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Finanziaria: cosa ne pensano Cgil, Cisl e Uil

Il Governo ha presentato la manovra finanziaria per il 2004 composta da tre diversi distinti documenti: la finanziaria; il decreto con le misure per la copertura della spesa; la controriforma delle pensioni. Tre provvedimenti, collegati tra loro da un unico vincolo economico-finanziario, inaccettabili perché penalizzano tutti e non servono all’economia del Paese

10/10/2003
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Una finanziaria da cambiare

Il Governo ha presentato la manovra finanziaria per il 2004 composta da tre diversi distinti documenti: la finanziaria; il decreto con le misure per la copertura della spesa; la controriforma delle pensioni. Tre provvedimenti, collegati tra loro da un unico vincolo economico-finanziario, inaccettabili perché penalizzano tutti e non servono all’economia del Paese.

Tutto senza la concertazione
Il Governo ha fatto, prima, saltare il confronto per la preparazione del Documento di Programmazione Economica Finanziaria. Poi ha proposto, ufficialmente, alle parti sociali undici tavoli in preparazione della legge finanziaria.
Alla Fine il Governo non ha convocato nessuno, non ha fatto partire alcun tavolo e nell’unico incontro ha presentato documenti già definiti e dai contenuti assolutamente inaccettabili.
Il Governo sembra aver scoperto solo ora l’emergenza economica per giustificare una manovra blindata da far digerire ai lavoratori, ai pensionati, ai giovani: prendere o lasciare.
Tutto questo è inaccettabile nel merito e nel metodo perché introduce un sistema che vorrebbe escludere le parti sociali dalla possibilità di incidere nella politica economica del Paese, sostituendo al confronto il messaggio mediatico, presentando come dato oggettivo una verità di parte.

Il Sindacato rifiuta il gioco delle tre carte
Il Governo ha colpevolmente sottovalutato il ruolo insostituibile della politica dei redditi e della lotta all’inflazione, causando la perdita del potere d'acquisto delle retribuzioni e la caduta di competitività del sistema produttivo.
Chi paga sono tutti quelli che rappresentiamo, penalizzati sul piano economico per il pesante peggioramento del potere di acquisto dei salari e delle pensioni, a partire dalle famiglie monoreddito.
E’ falsa la drammatizzazione dei problemi del nostro sistema previdenziale; le scelte inaccettabili che si vogliono far pagare a lavoratrici e lavoratori nascono, invece, dalla necessità di coprire la incapacità del Governo stesso nel determinare una corretta politica di sviluppo e occupazione e di controllo della finanza pubblica, scaricando interamente sulle pensioni l’onere di ridurre il deficit pubblico.
La scarsa natalità e l’invecchiamento della popolazione , fenomeno dove il nostro Paese raggiunge livelli tra i più elevati al mondo, vanno affrontati con una generale politica di welfare, non con tagli alle pensioni.

Ripristinare la politica dei redditi
Il Paese ha bisogno di un’analisi rigorosa delle ragioni che nei vari settori hanno portato ad una crescita dei prezzi sopra la media e di indicare politiche a breve e a lungo termine contro l’inflazione strutturale.
La strada maestra è il protocollo del Luglio ‘93 che deve essere rilanciato per far fronte alle nuove sfide. Il Governo deve garantire, quindi, una previsione realistica dell’inflazione programmata e che tutti i soggetti economici e sociali si muovano coerentemente con le regole del protocollo; il tutto per favorire comportamenti virtuosi necessari a rilanciare la crescita e l’occupazione.
Una coerenza che chiediamo per primo al Governo e a tutte le istituzioni pubbliche nelle loro scelte di politica tariffaria.

Innovazione e ricerca
Il paese è dentro una crisi economica seria. Il rilancio degli investimenti è un fattore assolutamente decisivo e non può avvenire attraverso inefficaci e generiche politiche di favore alle imprese. Gli interventi devono essere selettivi.
L’obiettivo che dobbiamo realizzare è la crescita qualitativa del sistema produttivo attraverso infrastrutture materiali ed immateriali, investimenti consistenti nei settori strategici della ricerca, dell’innovazione di prodotto, nella scuola e nella formazione.
La finanziaria prevede alcuni interventi in questa direzione, ma le risorse sono troppo limitate e disperse in sostegni a pioggia e non selettivi. Occorre costruire un assetto basato sulla complementarietà e sul partenariato di un sistema misto pubblico/privato, in cui trovi spazio anche la ricerca a medio e lungo termine.

