Prove Invalsi: così non va. È necessario cambiare rotta
Presentate a Roma le prove Invalsi per l’anno scolastico in corso. La FLC CGIL chiede al Ministro Carrozza di fermare l’inutile deriva dei test e modificare radicalmente il Regolamento sul sistema nazionale di valutazione.


Ci siamo: anche quest’anno è arrivato il momento delle prove Invalsi:
- il 7 e il 10 maggio si svolgeranno nelle classi II e V della primaria.
- il 14 maggio nella classe I della secondaria di primo grado
- il 16 maggio nella classe II della secondaria di secondo grado.
E, dulcis in fundo, il 17 giugno si svolgerà la prova inserita nell’esame di Stato conclusivo del primo ciclo.
Recentemente l’Invalsi ha pubblicato una nota sullo svolgimento delle prove per gli allievi con bisogni educativi speciali. Come avvenuto lo scorso anno, In buona sostanza, il dirigente scolastico valuterà caso per caso e deciderà se l’allievo svolgerà la prova separatamente, in altro locale, con l’ausilio dei docenti o meno.
Non è prevista alcuna rilevazione sui livelli di inclusività e sulla capacità di integrazione dell’istituto.
Se sull’integrazione l’approccio è assai carente, su altri piani l’Invalsi si profonde invece in una sventagliata di promesse, tra le altre:
- prevede di restituire i risultati delle prove alle scuole già all’inizio di settembre,
- contrasterà il cosiddetto cheating (l’alterazione scorretta degli esiti delle prove da parte degli allievi e/o della scuola)
- comincerà a restituire informazioni atte a consentire alle scuole una comparazione con il proprio passato
- avvierà la costruzione di un archivio ragionato con le principali esperienze di utilizzo dei dati
- fornirà alle scuole un format nel caso volessero rendere pubblici i propri risultati.
E non si ferma qui, ulteriori sviluppi sono previsti:
- si intende lavorare a prove inseribili in un esame di stato riformato fin dal 2015 e adoperabili ai fini di orientamento e selezione nei successivi percorsi universitari (fin dal 2014)
- si definiranno prove per la lingua inglese e le competenze scientifiche nelle scuole del primo ciclo
- si transiterà verso l’uso del computer
- verrà pubblicata una “banca prove” a disposizione delle scuole per compiere proprie autonome valutazioni (e chi meglio dell’invalsi stesso potrebbe fornire i materiali del teaching to test?)
- si ripenserà la scansione temporale delle prove nel ciclo complessivo degli studi.
Avanti tutta quindi, e poco importa se restano irrisolti e confermati tutti i nodi già denunciati:
- un atteggiamento autoritario (codificato dall’approvazione del regolamento da parte di un governo che aveva già chiuso il suo mandato)
- un’impostazione parziale e riduttiva: tutto viene ridotto alle prove e, come se non bastasse, le prove hanno grossi limiti. Al tempo stesso, il ruolo dell’Invalsi si dilata in modo invasivo a coprire ambiti non propri, ma spettanti a chi ha ruolo politico e non tecnico, oltre a svilire progressivamente dell’immagine stessa dell’autonomia scolastica
- nessuna risorsa al sistema scolastico per avviare reali processi di valutazione e autovalutazione
- un silenzio sprezzante sull’aggravio di lavoro per il personale docente e di segreteria che deve essere riconosciuto economicamente
- un’apertura sostanziale all’utilizzo “selvaggio” degli esiti delle prove in funzione di improprie e deleterie competizioni tra scuole (il cosiddetto format onnicomprensivo ci sembra una vera foglia di fico)
- si nega che le prove servano alla valutazione degli alunni mentre si mantiene la prova d’esame per il primo ciclo (che ne altera e stravolge gli esiti) e si procede con la sua introduzione anche nel secondo ciclo.
Non è davvero questa la direzione che serve alla scuola.
Ricordiamo che:
- sui test INVALSI giusto un anno fa veniva approvato un ordine del giorno all’art. 51 del DL 5/2012 che impegnava il Governo affinché, “ai fini di un adeguato potenziamento del sistema nazionale di valutazione delle istituzioni scolastiche, siano assicurati adeguati criteri, tra cui la previa individuazione con metodo statistico del campione su cui effettuare le rilevazioni, nonché la somministrazione delle prove mediante rilevatori esterni adeguatamente formati e la diffusione dei risultati alle istituzioni scolastiche coinvolte".
- contro le prove censuarie si sono dichiarate una serie di associazioni professionali, studentesche e dei genitori solo un paio di mesi fa.
- la comunità scientifica si è ripetutamente espressa contro la validità dei test quale indicatore di misurazione della qualità del sistema di istruzione.
Perché proseguire in maniera cieca e ideologica su questa strada?
La FLC CGIL ritiene che occorra:
- modificare radicalmente il regolamento sulla valutazione,
- restituire protagonismo alle scuole e ai docenti,
- coinvolgere i decisori politici e la società tutta in un dibattito che riattualizzi le finalità della scuola declinandone l’inclusività e la qualità nella società attuale,
- abolire le prove invalsi d’esame,
- ripristinare una rilevazione degli apprendimenti su base campionaria.
Per fare tutto ciò la FLC CGIL ha deciso nel proprio Comitato direttivo di predisporre un appello, che verrà pubblicato nei prossimi giorni, per avviare una capillare raccolta di firme tra il personale della scuola, tra gli studenti le famiglie e la cittadinanza e di proseguire il confronto con le associazioni professionali, studentesche e dei genitori che hanno sottoscritto il documento sul Regolamento sul sistema nazionale di valutazione per definire una grande iniziativa pubblica e aperta che costituisca il preludio ad una consultazione nazionale. Su tale tema verrà chiesto con urgenza un incontro con il nuovo Ministro dell’Istruzione.
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