Autonomia differenziata: tutte le ragioni per dire NO!
La FLC CGIL ribadisce il proprio NO a qualsiasi ipotesi di regionalizzazione della scuola e dell’istruzione e indica i rischi che si profilano con gli interventi del governo. Continua la raccolta firme per la proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare.
È ripartito il tentativo di avvio di autonomie regionali rafforzate da parte della attuale maggioranza di governo e si è animato il dibattito pubblico su una riforma che rischia di passare sotto silenzio.
Consideriamo utile fornire al personale del settore dell’istruzione tutte le informazioni necessarie per comprendere meglio la riforma dell’autonomia differenziata.
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Cosa prevede la legge di bilancio 2023.
Oltre alle proposte lanciate dal Ministro Calderoli e da altri autorevoli esponenti dell’esecutivo, la Legge di bilancio 2023 (art. 1 c. 791-798) ha messo nero su bianco la volontà del governo di realizzare i progetti regionalistici da sempre vessillo della Lega.
L’articolato si prefigge di definire entro sei mesi i Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP), passando attraverso una Cabina di regia e che, qualora questa non arrivi a determinare i LEP entro sei mesi, venga nominato un Commissario per portare a termine il percorso entro trenta giorni. Eppure, “prestazioni” diverse, cioè diversi livelli dei servizi pubblici, se realizzati nelle 23 materie previste dall’art. 116, c. 3, porterebbero comunque a diritti di cittadinanza diversi tra le Regioni: normative diverse, contratti di lavoro diversi, concorrenza al ribasso sui diritti tra i territori (per attrarre investimenti al minor costo del lavoro possibile).
La norma ribadisce testualmente che la Cabina di regia dovrebbe partire da “una ricognizione della spesa storica a carattere permanente dell’ultimo triennio”, per poi definire i LEP “nell’ambito degli stanziamenti di bilancio a legislazione vigente”. Pertanto, i diritti come i livelli delle prestazioni saranno veramente “essenziali”, cioè minimi. Infatti, se la “spesa storica” verrà confermata, fotografando definitivamente il divario tra le diverse aree del Paese, non si potranno avere pari diritti in tutto il paese perché i “limiti di stanziamento a legislazione vigente” a priori, smentiscono qualunque possibile ipotesi di maggiore investimento per questi LEP.
Cosa potrebbe accadere se si realizzasse questo percorso?
A seguito delle intese stipulate dal governo Gentiloni con le regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto erano già state declinate le richieste autonomistiche sulla scuola, pertanto, tra le bozze regionali, leggiamo che:
- si vuole costruire un organico regionale del personale scolastico,
- si vogliono bandire concorsi regionali,
- si vuole regionalizzare da subito la Dirigenza scolastica,
- si vogliono costruire contratti regionali,
- si vogliono differenziare gli stipendi su base territoriale,
- si vuole intervenire sulla mobilità, sottraendo la materia alla negoziazione sindacale.
Con l’istruzione regionale sarebbe negato l’esercizio del diritto allo studio in maniera uguale su tutto il territorio nazionale e si realizzerebbe un doppio regime fra quello nazionale e quello regionale.
Le scuole si differenzierebbero sempre più radicalmente, il divario Sud-Nord non potrebbe che aumentare, la diffusione uniforme di scuole dell’infanzia e tempo pieno sarebbe definitivamente negata, il valore legale del titolo di studio sarebbe compromesso e le regioni potrebbero decidere autonomamente su programmi, strumenti e risorse.
La FLC CGIL si impegna da anni per aprire un vero dibattito pubblico nel Paese e per promuovere azioni di sensibilizzazione sui rischi di questo eversivo progetto di differenziazione dei diritti, mobilitandosi anche mediante la raccolta firme per la proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare.
FIRMA ONLINE CON SPID
Dal 9 novembre 2022 la sottoscrizione ha sei mesi di tempo per raccogliere le 50.000 firme necessarie a portare la legge di iniziativa popolare in Parlamento perché venga discussa.
La proposta è finalizzata a:
- eliminare le intese pattizie che introducono l'autonomia differenziata attraverso la trattativa tra governo e singola regione, riducendo il parlamento a un ruolo di ratifica, e introdurre eventuali referendum;
- riportare la formazione professionale dalla competenza regionale alla competenza concorrente Stato-Regioni e spostare l’istruzione (e altre materie strategiche per l'unità del paese) dalla potestà concorrente a quella esclusiva dello Stato;
- modificare i livelli “essenziali" in livelli "uniformi" delle prestazioni;
- introdurre la supremazia della legge statale costruita sull'unità della Repubblica.
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