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Legge di bilancio 2018: le principali novità per l’Università

La nostra scheda di lettura sui provvedimenti che riguardano il sistema universitario.

16/01/2018
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In un contesto ancora fortemente negativo rispetto agli interventi sul sistema universitario e in particolare su reclutamento e precariato, sono state accolte parzialmente alcune proposte della FLC CGIL, per limitare i danni su reclutamento, sugli scatti di docenti e ricercatori e sul fondo del salario accessorio del personale tecnico e amministrativo.

Il nuovo anno sembra aprirsi, per l’Università come per il Paese, in modo confuso, contradditorio e frastagliato. La campagna elettorale di queste settimane appare segnata da promesse mirabolanti e prospettive incerte, mentre il Governo ha riproposto con la Legge di bilancio una sostanziale continuità delle politiche economiche precedenti, caratterizzate da bonus, defiscalizzazioni, attenzione agli interessi delle imprese ma non al rilancio della spesa pubblica e della domanda aggregata. In questo quadro nell’Università si intrecciano vecchi provvedimenti di stampo competitivo, la questione degli scatti, il rinnovo del CCCNL per il personale tecnico e amministrativo, timidi segnali di ripresa con maggiori – benché ancora largamente insufficienti – investimenti che restano comunque condizionati da una logica premiale ed emergenziale che indebolisce, invece di rafforzare, il sistema universitario. Il giudizio della nostra organizzazione sulle politiche messe in atto da questo governo, fino alla recente manovra di bilancio, resta quindi negativo.

La Legge di Bilancio 2018  è illustrata e commentata qui nel dettaglio, per quanto riguarda l’Università, abbiamo predisposto un'apposita scheda di approfondimento.

Sulle criticità del suo impianto ci siamo già espressi nella fase di prima approvazione della bozza di legge, proponendo anche diversi emendamenti. Una serie di modifiche, che in qualche caso hanno recepito le proteste che la nostra organizzazione e ampia parte del mondo universitario aveva sollevato, sono tuttavia intervenute in sede parlamentare.

Sottolineiamo in particolare:

Scatti docenti. È prevista una riconfigurazione biennale (a partire dalla classe conseguita dopo il 31 dicembre 2017) e un’una-tantum per il blocco 2011-2015 (al personale ora ed allora in servizio). I due interventi sono il risultato delle mobilitazioni, ma c’è solo un recupero parziale di quanto perso, non omogeneo né universale. Si è però cancellato la “premialità” inizialmente prevista, che li avrebbe molto limitati, esteso la logica ANVUR e differenziato gli stipendi. Le risorse però sono limitate: i costi sono quindi scaricati anche sugli Atenei (in una logica di cofinanziamento inopportunamente diffusa), con una pressione nel tempo sui singoli bilanci che rischia di dividere ulteriormente le università e sospingere di nuovo criteri restrittivi se non premiali.

Reclutamento. È disposto il finanziamento per l’assunzione straordinaria di circa 1300 ricercatori a tempo determinato di tipo b (quindi consolidabili a professori associati). Il piano è tuttavia troppo esiguo, anche solo a fronte dei prossimi pensionamenti. È stato ottenuto comunque qualche miglioramento: i criteri di assegnazione dei fondi alle strutture prevedono ora un riequilibrio tra i territori, in grado di limitare almeno parzialmente le attuali divergenze. Peraltro, la norma mantiene in vita l’ideologia “meritocratica”, tenendo conto a pari merito anche delle solite e famigerate valutazioni VQR. Episodicità, retorica dell’eccellenza, esiguità di risorse sono quindi le caratteristiche anche di questo intervento.

Fondo salario accessorio personale tecnico e amministrativo. È modificato l’articolo 23 del Dl 75/2017 (“Madia”), rendendo possibili interventi sperimentali di aumento delle risorse destinate al salario accessorio, secondo modalità individuate con DPCM. Per l’individuazione delle università che potranno superare il tetto sul fondo accessorio previsto attualmente al valore delle risorse del 2016, si dovrà tenere conto, in particolare, dell’indicatore delle spese di personale e dell’indicatore di sostenibilità economico-finanziaria. Rispetto alla nostra proposta è solo un primo passo, ancora insufficiente, per di più sperimentale, ma che comunque apre una strada alla liberazione dai tetti, vincoli e costrizioni subiti negli anni passati: uno dei principali obbiettivi perseguiti in questi anni dalla FLC per rafforzare la contrattazione, ingessata da molteplici dispositivi introdotti dalla cd “legge Brunetta” in poi.