Il Mezzogiorno: solo un promemoria
La manovra 2004 è ben lontana dall’avviare una ripresa degli investimenti nel Mezzogiorno, tale da recuperare una parte dei divari territoriali nella dotazione infrastrutturale. La politica meridionale, vista l’attenzione che la finanziaria gli dedica, non è certo una scelta strategica nell’azione di governo e ha già provocato segnali preoccupanti di arresto della crescita dell’occupazione.
Il Sud deve rientrare tra le priorità nella politica economica del governo.

Autonomie locali tra tagli e servizi più cari
La Finanziaria ripropone misure fortemente penalizzanti per gli Enti locali: il taglio dei trasferimenti, il blocco delle addizionali Irpef ed il mancato adeguato delle risorse stanziate al tasso di inflazione programmato. Queste misure restrittive avranno inevitabili ripercussioni sui livelli della qualità e sul costo dei servizi erogati ai cittadini.

I condoni: un danno per gli onesti e per il fisco
La manovra finanziaria rivolge particolare attenzione solo al versante delle imprese ed al lavoro autonomo e professionale. Nulla viene proposto nei riguardi delle famiglie dei lavoratori dipendenti e dei pensionati che pagano anche per la mancata restituzione del drenaggio fiscale.
Il sindacato dice no ai condoni perchè immorali e penalizzanti per tutti i cittadini onesti; è, per di più, contrario al condono edilizio, perché, oltre ai guasti al governo del territorio ed alla tutela dell’ambiente, scarica oneri sulle amministrazioni locali che sono costrette a realizzare le necessarie opere di urbanizzazione. Una contrarietà ai condoni di ieri ed anche a quelli futuri come nel caso del concordato preventivo, incostituzionale oltre che lesivo del principio di progressività delle imposte.
Sono necessari, inoltre, una maggiore tutela delle famiglie monoreddito, in particolare per quelle con presenza di non autosufficienti; una misura per gli “incapienti”; la parificazione della quota esente tra pensionati e lavoratori dipendenti; il ripristino della maggiore detrazione per gli ultra settantacinquenni; la restituzione della maggiore imposizione sul TFR; l’aumento degli importi dell’assegno al nucleo familiare (a partire dal secondo figlio).

La Pubblica Amministrazione: il diritto al contratto
Grave e inaccettabile è il ritardo per i rinnovi contrattuali aggravato dalla insufficiente previsione di risorse per la contrattazione e la previdenza complementare. Gli stanziamenti sono del tutto insufficienti perché ancorati ad un tasso di inflazione programmata del tutto lontano dalla realtà. Nessuna copertura, inoltre, è prevista per il recupero dei differenziali rispetto all’inflazione effettiva del passato biennio e per la contrattazione integrativa.

La politica del welfare al collasso: qualificazione della spesa, no ai tagli
Il governo prosegue nello smantellamento delle prestazioni sociali; il fondo destinato alle politiche assistenziali si riduce in maniera consistente, mancano le risorse per la non autosufficienza e rimane bloccata la riforma degli ammortizzatori sociali.
Per di più, proprio nell’anno europeo dell’handicap, si introducono meccanismi punitivi di riduzione della spesa per le prestazioni economiche di invalidità.
Nel settore socio-sanitario il cronico sottofinanziamento ed i gravi ritardi nei trasferimenti alle regioni rappresentano il punto più evidente della drammaticità della situazione del welfare.
Sono del tutto insoddisfacenti gli interventi di sostegno alle famiglie e per la lotta alla povertà. Sia l’assegno per il secondo figlio che il reddito di ultima istanza danno luogo ad erogazioni di entità del tutto simbolica largamente insufficienti ad affrontare i problemi della povertà e della natalità, che richiedono interventi più complessi anche nell’offerta dei servizi e nell’organizzazione del lavoro.
Inoltre, l’assegno di natalità deve essere assegnato sulla base dei criteri di selettività rispetto al reddito e non in base alla cittadinanza.

Lavoratori esposti all’amianto: no alla cancellazione dei diritti
Rivendichiamo il ripristino delle norme di tutela e le risorse necessarie per la copertura delle prestazioni pensionistiche per i lavoratori esposti all’amianto, per tutto il mondo del lavoro.

Roma, 10 ottobre 2003