Il contratto di ricerca, la Ministra e il gioco delle tre carte
Una trattativa non ancora partita per responsabilità del MUR, la necessità di arrivare velocemente a sostituire gli assegni di ricerca
In queste settimane la Ministra dell’Università e della Ricerca, Prof.ssa Anna Maria Bernini, sembra aver sottolineato che lei vorrebbe tanto far partire il Contratto di ricerca [la nuova figura di collaboratore a tempo determinato per Università, AFAM e Enti di Ricerca], ma che purtroppo l’ARAN non riesce a trovare una convergenza con i sindacati. Una convergenza necessaria, perché il nuovo comma 6 dell’art 22 della Legge 240 del 2010 (come modificato dal DL 36/2022, poi convertito nella legge 79/2022) prevede che l'importo del contratto di ricerca di cui al presente articolo è stabilito in sede di contrattazione collettiva, in ogni caso in misura non inferiore al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo definito. Di questo, si è anche parlato nell’ultima seduta del Consiglio Universitario Nazionale (14-16 novembre 2023). Si sta così creando una voce, una narrazione, una fola in realtà, che ha uno scopo preciso: quello di preparare il terreno nel CUN, negli atenei, nelle commissioni Parlamentari, nella discussione sul prossimo milleproroghe, alla definitiva archiviazione del passo avanti rappresentato da questa revisione normativa.
Non è che vero che ARAN e sindacati non stiano trovando una convergenza. Anzi, per certi versi è l’opposto: ad oggi, è il MUR [proprio il Ministero diretto da Bernini] che non gli permette di verificare le rispettive posizioni sul contratto di ricerca. Se si osservano le cose, è evidente.
Una trattativa sindacale infatti non avviene nell’ombra. Certo, spesso gli incontri tra le parti (i cosiddetti tavoli) non hanno particolari coperture mediatiche o significative attenzioni sociali. Però, i diversi soggetti che sono al tavolo verbalizzano i confronti che avvengono ad ogni incontro e, soprattutto, ne danno conto ai propri referenti. L’ARAN al governo, le organizzazioni sindacali all’insieme dei lavoratori e delle lavoratrici, con comunicati pubblici sui propri siti e canali di informazioni (comunicati su cui non è inusuale, nel caso di discordanze, intervenga la stessa ARAN con proprie valutazioni e dichiarazioni di parte).
Il primo confronto sul Contratto di ricerca è sostanzialmente stato a ridosso della sottoscrizione del CCNL, lo scorso luglio. L’ARAN, senza particolari indicazioni da parte del MUR, voleva sostanzialmente fotocopiare nel contratto quanto previsto nella legge: l'importo del contratto di ricerca di cui al all’art. 22, comma 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 come sostituito dall’art. 14, comma 6-septies del D.L. 30/04/2022 n. 36, convertito in legge dall'art. 1, comma 1, L. 29 giugno 2022, n. 79, è pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo definito. Un’ipotesi che abbiamo considerato inaccettabile da due punti di vista. In primo luogo, questa retribuzione nella busta paga netta di lavoratori e lavoratrici sarebbe stata peggiorativa rispetto agli importi di alcuni assegni di ricerca attuali, che in diversi atenei ed Enti di ricerca arrivano al 30% e talvolta anche al 50% in più dell’attuale minimo di legge. In secondo luogo, un Contratto Collettivo Nazionale di lavoro non è la copia fotostatica di una legge. Nel momento in cui la legge riporta al Contratto nazionale il compito di definire un compenso, è nella stessa natura di un contratto non solo specificare in cambio di cosa quella retribuzione è data (quali siano, almeno a grandi linee, i compiti attribuiti al contrattista), ma anche quali diritti abbiano i lavoratori e le lavoratrici. Lo scorso luglio, quindi, la richiesta della FLC è stata di confrontarsi su questi elementi. Per questo si è valutato di rimandare questo punto ad una sequenza contrattuale, che avrebbe dovuto dispiegarsi questo autunno.
L’incontro successivo è stato a settembre 2023. Sono state proprio le organizzazioni sindacali, a partire dalla FLC CGIL, che hanno posto la necessità che l’avvio del confronto sulle sequenze contrattuali del CCNL Istruzione e Ricerca avvenisse su due punti ritenuti urgenti per l’università: il Contratto di ricerca e il Tecnologo a tempo indeterminato. L’incontro è avvenuto il 18 settembre. I sindacati sono arrivati a quel tavolo con una novità: una proposta unitaria sostenuta da tutte le organizzazioni al tavolo [FLC-CGIL, CISL SUR, UIL RUA, SNALS, GILDA e persino ANIEF]. Chi segue le trattative sa quanto questo non sia sempre usuale e, in qualche modo, abbia anche un peso sullo stesso tavolo (se non altro accelerando i tempi del confronto).
A quel tavolo, però, mancava qualcosa. Il MUR. È proprio il Ministero, infatti, che era assente: mancava ogni sua valutazione e proposta sul tema del confronto (il contratto di ricerca). L’ARAN, cioè, ha dovuto esplicitare, a fronte di una proposta sindacale unitaria, di non aver ricevuto nessuna indicazione. L’ARAN, infatti, è un’agenzia nazionale che tratta per conto del governo e si può muovere solo dietro precise indicazioni dei ministeri di riferimento. Senza indicazioni, l’ARAN non aveva possibilità né di accettare, né di rifiutare, né di controbattere alla proposta sindacale. Ha quindi preso atto dell’ipotesi ricevuta e rimandato il confronto. Ad oggi, senza riconvocarlo.
