La FLC CGIL partecipa al dibattito europeo sulla leadership collaborativa nel settore della conoscenza
Ne discute la rete ELNE che riunisce datori di lavoro, dirigenti scolastici, genitori e studenti insieme a ETUCE, la federazione dei sindacati europei della conoscenza.
ELNE è un network di organizzazioni europee, nazionali, regionali e locali, che rappresentano istituzioni datoriali e di insegnanti, ricercatori e altri soggetti influenti nel settore dell'istruzione e della formazione. Il network è stato lanciato a Bruxelles nel settembre 2023. ETUCE, la federazione europea dei sindacati della conoscenza di cui è membro la FLC CGIL, è fra i principali leader del network insieme alla Federazione dei datori di lavoro nel settore dell'istruzione (EFEE), all'Associazione dei dirigenti scolastici (ESHA), all'Associazione dei genitori (EPA) e all'Organising Bureau of European School Student Unions (OBESSU).
L’obiettivo principale del network ELNE è quello di promuovere una leadership collaborativa nel settore della conoscenza in Europa. A tal fine il network si propone di identificare e condividere i risultati di ricerche esistenti e le buone pratiche; inoltre verranno promosse iniziative di dialogo fra i principali stakeholders europei del settore. Ogni anno sarà organizzata una settimana di dialogo online che includerà dirigenti scolastici, insegnanti, studenti, ricercatori, rappresentanti sindacali e datori di lavoro, ma anche responsabili delle politiche dell’istruzione a livello nazionale o europeo. Inoltre, sarà organizzata una conferenza annuale, in presenza, aperta a tutti membri del network. Questi eventi rappresenteranno un’occasione di scambio di conoscenze e buone pratiche sulla leadership collaborativa. I risultati degli eventi di dibattito e delle ricerche raccolte durante l’anno confluiranno in una pubblicazione annuale che presenterà le principali conclusioni e delle raccomandazioni politiche.
Quest’anno la settimana di dialogo online si è svolta fra il 12 e il 16 febbraio sul tema “Trasformare le scuole in comunità di apprendimento".
La FLC CGIL ha partecipato attivamente al dialogo e in particolare al panel sul tema “Governance collaborativa negli istituti di istruzione superiore per un apprendimento e un insegnamento di qualità” che ha avuto luogo online il 12 febbraio. In quell’occasione Alessandro Arienzo, rappresentante per la FLC CGIL e vicepresidente di HERSC (il segmento di ETUCE per l'università e la ricerca) e docente universitario presso l’Università di Napoli Federico II, ha partecipato al panel con un intervento su “Leadership istituzionale collaborativa, il caso dell’Italia”. Nel quadro del ridimensionamento degli spazi partecipativi e rappresentativi nel governo del sistema universitario, il caso italiano lascia comprendere quanto un rapporto virtuoso tra collegialità e leadership non possa prescindere da un contesto di lavoro di qualità che valorizza e sostiene le professionalità: salari adeguati e contrasto alle precarietà devono accompagnare istituti e processi rappresentativi e partecipativi saldi, con linee istituzionali di governo chiare e trasparenti, e il rispetto e il riconoscimento delle professionalità e delle competenze di tutti i lavoratori degli atenei.
Anche nel dibattito internazionale la FLC CGIL rivendica l’importanza di investimenti significativi nelle professionalità dei settori della conoscenza, a partire dall’abbattimento della precarietà, per migliorare la qualità dell’intero sistema di istruzione.
______________________________
“Leadership istituzionale collaborativa, il caso dell’Italia”
Alessandro Arienzo - Rappresentante per la FLC CGIL e vicepresidente di HERSC (il segmento di ETUCE per l'università e la ricerca) e docente universitario presso l’Università di Napoli Federico II
Il sistema universitario italiano ha una tradizione di autonomia istituzionale e libertà accademica e di insegnamento espressamente riconosciute dalla costituzione repubblicana all’articolo 33. Questi principi non possono quindi essere pregiudicati, sebbene l’autonomia istituzionale e le forme che assume la libertà di insegnamento e di ricerca debbano operare nei limiti posti dalle leggi e nel bilanciamento con gli altri diritti sanciti dalla costituzione.
Se non la forma, quindi, la vigenza effettiva di questi due principi fondativi ha subito l’impatto della crisi sociale e economica del 2008, delle misure di austerity e di controllo dei bilanci che ne sono seguite, nonché – nel caso del sistema universitario - della riforma della governance universitaria del 2010 e delle sue successive attuazioni. Questa riforma, perseguendo un modello di gestione manageriale per quanto impreciso e pasticciato, ha ridimensionato molto gli spazi di collegialità e autonomia che erano presenti nelle università italiane.
