L’assunzione diretta … l’esperienza di chi l’ha vissuta
Per conoscere i sistemi scolastici stranieri basta acquistare qualche testo ormai reperibile in tutte le librerie più fornite. Per conoscere dati sugli stipendi o i contratti di lavoro degli insegnanti ci si può rivolgere a pubblicazioni di agenzie specializzate nella raccolta di questi dati. Ma sapere esattamente come si svolge il lavoro di un insegnante, la sua vita con gli alunni, le sue relazioni con i colleghi e con l’istituzione scolastica è più difficile.
Per conoscere i sistemi scolastici stranieri basta acquistare qualche testo ormai reperibile in tutte le librerie più fornite. Per conoscere dati sugli stipendi o i contratti di lavoro degli insegnanti ci si può rivolgere a pubblicazioni di agenzie specializzate nella raccolta di questi dati. Ma sapere esattamente come si svolge il lavoro di un insegnante, la sua vita con gli alunni, le sue relazioni con i colleghi e con l’istituzione scolastica è più difficile.
La rivista dell’Internazionale dell’Educazione dedica normalmente a questo argomento un articolo in una rubrica intitolata “Un giorno nella vita di…”. Da questa rubrica abbiamo pensato di trarre la descrizione del noviziato di una giovane insegnante scozzese, vista l’attualità dell’argomento nel nostro Paese, in tempi di nuove immissioni in ruolo. Scopriremo come, indipendentemente dai contesti scolastici e istituzionali (l’autonomia scolastica scozzese prevede, ad esempio, l’assunzione diretta), una condizione simile a quella del nostro precariato costituisca il viatico che anche lì ogni nuovo docente deve affrontare.
“Panico: attendevo davanti all’ufficio del direttore il colloquio da cui dipendeva il mio destino. Il mio avvenire dipendeva da quei 25 preziosi minuti.” Inizia così la testimonianza di Michelle Scott, giovane insegnante scozzese ormai al quarto anno di attività, evidentemente ancora in prova, come si desume dall’articolo. “Avevo attraversato alti e bassi per arrivare lì. L’Istituto Moray House mi aveva dato buone basi per preparare le mie lezioni, le competenze essenziali e il senso di organizzazione e mi aveva messo in contatto con l’Educational Institute of Scotland, il sindacato degli insegnanti scozzesi. Ma sono stati i miei primi posti di lavoro che mi hanno fatto assaggiare la realtà. Primo giorno, prima bordata di insulti, una bottiglia di Coca che vola attraverso l’aula scolastica. Trenta mostri in età prepuberale che approfittano dell’insegnante-allieva. Aaaargh!”
Dunque il primo anno si configura come anno di tirocinio, l’insegnante è ancora un’allieva, appunto, e l’assunzione avviene per via diretta da parte del capo di istituto previo colloquio di circa mezz’ora. Infatti una volta uscita dal tunnel del tirocinio la nostra Michelle deve mettersi alla ricerca di un lavoro.
“ Il mio primo contratto aveva la durata iniziale di due anni. Ero riconoscente dell’opportunità che mi era stata data di istallarmi in una scuola e di avere un contratto più lungo della maggior parte dei miei colleghi. Infatti la tendenza sembra essere quella di evitare di assegnare dei posti permanenti o a tempo pieno, una tendenza che può rivelarsi quanto meno destabilizzante.”
Il primo anno non è facile: la scuola è divisa in diverse località, occorre fare la spola da una all’altra, delle classi una è una quarta che venera il vecchio insegnante. Cadono i miti: “Volevo essere la superprof, il tipo che spinge generazioni di adolescenti a fare il loro dovere, a non uscire il venerdì sera per stare a casa a leggere, a preferire un libro a un film. Scoprire che non avrei cambiato il mondoe che mi sarei dovuta accontentare di piccole vittorie mi ha depresso.”
E’ in questo periodo che Michelle Scott entra in contatto col sindacato sia per le sollecitazioni che arrivano da alcuni colleghi sia per le visite dei delegati sindacali. L’Eis offre un’attenzione specifica ai giovani docenti oltre a mantenere, secondo Michelle, una buona politica sul terreno contrattuale e sulla questione dell’uguaglianza. Ma è nel secondo anno di lavoro che avviene il battesimo del fuoco.
“Classi difficili ed un orario completo mi avevano fatto dubitare delle mie capacità. Ho conosciuto successi esaltanti e insuccessi terribili. Le eccellenze erano troppo alte e le deficienze troppo basse. Con l’aiuto dei miei colleghi e qualche saggio consiglio ho tenuto duro.”
L’anno successivo Michelle si mette in lizza per un posto vacante permanente nella sua scuola e riesce ad ottenerlo, dopo il colloquio da cui prendeva le mosse la nostra storia.
“Facevo finalmente parte della comunità scolastica. Gli alunni mi dicevano buongiorno in corridoio e conoscevano il mio nome. Le cose sono divenute più facili. Potevo pianificare un po’ meno e mettere meglio a fuoco le priorità. Ho potuto avere finalmente una vita per me – a giugno, finalmente! Oggi una nuova era si presenta davanti a me. Ho visto gli allievi della mia prima classe divenire adulti, ho organizzato la mia prima gita scolastica con pernottamento a Londra. Sto cominciando a seguire un corso di formazione sulla gestione.”
Roma, 6 settembre 2001
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