ANDU: la conferenza dei rettori deve rappresentare gli interessi generali degli Atenei
in rete un documento elaborato dal Coordinatore dell'Associazione Nazionale Docenti Universitari, Nunzio Miraglia, sulle recenti prese di posizione del Presidente della CRUI, prof. Modica, sul ddl di stato giuridico dei Ricercatori.
ANDU
Poniamo in rete un documento elaborato dal Coordinatore dell'Associazione Nazionale Docenti Universitari, Nunzio Miraglia, sulle recenti prese di posizione del Presidente della CRUI, prof. Modica, sul ddl di stato giuridico dei Ricercatori.
Il Presidente della Conferenza dei rettori si è recentemente pronunciato sulla legge riguardante i professori associati, i ricercatori e gli assistenti, in discussione, in sede legislativa, nella Commissione istruzione del Senato. "Chiediamo - afferma Modica - che venga rispettata l'autonomia degli atenei. La legge deve solo definire in modo chiaro e inequivocabile che la composizione degli organi e le regole sull'elettorato sono demandate agli statuti, ponendo fine al contenzioso con i giudici amministrativi" (dal "Sole-24 ore" del 21 gennaio 1999).
Il fatto è che già oggi la legge definisce "in modo chiaro ed inequivocabile che la composizione degli organi" è demandata agli Statuti.
Infatti l'ultimo periodo del comma 1 dell'art. 6 del Decreto Legge 21 aprile 1995, n. 120, convertito nella Legge 21 giugno 1995, n. 143, recita: "Gli statuti degli atenei stabiliscono anche la composizione degli organi collegiali, assicurando la rappresentanza degli studenti in misura non inferiore al 15 per cento." E nonostante questo il Consiglio di stato ha dichiarato illegittima, tra l'altro, la presenza di tutti i ricercatori confermati nei Consigli di Facoltà e il Tar per la Sicilia ha aggiunto che le rappresentanze dei ricercatori e degli studenti non possono comunque votare per l'elezione dei presidi (norma contenuta negli Statuti di tutti gli Atenei), visto che ciò non è previsto dal DPR 382 del 1980 e visto che nella legge n. 168 del 1989 genericamente si richiamava alla "osservanza delle norme sullo stato giuridico", dal quale ambito, con tutta evidenza, la legge del 1995 (cioè successiva alle precedenti) "sottraeva" le questioni relative alla composizione degli organismi.
Probabilmente, come succede ad alcuni docenti "culturalmente" fermi al DPR 382/80, Modica non conosce la legge su richiamata. D'altronde la stessa magistratura amministrativa sembra conoscere poco la legge e molto i "sentimenti" dell'accademia che conta, visto che il Consiglio di stato è arrivato a dichiarare illegittima la norma che riserva ai professori e ai ricercatori a tempo pieno l'elezione negli Organi di Ateneo, norma presente nello stesso DPR 382/80, giudicata non incostituzionale nel maggio 1985 per quanto riguarda l'eleggibilità a Preside e contenuta negli Statuti di tutti gli Atenei.
Ma facciamo pure l'ipotesi che, nonostante l'evidenza contraria, l'idea di Modica di demandare agli Atenei la decisione sulla composizione degli organi e sugli elettorati attivi e passivi, sia giuridicamente praticabile. Diciamo allora che la richiesta di Modica necessiterebbe comunque di qualche "piccola" precisazione, se egli vuole proporsi di salvaguardare l'autonomia degli Atenei e non le prerogative che oggi la legge assegna, secondo l'interpretazione della magistratura amministrativa, ai soli professori ordinari. Infatti, Modica, in una visione coerente dell'autonomia degli Atenei, dovrebbe chiedere una legge che consenta di far decidere liberamente gli Atenei sulla composizione degli organi e sugli elettorati attivi e passivi non solo per quanto riguarda i professori ricercatori e i professori associati, ma anche per quanto riguarda i professori ordinari. In altri termini, una legge che volesse "liberalizzare" queste questioni non può dare per scontata alcuna "acquisizione" per nessuna fascia della docenza. Per esempio, per essere chiari, deve consentire anche di decidere di escludere dall'elettorato passivo i soli professori ordinari o di prevedere la partecipazione per rappresentanza agli organi di gestione per i soli professori ordinari.
Insomma, non si può volere il rispetto dell'autonomia solo per consentire di penalizzare le fasce "subalterne".
In alternativa a tutto ciò, occorre, come noi chiediamo, decidere per legge l'estensione dell'elettorato attivo e passivo alle tre fasce della docenza e la partecipazione di esse negli organismi.
Peraltro non si capisce per quale motivo un associato o un ricercatore o il futuro professore ricercatore, avendo mansioni e retribuzioni uguali nel territorio nazionale, dovrebbe "valere" diversamente nei vari Atenei in termini di diritti elettorali e di partecipazione agli organismi. Va considerato inoltre che gli Organismi di Ateneo che dovrebbero decidere su tali questioni sono quasi ovunque connotati da una forte presenza di professori ordinari.
Queste stesse argomentazioni sono state esposte al sen. Monticone, responsabile del Gruppo Ppi nella Commissione istruzione, in un incontro avvenuto prima dell'approvazione del Testo unificato da parte del Comitato ristretto della stessa Commissione. In quell'incontro Monticone, con l'onestà intellettuale che lo distingue, ammise che un ragionamento coerentemente autonomistico non poteva non portare ad una conclusione non garantista per nessuna fascia. Lo stesso Monticone ha poi risolto le sue perplessità partecipando personalmente alla stesura del Testo unificato (approvato da tutti i rappresentati dei Gruppi nel Comitato ristretto) che prevede l'estensione dell'elettorato passivo (pur con qualche limitazione) e attivo ai professori associati e agli istituendi professori ricercatori e prevede anche la piena partecipazione di quest'ultimi agli organi collegiali.
L'invito che vogliamo rivolgere alla Conferenza dei rettori è quello di ricordarsi di essere la somma dei rappresentanti degli interessi generali dei singoli Atenei, preoccupandosi del loro funzionamento senza penalizzare la maggioranza dei docenti che vi operano.
Nunzio Miraglia
Coordinatore nazionale dell'ANDU
(Associazione Nazionale Docenti Universitari)
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