L’impatto ha operato su tre diversi livelli, che devono essere tenuti strettamente intrecciati quando si voglia interviene su collegial governance e collaborative institutional leadeship. Il primo è connesso al governo, se si vuole alla governance, del sistema universitario nel suo complesso: quindi, il rapporto tra le autorità nazionali e le istituzioni universitarie. Il secondo concerne invece il governo di cui si dotano, nella propria autonomia, le singole istituzioni. Il terzo è costituito invece dalle forme e dai percorsi della partecipazione della comunità universitaria alla vita della propria istituzione, comprese le principali scelte.
1. Sul piano del governo del sistema, dopo una stagione di forte autonomia che tra gli anni Ottanta e Novanta, le politiche universitarie sono state globalmente ricentralizzate, in particolare quelle di spesa e di bilancio. Alla crescente distribuzione di risorse su base “premiale” o progettuale si è affiancato un controllo sempre più rigido intorno al governo degli atenei italiani che ne ha grandemente ridotto le possibilità di dotarsi di politiche di sviluppo e investimento effettivamente autonome. Nello stesso tempo, istituzioni rappresentative come il Consiglio Nazionale Universitario o il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari hanno visto ridimensionato il loro ruolo e le loro funzioni quali organi della governance nazionale del sistema universitario. Altri soggetti, ad esempio la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) o l’agenzia di valutazione ANVUR hanno assunto un ruolo crescente. Le riforme hanno determinato una generale centralizzazione amministrativa e politica e determinato una forte spinta alla managerializzazione e al governo tecnocratico del sistema. Questo passaggio ha peraltro accentuato le spinte alla precarizzazione del lavoro che erano in atto già almeno da due decenni. Certamente, quello italiano resta un sistema comunque ibrido in cui elementi di managerializzazione si sono affermati a fianco, ed entro, la centralizzazione e la verticalizzazione istituzionale.
2. Sul piano del governo delle singole istituzioni, le riforme del 2010 hanno grandemente accentuato il ruolo e le funzioni del Rettore e, in subordine del Consiglio di Amministrazione e del Direttore Generale. Questo a fronte di un complessivo ridimensionamento di istituti rappresentativi quali il Senato Accademico e i Consigli di Dipartimento. L’impatto è comunque diverso tra i diversi atenei cui è stato lasciato un certo margine nel definire i propri statuti e i moduli organizzativi interni. In generale, la dimensione collegiale e il ruolo di processi elettivi e rappresentativi restano comunque ancora molto forti e significativi, se messi in raffronto alle esperienze istituzionali di altri paesi in cui i percorsi di centralizzazione manageriale. E questo è un elemento di distinzione, credo da valorizzare, nel nostro sistema istituzionale.
3. Tuttavia, e questo è forse un limite della cultura istituzionale del sistema universitario italiano, se il ruolo del personale accademico e delle rappresentanze degli studenti resta complessivamente significativo, quello del personale tecnico e amministrativo è ancora largamente sottodimensionato rispetto alla professionalità, alle funzioni e al cambiamento nella natura e nelle missioni delle Università. Il sistema universitario italiano resta fortemente ordinato intorno alla docenza universitaria, e se questo ha in passato garantito dell’autonoma del sistema universitario, nell’attuale contesto ha pure irrigidito e aggravato la separazione tra corpo docente e corpo amministrativo già segnata dalla natura diversa del loro status (stato giuridico per i docenti e contrattualizzazione per il personale).
In definitiva, il caso italiano mostra a mio parere due aspetti importanti del rapporto tra collegial governance e collaborative institutional leadeship: il primo è la necessità di intervenire contemporaneamente sui piani diversi del governo del sistema, dell’autogoverno delle singole istituzioni, del community building; il secondo, è l’assoluto rilievo del riconoscimento della professionalità e del bisogno democratico e di collegialità di studenti e staff: le università, come tutte le istituzioni educative, sono comunità che vivono di partecipazione e impegno. La garanzia di un contesto di lavoro di qualità e che valorizza e sostiene le professionalità è quindi necessario: salari adeguati e contrasto alle precarietà devono accompagnare istituti e processi rappresentativi e partecipativi saldi, con linee istituzionali di governo chiare e trasparenti, e il rispetto e il riconoscimento delle professionalità e delle competenze di tutti i lavoratori degli atenei.
Servizi e comunicazioni
I più letti
- PNRR: notizie e provvedimenti
- Pensionamenti scuola 2025: domande entro il 21 ottobre per docenti e ATA
- Proclamato lo stato di agitazione nel comparto “Istruzione e Ricerca”
- La Commissione Europea risponde alla lettera della FLC CGIL: l’abuso dei contratti a termine in Italia è all’attenzione delle Istituzioni comunitarie. Confermata la procedura di infrazione