Verso la scuola del futuro, nota di Dario Missaglia, Presidente Proteo Fare Sapere
Confrontarsi con passione e senza steccati su scelte difficili e complesse.
La pandemia ha rimesso in discussione molte certezze e aperto nuovi fronti di ricerca. Riflettere sul senso profondo di quanto accaduto può essere l’occasione per aggredire fratture antiche, guardando con apertura al mondo da costruire senza farsi catturare dal mito della “retrotopia”, come scriveva Bauman, che pure sembra prepotentemente ritornare, sotto diverse forme.
Verso la scuola del futuro
Tra dibattito intorno ai nodi del contratto scuola, ancora certo agli inizi, gli approfondimenti sul “Patto per la scuola“ ancora da decifrare per quanto riguarda le reali intenzioni della parte pubblica e il destino, ancora piuttosto indefinito, della “missione 4” del Piano nazionale di ripresa, il confronto sul futuro della scuola, prende comunque corpo.
Nei giorni scorsi con un articolo redatto insieme a Francesco Sinopoli, segretario generale FLC CGIL, abbiamo inviato tre messaggi, per noi, FLC e Proteo Fare Sapere, molto importanti: il primo era rivolto agli studenti, alle loro ansie e attese, in questa fase di scrutini ed esami; il secondo, direttamente connesso, a dirigenti e docenti per un loro impegno sulla valutazione formativa e infine, il terzo, a quella parte di intellettuali sinceramente preoccupati sulle sorti della scuola pubblica e dell’insegnamento, firmatari di un “Manifesto per una nuova scuola”, sul quale noi abbiamo espresso un giudizio critico e per alcuni aspetti polemico, pronti tuttavia a trovare i luoghi e le forme per un confronto che riteniamo importante.
I firmatari del “manifesto” non appartengono infatti a quelle “armate“ di Confindustria che ciclicamente prendono la parola per ricordare al proprio pubblico che sarebbe il tempo di valutare duramente i docenti, aumentarne l’orario di lavoro, licenziarne una buona parte, orientare l’istruzione alle esigenze del mercato moderno e via dicendo. Quei firmatari sono piuttosto un pezzo della sinistra culturale di questo Paese, che ha una lunga tradizione e una rappresentazione pubblica di tutto rispetto: molto spesso leggiamo articoli non privi di fascino del bel tempo in cui i licei, classici in primo luogo, sono stati la fucina non solo della classe dirigente ma anche di una sinistra “trasversale” a partiti e movimenti.
Licei intesi come il regno per eccellenza del pensiero critico, della severa formazione della persona, del peso e del valore dell’insegnamento delle discipline e delle competenze, della autonomia dal mercato e dal lavoro, dell’insegnamento come militanza civile di impegno per la democrazia. Questa visione idealistica della scuola ha radici profonde e non ha mai incrociato “l’altra scuola”, quella in cui i docenti si sentono artigiani che lavorano e ricercano insieme, hanno superato il concetto rigido della classe e dell’ora di lezione, della gerarchia delle discipline, pongono al centro l’apprendimento e non l’insegnamento, e di conseguenza ritengono che il futuro della scuola sia legato a un modello organizzativo in cui si lavori per team, con un approccio interdisciplinare, valorizzando il territorio e le sue risorse, ricercando le contaminazioni possibili con la cultura del lavoro e delle esperienze di apprendimento non formale. Una scuola che affonda le radici nel movimento internazionale delle scuole attive, che in Italia ha incrociato Bruno Ciari e Don Milani, Mario Lodi e il Movimento di Cooperazione Educativa, la Cgil scuola e Proteo.
Proteo si riconosce, come ha voluto ricordare nel Convegno su Bruno Ciari con cui ha aperto il lungo viaggio verso la Conferenza nazionale di programma, in questo secondo approccio politico, culturale e pedagogico. Per queste ragioni, e impegnando in questo caso solo la mia persona, ho sottoscritto il documento che volentieri pubblichiamo per offrirlo alla riflessione di tutti. Come molti documenti, ha le sue parzialità e dovrà essere integrato dalla ricchezza del dibattito ma è condivisibile perché soprattutto usa i toni giusti.
Oggi la pandemia ha rimesso in discussione molte certezze e aperto nuovi fronti di ricerca. Riflettere sul senso profondo di quanto accaduto può anche essere l’occasione per aggredire fratture antiche, guardando con apertura al mondo da costruire senza farsi catturare dal mito della “retrotopia”, come scriveva Bauman, che pure sembra prepotentemente ritornare, sotto diverse forme.
Tutti noi, nessuno escluso, dovremmo evitare di rifugiarci nelle granitiche certezze antiche, sgretolate da un trauma che dobbiamo far diventare generativo; perché questa è la nostra responsabilità nei confronti delle nuove generazioni. Ben vengano dunque sedi e occasioni affinché a sinistra, in tempi di scelte dirimenti, ci si confronti con passione e senza steccati sul futuro della scuola e sulle scelte difficili e complesse che la attendono.
Dario Missaglia
16 giugno 2021
Una nuova scuola che guarda al futuro
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