Diritto allo studio. È stato incrementato il fondo per il diritto allo studio e le borse per i dottorati. Entrambi i provvedimenti stanziano risorse esigue e soprattutto utilizzano fondi precedentemente previsti per borse di eccellenza, ricerca di base e reclutamento straordinario dei docenti. Come FLC avevamo criticato l’impianto di alcune di queste iniziative (in particolare le Cattedre Natta e la Fondazione articolo 34, impregnate di un’ideologia dirigista e neoliberale). Di conseguenza non possiamo che rallegrarci del loro svuotamento. Nondimeno non possiamo che stigmatizzare un’operazione che non aumenta le risorse, ma semplicemente le redistribuisce tra le diverse componenti (studenti, docenti in ruolo, reclutamento).

Per dare un quadro più completo degli ultimi interventi che hanno riguardato l’Università, vanno considerati anche alcuni altri provvedimenti:

FABR. Nelle ultime settimane del 2017 sono stati assegnati i finanziamenti per le attività base di ricerca (FABR). Erano disponibili 45 milioni di euro per 15mila ricercatori e professori associati che potevano ottenere ciascuno 3mila euro a testa (art 1, comma 295 legge 232/2016). L’ottusità dell’ideologia premiale di ANVUR e MIUR è emersa in tutta la sua evidenza. I criteri di valutazione, come al solito opachi e non verificabili, erano diversi da quelli utilizzati in altre procedure (come ASN e VQR), creando incomprensioni e assurdità. Molti hanno rinunciato a far domanda, non volendo o non pensando di poter concorrere. Soprattutto, si è interpretato l’indicazione di assegnare i fondi al 75% dei ricercatori ed al 25% degli associati sulle domande effettuate e non sugli aventi diritto, portando a distribuire solo 30 milioni di euro a circa 7500 ricercatori e 2500 associati. In una fase di generalizzata penuria di fondi di ricerca, non si sono perciò spese il 30% delle risorse a disposizione, pur di far trionfare un’inutile e incomprensibile logica premiale.

PRIN. Subito dopo Natale è stato pubblicato il nuovo Bando Prin 2017. Per la prima volta da molti anni i finanziamenti sono consistenti (circa 390 milioni di euro), dal doppio al quadruplo di quelli generalmente disponibili nell’ultimo decennio (circa 105 milioni nel 2009; 95 milioni nel 2008; 170 milioni nel 2010-11, 39 milioni nel 2012, 92 milioni nel 2015).

Dipartimenti d’eccellenza. Nei primi giorni di gennaio è stata pubblicata la distribuzione dei finanziamenti ai cosiddetti “dipartimenti di eccellenza”. L’applicazione centralizzata di un sistema assurdo di valutazione (VQR) ha portato come da molti previsto a concentrare le risorse nelle realtà più forti, aumentando le divergenze tra atenei e negli atenei. Non casualmente, in questo quadro, ad esser più colpite sono state le realtà meridionali (solo 25 sui 180 Dipartimenti premiati sono di quei territori).

Interventi apparentemente minori. Altri provvedimenti accompagnano questi atti.

La legge del 5 gennaio 2017, n.4 concernente Interventi per il sostegno della formazione e della ricerca nelle scienze geologiche, tra le altre cose modifica la legge 240/2010 rendendo possibile l’attivazione di dipartimenti universitari cui afferiscono almeno venti professori, ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato (invece di 35 o 40), purché gli stessi costituiscano almeno l'80 per cento di tutti i professori, ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato dell'università appartenenti ad una medesima area disciplinare.

Quindi la distribuzione l’assegnazione delle borse di dottorato del Programma operativo nazionale “Ricerca e Innovazione” (PON RI) 2014-2020. - Dottorati Innovativi con caratterizzazione industriale.

Questo quadro contradditorio, confuso e frastagliato non solo produce incertezza, ma nel quadro dei processi in atto, favorisce ed incentiva le forze centrifughe all’opera, dividendo gli atenei tra di loro e al loro interno, fra le sue componenti. Per questo oggi è più che mai necessario riprendere la nostra iniziativa, contrastare questa progressiva degenerazione e destrutturazione del sistema universitario nazionale. Serve riconnettere le diverse soggettività che vivono nelle università ed i fili che tessono le loro resistenze. Serve cioè ricostruire un fronte unitario per un’università pubblica e democratica, composto da studenti, docenti, precari e personale tecnico amministrativo. A questo impegno è dedicata, non casualmente, la prossima assemblea nazionale dell’università, che terremo a Cosenza (Università della Calabria) il prossimo 23 e 24 gennaio.

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