Le Università francesi verso il raggruppamento
Meno Università ma migliori: è la risposta francese alla competizione internazionale tra le Università. Ma sia l’una che l’altra cosa è più facile a dirsi che a farsi.
Si sta affermando nel governo francese la tentazione di raggruppare le università: nell’”esagono” sono oggi ben 85 molto diverse per quantità di alunni ed anche per prestigio. L’ultima nata, quella di Nimes, nel sud della Francia, ha solo 3.500 studenti, mentre ci si orienterebbe su centri universitari di 30-40.000 studenti.
La spinta a questa scelta deriva dall’allarme suscitato in Francia dalle comparazioni internazionali tra le università: secondo quello fatto dall’università di Shangai la prima università francese si collocherebbe solo al 65° posto, mentre secondo il Times la prestigiosa Ecole Normale Superieure sarebbe appena al 18°.
Meno università ma migliori, dunque. La cosa seduce le università dei grandi centri, mentre i piccoli centri di provincia stanno già attrezzandosi a fondersi con i centri vicini.
Ma la cosa non è scontata. La scelta è sollecitata dalla Destra al governo ed anche il Partito Socialista non è insensibile. Ma quest’ultimo evita per il momento di esporsi, ben sapendo che così facendo si creerà del malcontento tra il personale, tra gli studenti ed anche tra i cittadini, visto quanto ci tengono i centri urbani a fregiarsi del titolo di sede universitaria.
Tuttavia sarebbe semplicistico pensare che i problemi dell’università francese siano solo di tipo logistico. In realtà i problemi più grossi sono legati alla mancanza di sbocchi occupazionali sicuri anche per i laureati e alla disaffezione verso gli studi del mondo giovanile francese, anche di quello che si iscrive alle università.
Accanto a ciò c’è il problema delle Grandes Ecoles, università prestigiose, costose anche se statali, dagli accessi selezionati in base ai risultati terminali della secondaria ed agli esami ultraselettivi che comportano di fatto un anno in più di studi secondari. L’esatto contrario delle università che invece confidano sul proprio carattere di massa.
Non sembra estraneo anche a questa scelta, comunque, l’allarme suscitato dai movimenti che negli ultimi due anni hanno scosso la Francia: il tumulto delle banlieues del 2005 e, soprattutto in questo caso, il movimento anti-CPE del 2006. In quell’occasione si sviluppò un movimento, assai diffuso sul territorio nazionale, che partì proprio dalle università e le occupazioni non risparmiarono né la mitica Sorbona né le prestigiose Grandes Ecoles.
Ed è paradossale confrontare ciò col fatto che la scelta di decentrare e moltiplicare le università sia nata parimenti in seguito ad un altro grande movimento studentesco, quello del maggio 1968, un po’ per rispondere al bisogno di formazione crescente e un po’ per evitare le grandi concentrazioni studentesche, politicamente incontrollabili: basti pensare che tra il 1969 ed il 1973 furono fondate 62 nuove università, di cui 13 nella sola Parigi.
Roma, 15 gennaio 2007
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