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Sistema Nazionale di Valutazione: tutto da rifare!

Continuano dichiarazioni propagandistiche su un uso generalizzato delle prove Invalsi per misurare la perdita degli apprendimenti in epoca di didattica a distanza. La FLC CGIL sostiene la professionalità del personale scolastico che ha permesso alla scuola di non fermarsi mai e rilancia la necessità di riformare il SNV.

17/02/2021
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Continuano a mezzo stampa le dichiarazioni di principio dei sostenitori, per lo più “esperti di politiche scolastiche”, della necessità, a maggior ragione quest’anno, della somministrazione delle prove Invalsi per “misurare la consistenza della perdita degli apprendimenti” legati al periodo di sospensione di didattica in presenza con il conseguente passaggio alla didattica a distanza.

Deduciamo quindi dal parere di questi “esperti” che l’apprendimento è sommativo, ovvero esista una “quota di nozioni da raggiungere” a fine anno: le prove Invalsi, dichiarano, permetterebbero di definire i ritardi e programmare le attività di recupero nei periodi di giugno, luglio e settembre, fuori dal calendario scolastico.

Naturalmente come FLC CGIL abbiamo da subito contestato quest’idea: intanto perché abbiamo sempre sostenuto che la didattica a distanza non possa sostituire la didattica in presenza, ma abbiamo anche sostenuto sempre l’enorme professionalità del personale scolastico (docenti, educatori, dirigenti ed ATA) che ha permesso in questi mesi di poter mantenere vivo il patto educativo fra scuola, famiglie ed alunni, attraverso l’espressione di un’altra forma di didattica.
E’ bene ricordare a chi fa finta di non saperlo che la scuola non si è mai fermata in questi mesi, si è adattata, si è aggiornata e formata, ma non si è mai riposata né è andata in ferie.

Inoltre, corre l’obbligo di fare delle precisazioni e dei distinguo sulle tesi degli “esperti”.

  1. Considerare le prove Invalsi come strumento di misurazione degli apprendimenti dei singoli è fuorviante e del tutto assente perfino dalle finalità previste dal DPR 80/2013: chi lo sostiene accentua la strumentale curvatura di uno strumento di valutazione del sistema per indirizzarlo sulla valutazione dei singoli. Chi afferma che serve l’Invalsi per definire presunte lacune di apprendimento non solo non capisce di scuola, di didattica e di valutazione, ma soprattutto invade un campo che non gli compete: la valutazione degli alunni e la definizione di percorsi di recupero e potenziamento è un processo complesso che sta in capo ai docenti ed ai collegi dei docenti, gli unici che hanno responsabilità organizzativa in merito alla didattica.
  2. Le prove Invalsi riguardano esclusivamente alcune discipline e sollecitano soltanto alcune competenze e saperi (mancano prove per molte discipline scientifiche, per discipline artistiche e musicali, per molte discipline linguistiche …).

Sarebbe profondamente sbagliato farne l’unico strumento per una valutazione generalizzata degli apprendimenti.

  1. Le prove Invalsi forniscono soltanto un dato (peraltro fotografia di un momento) che -messo insieme ad altri di contesto- deve essere oggetto da parte delle scuole di una riflessione di autovalutazione del proprio percorso di miglioramento e non di valutazione dei singoli.
  2. Infine, ma non per ultimo, le prove Invalsi riguardano soltanto alcuni alunni di alcune classi e di alcuni aspetti del sistema scolastico ed educativo, dal momento che non agisce né sui CPIA né sui CFP che sono comunque chiamati -sotto diverse forme- a contribuire all’assolvimento dell’obbligo scolastico di decine di migliaia di alunni.

Per questi motivi, ma anche per altri, non si capisce l’accanimento degli “esperti” sull’insistere, a maggior ragione in un momento di conclamata crisi sanitaria, nel voler confermare le prove Invalsi in quest’anno scolastico, dal momento che non sarebbero affatto uno strumento di misurazione di una presunta perdita degli apprendimenti, ma un semplice monitoraggio dello stato di salute del sistema scolastico.
Senza considerare che la loro organizzazione, che per la scuola primaria prevede la somministrazione cartacea, graverebbe ancora una volta sulle scuole chiamate all’ennesimo sforzo straordinario, logistico ed organizzativo, per garantire -in condizione di precarietà di organici e di spazi- le condizioni di sicurezza necessarie anche in considerazione del fatto che è prevista la partecipazione di esperti esterni.

Inoltre è bene anche ricordare che non esiste una serie storica comparabile (gli alunni sono sempre diversi nel tempo): paradossalmente per avere maggiore senso e più utilità sarebbe da pensare, in condizioni normali, a più prove Invalsi nel corso dell’anno scolastico, una in entrata ed una in uscita, sulle stesse classi, sugli stessi alunni.

La FLC CGIL ritiene che invece quest’anno, come lo scorso, le prove debbano essere sospese approfittando di questa situazione per ripensare la loro strutturazione e la loro funzione: abbiamo bisogno di un sistema di valutazione nazionale effettivamente efficace e utile per le politiche scolastiche, finalizzato a processi di autovalutazione delle scuole e non a graduatorie da sbandierare ad ogni pié sospinto.

Per questo occorre che

  • le prove Invalsi siano campionarie (si risparmierebbero tempo e soldi individuando un campione scientificamente rappresentativo al quale somministrare le prove anche più volte durante l’anno, lasciando aperta la possibilità alle altre scuole di partecipare facoltativamente);
  • gli esiti delle prove siano rivelati esclusivamente agli interessati per non generare delle inutili graduatorie o dei punti di riferimento per inutili e fuorvianti strumenti di benchmarketing (Scuole in chiaro ed Eduscopio, per intenderci);
  • gli esiti delle prove servano al decisore politico per una valutazione seria delle politiche scolastiche attuate dal Ministero e dal Parlamento e per avviare percorsi mirati di miglioramento per i quali occorre un investimento serio di risorse (organici e fondi per il miglioramento): per questo è inoltre necessario che l’Invalsi, come Ente di Ricerca, sia reso autonomo dal Ministero dell’Istruzione, e non incardinato -come è adesso- negli Ordinamenti;
  • il corpo ispettivo, a cui affidare il compito di accompagnare le scuole nel processo di autovalutazione e miglioramento, sia finalmente irrobustito;
  • sia diffusa una cultura della valutazione come strumento di miglioramento e non come mezzo punitivo, al di fuori da ogni logica di mercato di tipo liberale.

Su questi temi siamo pronti a confrontarci con il prossimo ministro: la FLC CGIL ha già presentato una sua elaborazione ed avviato una discussione che rafforzerà nelle prossime settimane, dal momento che ogni sistema di valutazione ha un senso quando il percorso che lo determina è chiaro e partecipato e le finalità sono sostenibili, condivise e coerenti.

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