Mobilità scuola 2023/2024: un percorso ad ostacoli
Il ministero non sblocca la lunga attesa. Aumenta il ritardo e il clima di incertezza, ma la responsabilità non è dei sindacati. La mobilità deve tornare ad essere interamente materia negoziale.
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La trattativa sulle modifiche del CCNI mobilità 2022-2025 del personale docente, educativo e ATA è ferma dal 14 dicembre scorso dopo un confronto serrato tra ministero e sindacati durato due mesi e 8 incontri, al termine del quale, tra alti e bassi, sembrava che l’accordo fosse vicino.
Da allora tutto si è arenato e le varie interlocuzioni a latere hanno avuto un esito piuttosto “attendista”, ritardando così la possibilità di arrivare ad una soluzione definitiva e nei tempi concordati.
SPECIALE MOBILITÀ
Il tema centrale e dirimente è quello del superamento del vincolo triennale di permanenza che, è bene ricordare, riguarda sia i docenti neo-assunti che i neo-trasferiti, qualora essi intendano presentare una nuova domanda interprovinciale se già provenienti da altra provincia.
L’attuale formulazione del CCNI 2022-2025, non firmato dalla FLC CGIL, da UIL scuola, da Gilda e da SNALS, assume la legge vigente al momento della sottoscrizione e pone questi limiti. Ad oggi, però, tali norme sono state abrogate ed è necessario riaprire il contratto e modificare le parti interessate, affinché non ci siano disposizioni in contrasto prima dell’avvio delle prossime operazioni a.s. 2023/2024.
L’emendamento presentato al Decreto milleproroghe e finalizzato al rinvio dell’applicazione del vincolo dopo il periodo di prova e formazione con test finale previsto dal DL 36/22, è stato stralciato dal Consiglio dei Ministri perché ostativo nel programma di realizzazione del PNRR di cui il DL 36/22 è decreto attuativo.
Per quanto riguarda i docenti assunti prima del 1 settembre 2022, che hanno quindi già assolto il periodo di prova e formazione in precedenza, non esiste legge che imponga il triennio di permanenza sulla sede; tutti devono poter accedere alla mobilità ai sensi dell’unico principio regolatore rimasto, individuato dal CCNL 2018 art.22 c.4 a1, dove si prevede il vincolo solo in caso di esito ottenuto nella domanda volontaria su preferenza puntuale nonché, esteso, all’interno del medesimo comune.
A maggior ragione si rende necessario e urgente aggiornare il testo del CCNI con la prosecuzione della trattativa.
Rispetto al cronoprogramma dettato dal ministero, i tempi sono molto avanzati: compatibilmente con il conferimento di incarico alla nuova Capo dipartimento che si avvicenda al dirigente uscente, occorre riprendere subito il negoziato e, soprattutto, le redini della questione. Non è infatti all’esterno che vanno delegate decisioni su temi così specifici come mobilità e continuità didattica, perché serve l’analisi larga e competente di chi conosce il mondo della scuola.
Da sempre, come FLC CGIL sosteniamo l’assurdità di affrontare gli argomenti in modo separato ricorrendo ad interventi legislativi spesso punitivi: la continuità didattica non va risolta con l’impedimento a trasferirsi, ma con un piano straordinario di reclutamento, di incremento degli organici e l’analisi sulle regole contrattuali.
Il punto è proprio qui: l’intera materia della mobilità deve tornare nell’alveo del CCNL (la discussione all’ARAN non è ancora iniziata) e del CCNI: solo intraprendendo questo percorso si riusciranno a tenere in equilibrio le esigenze di funzionamento delle scuole e la qualità dell’offerta formativa, con le attese di decine di migliaia di docenti, i cui bisogni non devono essere considerati come ultimi della fila.
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