Rapporto INVALSI 2023: sono le disomogeneità territoriali il vero vulnus della scuola italiana
Il report conferma le fragilità del sistema scolastico del nostro Paese. Gli interventi estemporanei e parziali annunciati dal Ministro non servono a qualificare il sistema nel suo complesso e a contrastare l'insuccesso scolastico.
Nella mattinata del 12 luglio, presso la Camera dei deputati e alla presenza del Ministro Valditara, il Presidente INVALSI Roberto Ricci, ha presentato i risultati delle prove INVALSI 2023. Nel suo discorso di saluto il Ministro Valditara, anche alla luce dei dati illustrati nel report di INVALSI, ha annunciato l’intenzione del governo di effettuare interventi mirati per ridurre le disomogeneità territoriali e contrastare l’insuccesso formativo, a partire dalle scuole più a rischio, individuate sulla base di indicatori quali il numero di assenze, la dispersione implicita ed esplicita, le fragilità sociali. Il Ministro ha riferito, inoltre, che verranno individuate 240 istituzioni scolastiche - tra cui 120 primarie, 60 secondarie di primo grado e 60 di secondo grado – in cui estendere i percorsi di personalizzazione, attraverso il potenziamento della didattica innovativa e laboratoriale e l’apertura al territorio. A tale fine, ha ricordato il Ministro, sono disponibili risorse del PNRR, pari a un miliardo di euro, ancora da ripartire. I fondi verranno destinati all'implementazione degli organici - in particolare docenti di italiano, matematica, inglese - nelle scuole individuate, e alla formazione sulla didattica orientativa. Occorreranno inoltre investimenti per la realizzazione di mense e palestre, necessarie per aumentare il tempo scuola e l'attività sportiva.
Dopo il saluto del Ministro, l'incontro è entrato nel vivo della presentazione del report.
Ricordiamo che, chiusa la fase pandemica, lo svolgimento delle prove INVALSI, nel corrente anno scolastico, è tornato ad essere requisito di ammissione all’esame di Stato al termine del primo ciclo mentre, per la prima volta, è divenuto requisito di ammissione all’esame di Stato al termine del secondo ciclo d’istruzione così come previsto dal D. Lgs. n. 62/2017.
Le prove INVALSI 2023 hanno coinvolto - secondo quanto ha riferito il Presidente Ricci - oltre 1 milione di allievi della scuola primaria (classe II e classe V), circa 570.000 studenti della scuola secondaria di primo grado (classe III) e più di 1 milione di studenti della scuola secondaria di secondo grado (classe II e xclasse V), con tassi di copertura complessiva del 95%.
Per stare al merito sugli esiti delle prove del rapporto INVALSI 2023, anche quest’anno, purtroppo, pur con tutti i limiti di un sistema di rilevamento da noi sempre denunciato, il Rapporto fornisce dati preoccupanti sull’aumento dei divari territoriali dato che dovrebbe far riflettere non poco dal momento che si è tornati, assurdamente, a discutere di autonomia differenziata.
Ciò che preoccupa è che, sia pure in misura ridotta, già dalla II primaria cominciano ad evidenziarsi leggeri divari territoriali tra il Nord e il Sud del Paese che diventano ancora più marcati nella V classe rispetto alla II soprattutto per la Matematica e l’Inglese-listening. Ma le cose non vanno bene nemmeno per l’italiano in cui circa il 69% raggiunge almeno il livello base – vale a dire dalla fascia 3 in su (ma era il 72% nel 2022), mentre nella V primaria in Italiano circa il 74% raggiunge almeno il livello base (ma era l’80% nel 2022).
Come ammette lo stesso istituto, “il confronto nel tempo degli esiti della scuola primaria mostra un indebolimento dei risultati in tutte le discipline osservate e in entrambi i gradi considerati (II e V classe)” la qual cosa comporta che la scuola primaria nel Mezzogiorno fatica maggiormente a garantire uguali opportunità a tutti, con effetti che saranno sempre più gravi sui gradi scolastici successivi.
Nella prova computer based per la III secondaria di primo grado i risultati del 2023 confermano che si è fermato il calo in Italiano e Matematica riscontrato tra il 2019 e il 2021, ma purtroppo non si riscontra ancora un’inversione di tendenza per cui i divari territoriali rimangono molto ampi. In alcune regioni del Mezzogiorno (in particolare Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna) si riscontra un maggior numero di allievi con livelli di risultato molto bassi (al massimo al livello 2), che si attesta attorno al 50% della popolazione scolastica.
Ma è nella secondaria di secondo grado che i divari si accentuano già dalla classe II non solo in italiano ma, soprattutto, in matematica con una tendenza che viene confermata anche nella classe V. Deve far riflettere il dato relativo alla lingua inglese.
Nella secondaria di secondo grado - stranamente(?) - in Inglese il 54% degli studenti raggiunge il B2 nella prova di reading (+2 punti percentuali rispetto al 2022) e il 41% in quella di listening (+3 punto percentuale rispetto al 2022 e ben + 6 punti dall’inizio della rilevazione, avvenuto nel 2019).
Il nostro commento
Pur ritenendo le prove Invalsi inadeguate al fine del rilevamento delle competenze dei singoli studenti, prendiamo atto del quadro preoccupante che emerge dal rapporto presentato.
Come non leggere, proprio in questi ultimi dati sulla lingua inglese, la tendenza sempre più marcata nel nostro Paese a cercare fuori dall’Italia il possibile sbocco alle proprie aspirazioni professionali da parte di una generazione che ha smesso di credere nello sviluppo del proprio Paese?
D’altra parte, è avvilente dover constatare che l’insuccesso scolastico trovi terreno di coltura proprio tra quelle alunne e quegli alunni che vivono contesti sociali ed economici più poveri e dove la povertà materiale fa da precondizione per la povertà educativa e culturale.
E ancor più avvilente è dover constatare che anche il contesto territoriale di appartenenza, sotto forma di divario territoriale, fa da sfondo e cornice a queste diseguaglianze rese più marcate da una pandemia che ha reso ancora più drammatico il fenomeno dell’insuccesso e dell’abbandono scolastico ponendo come prioritaria l’individuazione di misure di prevenzione dei processi di emarginazione sociale che dei divari e delle diseguaglianze rappresentano la premessa e la condizione.
Purtroppo, oggi dobbiamo constatare, soprattutto a pochi giorni dalle dimissioni di Amato, Bassanini, Finocchiaro, Gallo, Paino, Scoca, Violante dal comitato per i livelli essenziali delle prestazioni (Clep) che, alla luce del Disegno di Legge Calderoli di autonomia differenziata, non vi sono le condizioni affinché i LEP, possano essere efficacemente implementati come strumento di riduzione di divari e delle diseguaglianze. Per la FLC CGIL con l’autonomia differenziata non sarà più garantita l'esigibilità dei diritti e l'accesso alle prestazioni sociali in modo uniforme in tutto il Paese, il che rappresenta l’esatto contrario di quanto previsto dalla Costituzione. Su tutti questi temi per la FLC CGIL bisogna cominciare da ora a mantenere alto il livello di vigilanza e di mobilitazione.
A poco serviranno gli interventi annunciati dal ministro, e destinati a un pugno di scuole, in assenza di investimenti strutturali e strategici per implementare gli organici e il tempo scuola, rivedere i parametri di formazione delle classi, costruire ambienti di apprendimento che favoriscano la qualificazione dell'intero sistema di istruzione, l'innalzamento dei livelli di apprendimento, il benessere bio-psico-sociale di bambine, bambini e adolescenti.
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