La scuola cattiva non comincia dai prof.
La FLC CGIL Modena commenta un articolo pubblicato nei giorni scorsi su il Resto del Carlino.
A cura della FLC CGIL Modena
È su sollecitazione dei docenti incontrati nelle assemblee di questi giorni che, come FLC CGIL riteniamo di rispondere all’ampio spazio dedicato da “Il Resto del Carlino” di giovedì 5 febbraio, sul tema “La scuola resta cattiva”, partendo dal catenaccio di taglio alto di prima pagina nazionale “Prof stupratori in cattedra”, poi ripreso con massima visibilità anche all’interno.
Non si tratta di replicare ai contenuti degli articoli, quanto di porre la questione nel perimetro di un ragionamento più equilibrato, che eviti gratuite generalizzazioni e senza nulla togliere alla serietà dell’evento specifico.
Assistiamo al crescere di titoli apocalittici sui quotidiani in materia di scuola, corredo a notizie di un certo interesse per la cronaca, che però rimangono casi del tutto eccezionali nel panorama consueto che caratterizza la normalità dei nostri luoghi educativi.
Il lessico forte che tratta una tragedia profondamente umana accaduta nell’ambiente sicuro dell’accoglienza scolastica, trasforma un fatto isolato con gravi risvolti penali, nell’ennesima occasione di svilimento del sistema, più incisiva, questa, perché degrada la fiducia collettiva portando al centro dell’attacco la figura stessa del docente.
La rilevanza di quanto successo, che giustamente non può essere estranea ad una presa di coscienza comune, deve essere inquadrata in un contesto di oggettiva complessità; se da un lato non si discute la responsabilità individuale di chi commette un simile crimine, dall’altro, le falle di un sistema portato allo sfinimento burocratico chiedono a gran voce un’urgente risoluzione.
Il sistema di reclutamento dei supplenti, gli adempimenti continui e pressanti dell’amministrazione statale sulle segreterie delle scuole, sono le ragioni da affrontare con la sistematicità che necessitano da anni, alle quali come FLC CGIL abbiamo sempre dato rappresentanza e proposte concrete, ricevendo dai vari governi interventi confusi e improvvisati.
E non sono, queste, ragioni di mero contorno alle vicende accadute, ma fattori che condizionano l’intero effettivo servizio, il cui intervento non può essere sbrigativamente ridotto ad azioni decisioniste e punitive.
Se dietro a questi episodi di mala-scuola, pesanti perché legati all’etica violata di responsabili dell’educazione, ma altrettanto rari come diffuso dall’inchiesta della Corte dei Conti, si vuole vedere lo sfascio del sistema e la ri-distribuzione dei poteri di controllo, significa ignorare il lavoro di chi opera nelle scuole pubbliche compensando le continue restrizioni imposte dalle scelte politiche, per preservare al meglio la funzione formativa sui giovani e la trasmissione dei saperi.
A tutti noi, il compito di interrogarci con onestà, e anche ai giornali; il bene comune ha bisogno di condivisione e di apporto consapevole, di analisi serie e di confronto sulle possibili soluzioni. Rinunciare a immagini stereotipate di sapore tutto sommato rassicurante a chi ne è estraneo, è il primo passo per comunicare ai cittadini che grande rendimento sociale può avere “costruire” un’istruzione di valore.
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