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Dimensionamento scolastico: i risultati di un nostro monitoraggio

La FLC CGIL chiede una governance efficace tra i diversi soggetti che hanno il compito di programmare l’offerta formativa sul territorio.

15/02/2013
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Le procedure di dimensionamento scolastico per il prossimo anno scolastico 2013/2014 sono nel pieno della confusione e dell'incertezza dovuta, da una parte all'assenza di un quadro normativo chiaro per responsabilità primaria del Governo, e dall'altra all'assenza di una seria programmazione, aperta alla partecipazione dei soggetti interessati e fondata sulle effettive esigenze educative-didattiche del territorio. 

Questo, in sintesi, è quanto emerge dall'indagine che abbiamo promosso nei giorni scorsi in materia di dimensionamento scolastico presso i territori regionali.

Dal nostro monitoraggio risulta chiaramente un quadro molto frammentato e disomogeneo relativamente alle procedure di dimensionamento messe in atto nelle diverse situazioni.

Innanzitutto emerge che, nonostante l'incertezza del quadro normativo di riferimento, la gran parte delle Regioni si è mossa autonomamente e ha già approvato (o si appresta a farlo) il piano di dimensionamento per l'a.s. 2013-2014. Devono ancora approvarlo solo quattro Regioni.

Quello che è certo è che non si è realizzato un vero confronto a livello di massa in grado di coinvolgere i soggetti interessati, magari con tavoli tecnici ad hoc, e salvo limitate eccezioni, talora solo di carattere informativo, non vi è stato un vero confronto con le Organizzazioni Sindacali.

Sono solo 5 sul totale delle Regioni monitorate le Amministrazioni che hanno utilizzato il parametro medio dei 900 alunni per la costituzione delle scuole così come previsto nella bozza di intesa Stato-Regioni; le altre hanno utilizzato parametri diversi anche superiori ai 900 alunni con effetti decisamente discutibili (vengono segnalati ancora casi di scuole costituite con più di 1.600 alunni).

In molte Regioni è prevista un'ulteriore riduzione del numero delle scuole autonome, riduzioni proposte perfino nelle Regioni che avrebbero un numero di scuole autonome dimensionate secondo la media dei 900 alunni. Difficile capire la logica di certe scelte che non mettono al centro la qualità della scuola pubblica.

In oltre la metà delle Regioni è prevista l'istituzione dei CPIA. Il numero di 55 CPIA contenuto nella Bozza non approvata dalla Conferenza, in ogni caso rimane largamente lontano dalle esigenze dei territori, e ciò emergerà ancor di più quando tutte le Regioni avranno avanzato le loro richieste.

Infine, pressoché in tutte le Regioni, nonostante i nuovi piani di dimensionamento, continuano ad essere presenti le scuole sottodimensionate. Ma ciò è perfettamente legittimo, dal momento che ciò che deve fare aggio su tutto deve essere il parametro medio degli alunni, tanto che è ovunque accettato che vengano superati i limiti previsti dalla legge di stabilità 2012 (legge 111/11 commi 5 e 5 bis dell'art 19).

Peraltro, come abbiamo già avuto modo di commentare, lo scorso 7 febbraio nell'incontro in Conferenza unificata Stato-Regioni è saltata la possibilità di raggiungere un'intesa sui nuovi parametri di dimensionamento scolastico a causa dell'indisponibilità di MIUR e MEF a voler rispettare il criterio di assegnazione alle regioni dei Dirigenti scolastici in base al numero di scuole risultanti dal parametro medio di 900 alunni.

La bozza di intesa che era in discussione tra Stato e Regioni, seppur giunta con estremo ritardo e con moltissimi limiti e punti critici da noi ripetutamente segnalati, almeno definiva un sistema di regole di riferimento valido per l'intero territorio nazionale dopo che la Corte Costituzionale aveva giustamente demolito quanto predisposto precedentemente in materia dal Governo Berlusconi.

Ora, l'assenza di regole e riferimenti chiari e condivisi rischia di ricadere pesantemente sulla qualità e sulla validità delle operazioni di riorganizzazione della rete scolastica che molte Regioni comunque hanno deciso di portare avanti. Con il pericolo che molte operazioni possano essere messe in discussione in sede legale (cosa avvenuta anche di recente) laddove gli interessati (enti locali, utenza, personale) ravvisassero una lesione dei propri diritti in base ai principi della sentenza della Corte Costituzionale del giugno scorso.

Per la FLC CGIL la gestione di questa partita dimostra come la mancanza di una governance efficace, una scelta strategica che investe tutti i soggetti che hanno un compito educativo, finisce per penalizzare solo il diritto sociale all'istruzione.

È evidente, pertanto, l'urgenza di un forte intervento politico su questa materia che sia in grado di ripristinare un quadro di regole chiaro e condiviso da tutti i soggetti interessati e di assicurare all'utenza e al personale effettivi livelli di qualità delle scuole. Sarà per noi questo un impegno prioritario anche in vista del prossimo incontro della Conferenza delle Regioni previsto per il 21 febbraio 2013.

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