Allora, qualcuno mente. Mentre si diffondo voci sul fatto che sia il tavolo di trattativa a bloccare il Contratto di ricerca, in realtà proprio chi dovrebbe dare a quel tavolo le indicazioni per svolgersi non lo fa e lo tiene bloccato. Cioè, il contratto di ricerca non sta partendo per responsabilità del Ministero e dell’Università, che non ha permesso all’ARAN e alle organizzazioni sindacali neanche di iniziare quella trattativa.
La Ministra quella trattativa non la vuole fare. Come abbiamo segnalato, mentre si tiene volontariamente bloccato quel tavolo, la Ministra ha avviato un gruppo di lavoro in materia di contratti e assegni di ricerca, senza nessuna presenza sindacale e senza nemmeno la presenza di un rappresentante del precariato. Un tavolo di lavoro che concluderà i suoi lavori a marzo 2024.
Chi ha messo la Ministra Bernini a coordinare questo gruppo di lavoro? Il prof. Ferruccio Resta. Cioè, l’ex presidente CRUI che, mentre si discuteva in Parlamento la riforma del pre ruolo (poi, transitato nel DL 36/2022 e nella legge 79/2022), aveva fatto approvare un documento su Formazione alla ricerca e reclutamento universitario. Uno dei documenti più inutili e meno seguiti della storia dell’università.
Cosa proponeva quel dimenticato testo?
Una Tenure-Track sino a 14 anni di durata [Sino a 7 anni e rinnovabile presso altra sede] e un meccanismo di chiamata in ruolo con una valutazione su obbiettivi didattici e scientifici prefissati e variabili per ateneo [in cui la valutazione negativa era esplicitamente prevista, come si evidenzia nel complesso della proposta].
Contratti di ricerca post-doc, da 1 a 3 anni, sino a un massimo di 5, con un limitato numero di ore di didattica integrativa, mentre in materia fiscale, previdenziale, di astensione obbligatoria per maternità, di congedo per malattia si sarebbero dovute applicare le previsioni in vigore per gli assegni di ricerca.
Contratti di ricerca post-laurea, da 6 mesi e 3 anni, sino ad un massimo di 3, senza didattica, mentre in materia fiscale, previdenziale, di astensione obbligatoria per maternità, di congedo per malattia si sarebbero dovute applicare le previsioni in vigore per gli assegni di ricerca.
Contratti per attività di insegnamento, da 1 a 3 anni, sino ad un massimo di 6, per far fare fronte a specifiche esigenze didattiche, anche integrative,
Contratti di Collaboratore didattico [Lecturer], a tempo determinato e indeterminato ed inseriti nel CCNL come personale tecnico, in relazione alle esigenze di apprendimento in specifici ambiti disciplinari.
Professore a tempo determinato/a progetto, con fondi specifici ed esterni, per rapporti di lavoro non superiori a sei anni.
Insomma, la Ministra ha proposto come coordinatore del gruppo di lavoro in materia di contratti e assegni di ricerca chi voleva mantenere gli assegni, creare gli assegnini e una pletora di figure improbabili, a tempo indeterminato e determinato, dentro e fuori il Contratto nazionale (à la carte, perché per lui evidentemente à la carte sono diritti e retribuzioni adeguate].
Allora, la Ministra blocca la trattativa e incarica un gruppo di lavoro di moltiplicare le figure precarie, in cui la disarticolazione del sistema universitario nazionale troverebbe sponda (e rilancio) nella disarticolazione delle figure lavorative negli atenei, a seconda di risorse, possibilità e (perché no?) padrini di riferimento.
Così non viene solo aggirata l’attuale legge 79/2022. Viene di fatto smontato tutto il senso della revisione del pre-ruolo della legge 240/2010 che era stata approvata dal Parlamento. A quella norma, infatti, non si era arrivati per semplice iniziativa di questo o quel deputato, ma per la pressione che negli anni era cresciuta negli atenei e negli enti di ricerca, per un movimento di ricercatori determinati che aveva chiesto diritti e stabilità (conquistando anche dei risultati, come il riconoscimento della Dis-col per dottorandi e assegnisti negli atenei, le stabilizzazioni del Piano Madia negli Enti di ricerca).
Se questa operazione della Ministra Bernini va in porto, ci ritroveremo allora con un pre ruolo peggiorato rispetto alla stessa legge 240/2010: al posto della tenure-track triennale (RTDb), un RTT sino a sei anni; al posto del ricercatore a tempo determinato (RTDa, con un inquadramento chiaro e presente nei consigli di dipartimento), un contratto di ricerca che rimane nella terra di mezzo tra CCNL e Stato giuridico; al posto degli assegni di ricerca, una pletora di assegni, assegnini e borse varie (al di là del nome che assumeranno in futuro).
Così, dopo l’ubriacatura del PNRR, l’attuale bolla del precariato di ricerca (oltre 9.444 RTDa e 14.828 assegni, a cui ne seguiranno a breve altri 5/7mila per il PRIN PNRR 2023) esploderebbe nella precarizzazione più assoluta, disarticolando il lavoro in università, AFAM e enti di ricerca.
Contro questo gioco delle tre carte, contro questo nuova svalutazione dell’università e della ricerca, chiediamo a tutti di attivarsi nei prossimi mesi, per evitare di deragliare dal passo in avanti ottenuto con la legge 79/2022, facendo invece partire nel tempo più breve possibile e nel Contratto nazionale l’attuale Contratto di ricerca (un rapporto di lavoro biennale, retribuito come lavoro, a cui siano chiaramente attribuiti diritti e non solo doveri).
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