Istruzione professionale: ma cosa partirà a settembre 2010?
Il Calvario della Istruzione Professionale di Stato tra nuovi curricoli quinquennali e vecchie qualifiche triennali, tra decreti non emanati ed arte di arrangiarsi.
Nei mesi scorsi in Conferenza Unificata è stato raggiunto l’Accordo sulle qualifiche triennali e quadriennali.
Il rilascio delle qualifiche è competenza delle Regioni, ciascuna delle quali deve emanare gli atti che assumono i contenuti di quell’Accordo.
Entro il 30 giugno le Regioni devono, comunque, decidere cosa e come fare per l’a.s. 2010/11.
In attesa che ogni regione proceda agli adempimenti necessari, nella fase transitoria lo Stato può/deve provvedere alla surroga, sostituendosi alle Regioni, nell’attivazione dei percorsi che portano al rilascio delle qualifiche triennali.
Solo la Lombardia si è dotata per tempo (anche se con metodi, contenuti e finalità discutibili) di un proprio percorso per arrivare alle nuove qualifiche ed si è assunta da subito la responsabilità della erogazione delle stesse.
Ma nelle altre Regioni ciò non è avvenuto, né si sono costruiti progetti o definiti atti di transizione al nuovo sistema delle qualifiche regionali.
Le modalità, quindi, con le quali partirà il nuovo anno scolastico per l’istruzione professionale sono diverse, piene di incognite e contraddizioni, perchè:
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Il Regolamento dice espressamente che, in fase di surroga, l’istruzione professionale di stato eroga le vecchie qualifiche e non le nuove
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la struttura delle prime classi dell’a.s. 2010/11, anch’essa definita per regolamento, è funzionale ad un percorso quinquennale che termina con l’esame di stato ed il rilascio del diploma, non ad un percorso triennale, che termina con la qualifica
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il curriculum della prima classe dell’istruzione professionale è costruito su un ciclo quinquennale e non su un ciclo breve con uscita al terzo anno: non solo la cadenza, ma né le quantità orarie e in alcuni casi neppure le discipline sono quelle di un percorso triennale.
Per gli alunni iscritti per l’a.s. 2010/11 alla prima classe degli istituti professionali le conseguenze di questa situazione confusa e complicata sono che:
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acquisiranno non la nuova qualifica, definita nell’Accordo dell’Aprile scorso, ma la vecchia, attualmente definita dal sistema statale di istruzione professionale, che però è già obsoleta e rischia di non essere riconosciuta dalle regioni;
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è dubbio che il percorso intrapreso possa portarli alla qualifica triennale, visto che il percorso è costruito per un esito quinquennale
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avranno competenze e conoscenze che, per tempi, quantità e contenuti degli insegnamenti, risulteranno diverse sia dalle competenze e conoscenze richieste per le vecchie qualifiche sia da quelle richieste per le nuove.
Non escludiamo che alla fine la scelta si scaricherà sulle scuole e le soluzioni potrebbero essere molto differenziate e perfino bizzarre anche all’interno dello stesso territorio.
Ci saranno istituti che faranno leva sulla flessibilità del 25% (che però dovrebbe essere oggetto di una ulteriore definizione mancante, quella delle cosiddette “opzioni di filiera”, rinviata a un apposito decreto ministeriale non ancora pubblicato); istituti che utilizzeranno il 20% di autonomia; istituti che tenderanno alla conservazione, “ più larga possibile”, dell’esistente; ci sarà chi farà leva sulla creatività di insegnanti e dirigenti, e chi su tutto questo messo insieme ed anche su altro e di più.
E’ evidente che manca qualcosa di essenziale.
Manca non solo un progetto, ma anche la saldatura a un quadro istituzionale certo e definito che il MIUR non è in grado o non ha avuto il tempo di dare..
In questo senso l’autonomia viene usata come foglia di fico che copre l’arte di arrangiarsi.
Abbiamo segnalato da tempo come l’istruzione professionale fosse il punto più critico e più debole del riordino della scuola secondaria superiore.
Abbiamo denunciato l’impossibilità concreta, al di là del nostro giudizio di merito negativo, di attuare il nuovo ordinamento dal primo settembre 2010, dati i tempi ristrettissimi e l’assenza degli atti necessari alla sua attuazione, senza i quali nessuno sa cosa e come fare.
Lo stesso Ministero, nel corso dell’ultimo incontro, ha in qualche modo riconosciuto questa difficoltà.
Ma nulla ferma la determinazione tremontiana a procedere nel riordino, come stabilito dai Regolamenti appena pubblicati in Gazzetta Ufficiale, perché i risparmi che ne derivano costituiscono una priorità assoluta, cui sacrificare tutto.
In particolare, sull’istruzione professionale incidono e si incontrano/scontrano le competenze esclusive statali sul sistema di istruzione e quelle esclusive regionali sulla Formazione professionale.
Nel caso di questo segmento di scuola gli studenti risultano essere davvero figli di un dio minore!
Per tutte queste ragioni, ribadiamo con forza e convinzione la richiesta di rinvio di un anno dell’attuazione del riordino.
Fermarsi è un atto dovuto!
Roma, 17 giugno 2010
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