Coronavirus: serve un cantiere per la fase 2 della scuola. Modena si prepari a sperimentare la ripresa
Ogni sforzo deve essere concentrato su come dovrà iniziare e proseguire, in sicurezza, il prossimo anno scolastico.
A cura della FLC CGIL di Modena
Per quest’anno scolastico la scuola non riaprirà: non ci sono e non ci potranno essere da qui a giugno le condizioni per un rientro in classe sicuro. Sarebbe folle solo pensarlo.
E fino alla fine di quest’anno si dovrà continuare con il lavoro di queste settimane sulla Didattica a Distanza.
Proprio per questo ogni sforzo deve essere concentrato su come dovrà iniziare e proseguire, in sicurezza, il prossimo anno scolastico.
Sono poche anche le certezze sulla riapertura delle scuole per il prossimo anno scolastico: qualche dichiarazione dagli ambienti del Ministero fa capire che ci si sta lavorando, ma quale sia il piano, o i piani, nessuno a oggi lo sa ancora.
E allora bisogna cominciare a mettere in fila le cose e a dire e chiarire che se a settembre la scuola non sarà in grado di ripartire con la modalità in presenza sarà un problema enorme, e non sarà un problema soltanto per la scuola.
Il blocco di tutte le attività produttive ed economiche non c’è stato: sono migliaia le aziende che, anche a Modena, attraverso deroga o autocertificazione si sono infilate in presunte filiere delle attività essenziali. Tutti i segnali di queste ore ci dicono poi che presto ripartiranno anche tutte le altre.
Non mi interessa – qui – ragionare sull’opportunità o meno, né su quali modalità e con quali protocolli. Mi fermo soltanto a segnalare il rischio del cortocircuito che questo scenario produrrà nelle famiglie con genitori/lavoratori e figli/studenti. Soprattutto se studenti delle scuole del primo ciclo: come funzionerà e come sarà organizzata la scuola a settembre avrà un effetto domino sul resto della società.
Nessuno è in grado di ipotizzare il contesto epidemiologico che ci ritroveremo a settembre. Guardando all’oggi, però, quanto è immaginabile, tra 5 mesi, trovarsi autobus affollati alle 7 e mezzo del mattino e aule con 24/25 alunni (quando va bene..) seduti gli uni accanto agli altri dalle 8 alle 13? E quanto ci lasciano tranquilli queste immagini? Quanto ci lascia tranquilli pensare ai nostri figli e ai nostri studenti dentro a questi contesti?
In questi giorni diversi osservatori si esercitano a proporre scenari che vanno da un inizio con Didattica a Distanza tout court per un periodo indefinito, ai doppi turni, fino a un mix di DaD e lezioni in presenza.
Se non ci saranno le condizioni per tornare in aula sarà ancora Didattica a Distanza (Quale? Come? Con un po’ di linee guida o lasciando tutto, ancora una volta, allo spontaneismo?).
Ma se un qualche rientro invece ci sarà, allora siamo fin troppo in ritardo nella programmazione di quale rientro potrà essere a fronte delle condizioni che saranno date.
Perché a questo ritardo non seguano danni da improvvisazione e raffazzonamento serve iniziare a mettere insieme da subito intelligenze e competenze che, a partire dai territori, inizino a declinare scenari e modalità della ripresa delle attività scolastiche.
Come si tornerà a scuola, e come si farà scuola, non può essere un problema soltanto della scuola: ci sono di mezzo i trasporti, i servizi di produzione e somministrazione dei pasti per i più piccoli, la possibilità che la fibra, il wi-fi e ogni altro strumento di collegamento alla rete siano davvero fruibili per tutti, senza distinzione geografica o di portafoglio, la necessità di ridisegnare gli spazi e gli ambienti comuni delle scuole e le regole ed i protocolli di come viverli in sicurezza. E se gli spazi delle scuole non bastassero (e potrebbero non bastare se devi distanziare le persone) servirà trovare altri spazi e altri contenitori, rendendo fruibili quelli che ci sono già, perché non ci sarà il tempo per costruirne altri.
Così come serviranno più insegnanti, più tecnici, più collaboratori scolastici.
E se si dovrà fare i conti anche con le paure e i timori che queste settimane hanno acceso in tutti noi, e che nei bambini e nei ragazzi potrebbero avere un peso specifico maggiore, allora forse serviranno anche quelle figure e quei professionisti che possano aiutare a rendere meno invasive e meno invalidanti quelle paure e quei timori.
Sono queste le intelligenze e le competenze che servono: quelle del mondo del lavoro, della scuola, della sanità, degli amministratori locali, del mondo delle professioni e dell’associazionismo.
Vanno individuate subito e da subito rese operative.
Non sappiamo se e come lo farà il governo, se e come si attiverà il ministero.
Sappiamo però che non possiamo permetterci il lusso di aspettare ancora: si deve partire dove si può, dove ci sono le energie e le condizioni – storiche, strutturali, di cultura amministrativa – per poter partire immediatamente.
L’Emilia Romagna, Modena, queste energie e queste condizioni le hanno.
Hanno anche qualcosa in più: la storia della scuola dell’Italia democratica e repubblicana ci racconta che proprio qui ci sono state le intuizioni e le risorse che hanno fatto nascere pratiche e modelli che sono stati da esempio per tutta l’Italia e spesso anche un riferimento per altri paesi: è qui che nasce il primo nido d’infanzia pubblico, qui nasce il tempo pieno alle elementari. E’ proprio a Modena che nascono le prime esperienze che porteranno poi al riconoscimento delle 150 ore per il diritto allo studio prima per i metalmeccanici e poi per tutti gli altri lavoratori.
Qui il governo da parte del pubblico, il movimento dei lavoratori, le intelligenze diffuse, hanno permesso di creare, hanno permesso di fare, di fare bene e fare prima quei modelli che poi sono stati in grado di diventare sistemi efficaci e virtuosi.
Adesso abbiamo l’urgenza di riscoprire quelle storie e quella tradizione che vanno messe insieme all’intelligenza e alla lungimiranza di capire qual è la posta in gioco, e alla necessità di raccogliere questo appello e partire immaginando e programmando la scuola e la società che sarà. Subito!
Claudio Riso, segretario FLC CGIL Modena
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