni coordinate e continuative nella Pubblica Amministrazione, è destinata a destare polemiche sia per via dei suoi contenuti e dei suoi orientamenti sia, per via di alcune contraddizioni di fondo.
Sicuramente la circolare ministeriale del 15 luglio 2004 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica, sulle prestazioni coordinate e continuative nella Pubblica Amministrazione, è destinata a destare polemiche sia per via dei suoi contenuti e dei suoi orientamenti sia, soprattutto, per via di alcune contraddizioni di fondo dovute allo scenario in cui si inserisce e per le implicazioni politiche, sindacali e giurisprudenziali conseguenti.
Nel riaffermare alcuni principi, già espressi in precedenza, finalizzati a limitare l’uso di contratti di collaborazione coordinata e continuativa nella Pubblica Amministrazione, la circolare rappresenta un atto di primaria importanza in quanto stabilisce con puntualità quando, come e dove la Pubblica Amministrazione tutta possa fare ricorso a questa particolare tipologia di impiego.
Tutto ciò, da un punto di vista del diritto, è sicuramente condivisibile anche perché le ragioni giuridiche richiamate contribuiscono, in maniera rilevante, a fare chiarezza sulla natura distintiva tra lavoro subordinato e lavoro autonomo/parasubordinato. Ci si dimentica, però, di dire che il blocco dei concorsi e quindi delle assunzioni nella Pubblica Amministrazione certo non ha favorito né favorisce un’adeguata organizzazione del lavoro legata ai parametri di efficacia ed efficienza del servizio; anzi il blocco delle assunzioni rappresenta la ragione di fondo per cui i settori della Pubblica Amministrazione hanno fatto e fanno ricorso, per sopperire alla carenza di organico, a prestazioni coordinate e continuative al di la di quanto consentito dal D.Lgs 165/2001, norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”, e dal D.Lgs 267/2000, per le amministrazioni locali. Da qui una preoccupante crescita del fenomeno dell’utilizzo “improprio” delle collaborazioni da parte delle pubbliche amministrazioni a danno del lavoro subordinato e stabile.
Di conseguenza il Dipartimento della Funzione Pubblica ha sentito il dovere di intervenire precisando i termini della questione e richiamando l’attenzione delle amministrazioni su problemi relativi: all’individuazione dei presupposti che legittimano il ricorso alla collaborazione; alla valutazione di eventuali tutele non previste dall’ordinamento che però possono essere previste in virtù dell’autonomia contrattuale dei contraenti; alla corretta gestione degli adempimenti fiscali e previdenziali
Nella circolare viene, anche, ricordato che il D.Lgs 276/2003 (attuativo della legge 30/2003, in materia di mercato del lavoro) ha introdotto il lavoro a progetto, con la finalità di arginare il ricorso improprio alle coordinate e continuative per il settore privato, ma ha escluso che tale istituto trovi applicazione nel settore pubblico ed al suo personale. L’articolo 86, comma 8, prevede, infatti, che “il Ministro per la funzione pubblica convochi le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche per esaminare i profili di armonizzazione conseguenti alla entrata in vigore del decreto legislativo, anche ai fini della eventuale predisposizione di provvedimenti legislativi nella materia”.
A tal proposito, nel mese di maggio, si è tenuto, sull’argomento, un primo incontro tra Aran e OO.SS. In quella occasione la CGIL ha confermato il giudizio critico espresso nei confronti della Legge 30/2003 e ha sottolineato che il ricorso alle prestazioni coordinate e continuative ed altre forme di lavoro precariohaindebolito la qualità del servizio - peraltro non riducendone affatto i costi - e rischia dideterminareun decadimento della professionalità e un calo della motivazione. Solo attraverso la stabilizzazione del lavoro è possibile valorizzare i pubblici servizi con personale qualificato nel pieno rispetto delle disposizioni di legge e di quanto sancito dalla Costituzione. La CGIL ha, altresì, ribadito che tutta la partita va affrontata in sede negoziale, confermando la sua netta contrarietà a qualsiasi tentativo di imporre per via legislativa qualsiasi scelta.
Ritornando agli altri contenuti presenti nella circolare va evidenziato l’assenza di un’analisi delle ragioni di fondo che hanno indotto le Amministrazioni a ricorrere a prestazioni coordinate e continuative e ad altre forme di lavoro precario riconducibili, ovviamente, al blocco delle assunzioni, ai processi di esternalizzazioni e ai tagli costante delle risorse. Né tanto meno vengono esaminate le conseguenza che tali scelte hanno prodotto che vanno dallo scadimento del servizio all’alterazione del mercato del lavoro nel settore pubblico.
Ci si limita a precisare che, nonostante l’ ammissione dell’uso illegittimo delle prestazioni coordinate e continuative, il ricorso a tali prestazioni, benché di fatto configurabili come lavoro subordinato, non possono essere oggetto di rivendicazione da parte del prestatore di “stabilizzazione automatica o riservata”.
Contestualmente le Amministrazioni Pubbliche vengono sollecitate e invitate a mettersi in “regola” ossia a “liberarsi” il più rapidamente possibile dei co.co.co “impropri”. Il che a significare la risoluzione dei rapporti “anomali” con conseguenze inevitabili sia sul fronte occupazionale che su quello del servizio, vista la permanenza del blocco delle assunzioni e l’assenza di soluzioni adeguate che possano coniugare i diritti dei lavoratori con quelli di un servizio pubblico in grado di essere qualitativamente apprezzato.
Sul piano teorico appaiono, invece, decisamente convincenti i ragionamenti giuridici sui presupposti che rendono possibile l’attivazione delle prestazioni coordinate e continuative, anche alla lucedei pronunciamenti della giurisprudenza di merito collegati con le norme generali sulla pubblica amministrazione. Come pure appare convincente l’estensione, per deduzione giuridica, di tale analisi anche al lavoro a progetto rientrando questa tipologia di impiego, come la co.co.co., nella sfera del lavoro autonomo. Ciò a rafforzare quanto già escluso dal 276/2003. Pertanto, il ricorso al lavoro autonomo ovvero alla coordinata e continuativa, è possibile solo allorquando l’attività svolta non è incardinata nell’organizzazione del lavoro della struttura e lo svolgimento della prestazione viene effettuata senza i vincoli della subordinazione e in piena autonomia.
Ovviamente la circolare sottolinea che la prestazione stessa, allorquando ne ricorrano i presupposti giuridici, deve essere affidata nel rispetto delle regole previste per questa tipologia di impiego che vanno dall’individuazione dell’oggetto dell’incarico, dagli elementi che caratterizzano la prestazione e dalla connotazione particolare rispetto al lavoro subordinato fino all’autonomia contrattuale e alle questioni fiscali e previdenziali.
In buona sostanza, sebbene siano evidenti limiti e contraddizioni, la circolare ministeriale ha il pregio di rimarcare con estrema chiarezza la distinzione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo anche nella sua variante di lavoro parasubordinato.
Roma, 23 luglio 2004
Servizi e comunicazioni
I più letti
- PNRR: notizie e provvedimenti
- Autonomia differenziata: la Corte costituzionale si pronuncia a salvaguardia del carattere unitario e nazionale del sistema di istruzione
- 14 dicembre 2024: manifestazione nazionale a Roma contro il ddl sicurezza
- Presidio al MIM, FLC CGIL: con Avs in difesa dell’istruzione