Organici scuola 2022/2023: docenti, gli indicatori di disagio per costituire classi meno numerose
Il ministero presenta il Decreto Interministeriale con gli indicatori di status per autorizzare la costituzione di classi meno numerose rispetto al DPR 81/2009 e la destinazione dei posti a livello regionale. Un provvedimento complicato su cui è impossibile operare un riscontro, con un ruolo centrale all’INVALSI. Tutte le criticità.
A seguito della convocazione fatta pervenire sabato scorso, il Ministero dell’Istruzione ha riunito i sindacati nella mattinata dell’11 aprile 2022 per illustrare lo schema di Decreto Interministeriale che andrà ad attuare quanto previsto dalla Legge di Bilancio 234/21 in merito alla previsione di organico-docente di diritto anno scolastico 2022/2023 da destinare alle classi costituite in deroga al DPR 81/2009.
Si tratta di un provvedimento di riduzione numerica per supportare gli istituti che rilevano, nella generalità dei propri iscritti/e, un contesto socio-economico e culturale svantaggiato e diffuse condizioni di dispersione scolastica.
Complessivamente i posti stabiliti sono 8.741 tra primaria e secondaria di I e II grado, individuati con una operazione “ad invarianza di risorse finanziarie e strumentali disponibili”: ovvero non sono posti aggiuntivi sul contingente ma accantonati nella quota dei pensionamenti e delle cessazioni.
Nel presentare il Decreto Interministeriale, l’amministrazione ha sottolineato, in particolare, gli indicatori di status sociale, economico e culturale come definiti nell’ESCS - Economic, Social an Cultural Status sulla base dei dati relativi all’a.s. 2020/2021, nonché quelli di dispersione scolastica sulla base degli esiti delle prove INVALSI.
I valori di soglia “a rischio” sono quelli che, monitorati dagli USR, autorizzano la costituzione di classi a numero ridotto, rispetto al DPR 81/2009, nelle scuole interessate.
Gli USR possono altresì derogare anche in aree di disagio “legate a specifiche situazioni locali, con particolare riguardo ai comuni montani e alle piccole isole o legate a situazioni emergenziali o a particolari condizioni olografiche”.
Come FLC CGIL abbiamo rimarcato la scarsa chiarezza di una procedura che si basa su parametri non oggettivamente riscontrabili per giustificare la destinazione dei posti. L’affidamento all’INVALSI, poi, appare eccessivo perché le condizioni di svantaggio nelle scuole risultano molto più complesse rispetto agli esiti dei test e richiedono analisi più profonde e strutturate.
Si opera per semplificazione cercando, e ne riconosciamo le difficoltà, di portare a compimento l’ennesimo provvedimento legislativo scritto male e del tutto decontestualizzato.
Il Decreto allega una tabella di riparto delle singole Regioni, e sono numeri di difficile comprensione sui quali abbiamo continuato a chiedere ulteriori dettagli; la funzione degli USR è dirimente nell’adottare una certa flessibilità tra i gradi di scuola, con particolare attenzione all’obiettivo di mantenimento dell’organico di diritto nonostante il sensibile calo demografico, e anche qui il ruolo delle relazioni sindacali sarà di garanzia.
Appare incomprensibile, invece, l’esclusione a priori dei CPIA dalla platea delle scuole beneficiarie, quando la norma stessa nulla dice in proposito; le risposte non sono state esaurienti e riportate solo ai termini usati nel testo di legge. Prendiamo atto, ancora una volta, della mancata volontà, da parte del ministero, di adottare migliori soluzioni con propri margini interpretativi.
Confermiamo l’insoddisfazione di non aver ricevuto elementi conoscitivi approfonditi su un tema che ha effetti diretti sulla mobilità e sul reclutamento. Le nostre valutazioni più analitiche e circostanziate sono riportate in un precedente articolo a questo link.
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