Scuola: poli tecnico-professionali - istruzione tecnica superiore
Dopo il decreto Bersani a che punto siamo.
A due mesi dalla conversione nella legge 40/07 del decreto Bersani facciamo il punto sulla definizione e sullo stato di avanzamento dei poli tecnico-professionali introdotti con questa legge.
Il Ministero della pubblica istruzione ha dato grande risalto a questa innovazione, contrariamente a quanto accaduto con il comma 622 della legge finanziaria che innalza l’obbligo di istruzione, i cui effetti procedono quasi in sordina e in netto ritardo sui tempi della scuola (sono all’esame del CNPI il Regolamento e i documenti sulle competenze da conseguire nel biennio).
Il 15 e il 16 di
maggio scorso
il Ministero della pubblica istruzione ha indetto un seminario di due giorni per presentare l’innovazione dei poli tecnico-professionali e l’iniziativa ha ottenuto l’attenzione di molti soggetti sociali, della scuola stessa in primo luogo, in particolare gli istituti professionali, salvati dal purgatorio in cui li aveva confinati la Moratti, ma anche di Confindustria che ha colto l’opportunità per esprimere il proprio pensiero sull’efficienza di una scuola fondata sul merito, sulla gerarchia e su stringenti processi di razionalizzazione, e poi di enti di formazione, Regioni, istituti di ricerca.
Dal seminario però non è uscita alcuna indicazione d’indirizzo entro cui procedere con chiarezza per configurare i poli tecnico-professionali e quale ruolo e strutturazione debba avere nei Poli la nuova istruzione tecnica superiore.
Al di là della certezza rappresentata dal ritorno degli istituti professionali nell’alveo del sistema di istruzione, molti sono gli interrogativi aperti su cui non vi è alcuna chiarezza.
Le stesse dichiarazioni del vice ministro Bastico, che si sono dilungate in molte occasioni su obiettivi e percorsi per una nuova politica dell’istruzione tecnica e istruzione professionale, rispetto alla definizione dei poli, restano solo dichiarazioni d’intenti molto vaghe.
I percorsi sperimentali triennali: la legge finanziaria ne stabilisce la transitorietà fino alla messa a regime dell’obbligo di istruzione (di cui dovrà essere stabilita la decorrenza nell’apposito regolamento), ma ritornano sulla scena dei poli tecnico- professionali.
Infatti il comma 2 dell’art. 13 della legge 40/07, dice testualmente “
Fatta salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e nel rispetto delle competenze degli enti locali e delle regioni, possono essere costituiti, in ambito provinciale o sub-provinciale, “
poli tecnico-professionali” tra gli istituti tecnici e gli istituti professionali, le strutture della formazione professionale accreditate ai sensi dell’articolo 1, comma 624, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e le strutture che operano nell’ambito del sistema dell’istruzione e formazione tecnica superiore denominate “istituti tecnici superiori” nel quadro della riorganizzazione di cui all’art. 1, comma 631, della legge 27 dicembre 2006, n. 296”.
Ma il comma 624 della legge finanziaria è appunto quello che regolamenta la prosecuzione dei percorsi triennali fino alla messa a regime dell’obbligo di istruzione.
Con la formula inserita nella legge 40/07 sembra dunque che i percorsi triennali ricevano nuova linfa vitale, diventando parte integrante dei poli tecnico professionali mentre il comma 624 della legge finanziaria ne ha decretato la transitorietà.
E’ una contraddizione che va risolta: la legge finanziaria va applicata senza ombre o sfumature e quindi i percorsi sperimentali triennali devono mantenere il carattere transitorio loro assegnato, sin
dal momento
della loro definizione e confermato dalla Finanziaria, e non assurgere ad elementi costitutivi dei poli.
E’ urgente pertanto inserire in un prossimo dispositivo di legge una formula più corretta sulla presenza transitoria di tali strutture nei poli, in coerenza con il dettato della legge finanziaria 2007.
Il ruolo dei poli tecnico- professionale è fondamentale per la definizione a sistema di un nuovo ordinamento d’istruzione nazionale superiore. La forma consortile permette, inoltre, un collegamento con le peculiarità economiche e produttive di un territorio attraverso la creazione di strutture flessibili che nel tempo sappiano adattarsi ai bisogni di un territorio.
I poli possono rappresentare il nucleo stabile ed organico per una diffusione della cultura scientifica- tecnica di supporto alle misure per la crescita sociale ed economica di un territorio, ma proprio per questo bisogna creare tutte le condizioni affinché vi sia una distribuzione organica sui territori con la piena responsabilità degli enti locali preposti alla programmazione dell’offerta formativa territoriale.
L’offerta formativa dei Poli si dovrà sviluppare attraverso un percorso che parta dall’offerta formativa proposta dagli istituti tecnici e professionali, che li costituiscono, per poi ampliarsi con opportunità di specializzazioni con gli ITS.
Il loro ruolo deve essere sostenuto da una coerenza tra indirizzi di politica economica ed industriale dei territori e la politica di sistema per l’alta formazione, il cui finanziamento sicuramente non può essere affidata principalmente alle donazioni.
In tal senso le risorse nazionali devono essere adeguate alle finalità che si dichiara debbono avere i Poli , né si può pensare che siano ipotetiche donazioni lo strumento a risolvere questi problemi. Oltretutto tali investimenti non sarebbero disponibili in modo omogeneo sui territori, vista la grande variabilità del tessuto economico del Paese, e non sarebbero certo irrisorie risorse perequative previste a risarcimento a poter riequilibrare situazioni economiche e produttive profondamente differenziate.
L’Istruzione tecnica superiore: ancora resta sconosciuta la nuova formula dell’ITS. La riformulazione definita nella legge finanziaria ad oggi non ha ancora avuto alcuna esplicitazione, fatto salvo quanto previsto nella legge 40/07 che li definisce parte integrante dei poli tecnico-professionale.
Non viene ancora definito cosa resterà dei precedenti IFTS; si presuppone che la loro forma consortile di aggregazione di più enti formativi resti.
Infatti solo l’integrazione di enti quali la scuola, l’università, la ricerca, la formazione professionale, e l’impresa permettono di realizzare un’offerta di alta formazione che risponda alle necessità di nuove competenze per l’innovazione tecnologica necessaria per lo sviluppo del Paese .
I nuovi ITS dovranno dare risposte di alta professionalità alle esigenze dei contesti territoriali, anche in base a quel ruolo che assumeranno all’interno dei poli tecnico-professionali che si vogliono costruire, in forte sinergia e raccordo con i soggetti istituzionali e sociali ed all’interno della programmazione territoriale.
Roma, 7 giugno 2007
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