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ANDU: Lettera ai Senatori della I Commissione sul ddl di stato giuridico dei ricercatori.

Nonostante gli sforzi volti a rappresentare la drammaticità della situazione dell'Università di Palermo e il pericolo che gli effetti devastanti delle sentenze amministrative possano parallizzare tutti gli Atenei, non pare che queste circostanze siano state finora tenute in alcun conto nel dibattito che da tempo si sta svolgendo nella Commissione Affari costituzionali attorno alla legge istitutiva della terza fascia di professore universitario.

30/03/1999
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Ai Senatori della Commissione Affari Costituzionali
e, p.c., ai Senatori della Commissione Istruzione

SAGUNTO E IL SENATO

Nonostante gli sforzi volti a rappresentare la drammaticità della situazione dell'Università di Palermo, derivata dalla "guerra allo Statuto", e il pericolo che gli effetti devastanti delle sentenze amministrative possano parallizzare "a cascata" tutti gli Atenei, non pare che queste circostanze siano state finora tenute in alcun conto nel dibattito che da tempo si sta svolgendo nella Commissione Affari costituzionali attorno alla legge istitutiva della terza fascia di professore universitario.
Per quanto riguarda la situazione dell'Università di Palermo può essere utile ricordare che:

1. l'Università di Palermo ha circa 60.000 studenti e rappresenta la seconda "azienda" della Sicilia per il numero di personale (docente e tecnico-amministrativo) impiegato;

2. l'Università di Palermo versa da anni in una profonda crisi finanziaria: il Rettore ha anche ipotizzato il blocco dell'attività del Policlinico universitario e dell'intero Ateneo;

3. l'Università di Palermo dal 1996, a causa della "guerra dei ricorsi" contro lo Statuto, versa in una profonda crisi istituzionale;

4. l'Università di Palermo è oggetto dell'attenzione della Commissione Antimafia nazionale e di indagini della Procura della Repubblica;

5. la Città di Palermo è sede di poteri forti alcuni dei quali "specifici".

La guerra contro lo Statuto, iniziata nel luglio del 1995 - subito dopo l'approvazione dello Statuto da parte del Senato Accademico Integrato (SAI) avvenuta con 55 voti a favore, 15 astenuti e nessun contrario - con la richiesta al Ministro di bocciare lo Statuto avanzata dal Consiglio della Facoltà di Giurisprudenza; richiesta accolta dal Ministero che ha giudicato illegittime solo per lo Statuto dell'Università di Palermo norme ritenute legittime per tutti gli altri Statuti.
Un trattamento "speciale" per Palermo che nelle interrogazioni presentate il 20 e il 22 novembre 1995 al Senato è stato considerato una "discriminazione [che], di per sè gravissima se consumata contro un qualsiasi Ateneo italiano, risulta ancor piu' grave in quanto rivolta contro una Università che opera in una Città dove il rispetto delle regole da parte delle Autorità centrali, specie quando esse riguardano una istituzione delicata come quella universitaria, ha una importanza vitale".
Le interrogazioni sono state presentate dai senatori Alberici, Cuffaro, Di Maio, Masullo, Passigli, Presti, Rocchi, Rossi, e dai senatori Battaglia, Bevilacqua, Presti, Scioletti, Vevante.
L'inquietante prevaricazione ministeriale ha prodotto un ritardo di un anno nella pubblicazione dello Statuto dell'Università di Palermo, consentendo così la rielezione dell'attuale Rettore con un elettorato ristretto.
Appena pubblicato, lo Statuto è stato oggetto di ricorso da parte di circa 40 professori soprattutto di Giurisprudenza. Nel giugno del 1997 lo Statuto è stato dichiarato illegittimo dal TAR per la Sicilia e pertanto, anche su indicazione dell'allora ministro Berlinguer, è stato riconvocato il SAI che ha approvato all'unanimità una seconda versione dello Statuto.
Anche questa nuova edizione dello Statuto, pur ritenuta pienamente legittima dal Ministero, è stata oggetto di ricorso e recentemente, il 13 gennaio 1999, il TAR ha giudicato illegittime le norme riguardanti la composizione del Senato accademico, del Consiglio di Amministrazione, dei Consigli di Facolta e dei Corsi di studio e degli elettorati attivi per il Rettore e per i Presidi.
Da gennaio l'Ateneo di Palermo vive in una paralisi istituzionale senza un Senato accademico e con un Consiglio di amministrazione ritenuto illegittimo dall'Avvocatura dello stato.
Di fronte a tutto ciò il Sottosegretario con delega all'Università ha dichiarato: "è ovvio che la decisione tra le possibili vie d'uscita dall'attuale rischio di paralisi spetta esclusivamente all'ateneo nella sua autonomia costituzionalmente garantita, senza alcuna possibilità di interventi sostitutivi da parte del Ministero." Ed è proprio l'autonomia degli Atenei prevista dalla Costituzione l'argomentazione piu' ricorrente in alcuni interventi nel corso del dibatto all'interno della Commissione Affari costituzionali; per questo motivo non si potrebbe prevedere per legge la partecipazione dei professori ricercatori ai Consigli di facoltà, per questo non si potrebbe riconoscere agli stessi le mansioni docenti già riconosciute dalle leggi ed effettivamente svolte.
La stragrande maggioranza delle Organizzazioni della docenza universitaria ha fornito ai Componenti della Commissione argomentazioni giuridiche e logiche per spiegare che, dopo le sentenze del Consiglio di stato e del TAR per la Sicilia, non si può non prendere atto che l'autonomia statutaria degli Atenei è una "autonomia condizionata" da leggi (il DPR 382 del 1980 e la legge 168 del 1989) che la magistratura amministrativa ha deciso essere pienamente vigenti e dalle quali ha tratto le seguenti conclusioni:

1. l'elettorato passivo appartiene esclusivamente ai professori ordinari, contrariamente a quanto previsto in circa 30 Statuti (Consiglio di stato e TAR per la Sicilia);

2. i ricercatori in quanto tali non possono far parte dei Consigli di facoltà, contrariamente a quanto previsto da 12 Statuti (Consiglio di stato e TAR per la Sicilia);

3. non si può mettere alcun limite al cumulo delle cariche, contrariamente a quanto previsto in quasi tutti gli Statuti (TAR per la Sicilia);

4. non si possono escludere dal Senato accademico e dal Consiglio di amministrazione coloro che hanno optato per il regime a tempo definito, contrariamente a quanto previsto da tutti gli Statuti (Consiglio di stato);

5. i presidi debbono essere eletti solo dai professori, contrariamente a quanto previsto da tutti gli Statuti (TAR per la Sicilia);

6. ordinari, associati e ricercatori, non possono mai "confondersi" in un elettorato attivo e passivo comune, contrariamente a quanto previsto in molti Statuti (TAR per la Sicilia);

7. i ricercatori in quanto tali non possono votare per il rettore, contrariamente a quanto previsto in molti Statuti (TAR per la Sicilia);

8. i Senati accademici non possono avere una presenza minoritaria dei rappresentanti delle facoltà, contrariamente a quanto previsto in molti Statuti (Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Sicilia - organo equivalente al Consiglio di stato che, sulla identica questione, ha deciso il contrario).

L'insieme di queste decisioni - il cui rigore giuridico è discutibilissimo - dovrebbe mostrare quanto sia urgente, come denunciato anche dalla Conferenza dei rettori, un intervento legislativo su tutte queste materie. Un intervento che, per quanto riguarda gli elettorati e la composizione degli organi non può essere rinviato agli Statuti, visto anche che ciò è già stato fatto con una legge del giugno del 1995 che testualmente affermava: "Gli statuti degli atenei stabiliscono anche la composizione degli organi collegiali" e nonostante questa chiarissima indicazione la magistratura amministrativa ha fatto proprie le ragioni dei ricorrenti e si è fermata alla legge del 1980 "rimuovendo" quella successiva del 1995. Peraltro una differenziazione per Atenei su queste questioni è incongrua con le mansioni e retribuzioni dei docenti previste uguali dalla legge per tutte le Università italiane.
Rinviare tali questioni alla cosiddetta autonomia statutaria equivale, in particolare, a negare all'Ateneo di Palermo la possibilità di applicare lo Statuto che democraticamente si è dato e rischia di estendere gli effetti devastanti delle sentenza agli altri Atenei.
Per tutti questi motivi è stato già chiesto che:

1. la composizione degli organi e gli elettorati vengano definiti per legge e non lasciati alla mercè di alcuni docenti che hanno mostrato di sapere vincere i ricorsi amministrativi;

2. alcune questioni ben individuate vengano rinviate agli Statuti sganciandoli però esplicitamente da quelle riservate alla legge in quanto attinenti dallo stato giuridico dei docenti. In questa direzione è stata avanzata una ipotesi di sub-emendamento che si riporta in calce.

È forse opportuno chiarire che la previsione di un nuovo organismo di ateneo - definito per legge - preposto alle modifiche statutarie (emendamento 1.0.200 del sen. Masullo) è indispensabile per risolvere positivamente la situazione dell'Università di Palermo, evitando che le modifiche dello Statuto di questo Ateneo vengano effettuate dal Senato accademico costituito dai soli presidi, così come pretendono i ricorrenti, contro la legge sull'autonomia, contro lo stesso Statuto dell'Ateneo palermitano e diversamente da tutti gli altri Atenei.
Se invece la legge, per questo organismo, si dovesse limitare a prevedere una "equilibrata partecipazione di tutte le componenti del mondo accademico" si consegnerebbe il delicato compito di modificare gli Statuti ai poteri forti degli Atenei o si fornirebbe materiale per nuove campagne di ricorsi.
Altra cosa, semmai, sarebbe invece precisare nella legge che questo nuovo organismo deve essere costituito con la partecipazione paritaria dei professori ordinari, dei professori associati, dei professori ricercatori, del personale tecnico-amministrativo e degli studenti, lasciando liberi gli Atenei di definire il numero e la modalità di elezione di questi rappresentanti.
Ormai da tanti anni il Parlamento italiano ha assunto sulle questioni della Città di Palermo un ruolo positivo e determinante. La soluzione positiva da parte del Parlamento della vicenda dell'Università della Città di Palermo sarebbe un'azione coerente a favore di una "Università che opera in una Città dove il rispetto delle regole da parte delle Autorità centrali, specie quando esse riguardano una istituzione delicata come quella universitaria, ha una importanza vitale", come scrivevano appena qualche anno fa alcuni Senatori nelle interrogazioni sopra ricordate.

Nunzio Miraglia

coordinatore nazionale dell'ANDU

Associazione Nazionale Docenti Universitari

Sub-emendamento all'emendamento 1.0.200 del Relatore (rielaborazione dell'emendamento 3.9 Rescaglio, Robol)
"Aggiungere il seguente comma:
"All'art. 16, quarto comma, della legge 9 maggio 1989, n.168, sono apportate le seguenti modifiche:

a) la lettera b) è sostituita dalla seguente: "b) nel senato accademico è assicurata la presenza almeno di un rappresentante per ogni facoltà;

b) alla lettera d) è aggiunto alla fine il seguente periodo: "Nelle medesime norme non è ricompresa la disciplina relativa alle limitazioni al cumulo di cariche, alle situazioni di incompatibilità derivanti dall'opzione per il tempo pieno o definito e alla composizione dei corpi elettorali."