Standard formativi minimi
Nei giorni scorsi è stato approvato dalla Conferenza Stato Regioni il documento tecnico per la definizione degli standard formativi, che di seguito pubblichiamo, in attuazione dell’art.4 dell’Accordo quadro del 19 giugno scorso.
Nei giorni scorsi è stato approvato dalla Conferenza Stato Regioni il documento tecnico per la definizione degli standard formativi, in attuazione dell’art.4 dell’Accordo quadro del 19 giugno scorso.
Rispetto al testo presentato alle OO.SS. nel dicembre ’03 le uniche novità riguardano la premessa che, su richiesta delle Regioni, sottolinea il carattere sperimentale dei percorsi triennali, da validare sulla base dei risultati del monitoraggio della sperimentazione da effettuare a livello regionale e nazionale.
Prendiamo positivamente atto di questa sottolineatura che dovrebbe ridurre fino ad annullare la possibilità di fare di questi percorsi l’occasione per anticipare i contenuti del futuro, eventuale decreto sul diritto dovere (rischio decisamente presente nel testo precedentemente presentato).
Ma sul merito degli standard approvati non possiamo non confermare le nostre osservazioni e obiezioni, che abbiamo formalmente inviato al Miur nei giorni precedenti la decisione della Conferenza.
Gli standard minimi approvati, che costituiscono il riferimento comune per la spendibilità a livello nazionale dei titoli rilasciati, a nostro giudizio sono troppo generici per consentire tale spendibilità. Infatti nel rispetto di quanto concordato, i percorsi regionali possono legittimamente avere caratteristiche, contenuti, modelli orari ed organizzativi profondamente diversi tali da escludere la possibilità stessa di identificazione di elementi minimamente comuni.
In tal modo diventa realtà quello che avevamo definito il “miracolo“ salvifico della formazione professionale: attribuire, sulla base di una pura convenzione, quasi ope legis, il riconoscimento nazionale a titoli regionali rilasciati in esito a percorsi che nulla hanno in comune e che fino ad ora, per tale motivo, non avevano il riconoscimento nazionale né europeo.
Un sistema nazionale ad arlecchino è quello che vediamo realizzarsi, con buona pace dell’idea di sistema unitario nazionale di formazione, che la modifica del Titolo V della Costituzione ha ribadito.
Noi pensiamo che il diritto all’istruzione e alla formazione in particolare dei quattordicenni debba realizzarsi in percorsi fortemente unitari, con una impostazione culturale di base prevalente, orientante.
Ciò che desumiamo dal testo approvato prefigura, invece, una scelta già compiuta per i quattordicenni, per la quale l’orientamento si é concluso prima , a 13 anni di età.
A quei percorsi accederanno i più deboli, coloro ai quali, prima della legge 9/99 ed ora dopo la sua abrogazione,si consiglia di proseguire la propria formazione in corsi finalizzati al lavoro.
Ribadiamo che in tal modo si nega ai giovani adolescenti la speranza stessa di un futuro migliore, che li riscatti dalla condizione di debolezza delle famiglie di provenienza.
Roma, 4 febbraio 2004
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