Il Governo ai Dirigenti: Tutti al mio servizio
Il ddl 1696 sul riordino della Dirigenza statale dalla Camera dei Deputati, che lo ha approvato, passa al Senato della Repubblica come ddl 1052.
Il ddl 1696 sul riordino della Dirigenza statale dalla Camera dei Deputati, che lo ha approvato, passa al Senato della Repubblica come ddl 1052.
La maggioranza parlamentare, a sostegno della proposta del Governo, persegue il suo disegno di asservire all’Esecutivo la Dirigenza di stato, assestando duri colpi alla sua autonomia gestionale come si è venuta configurando in seguito al processo riformatore avviato con il D.L.vo 29/93 (oggi ricompreso nel D.L.vo 165/2001).
Uno dei cardini su cui si basa questo tentativo è rappresentato dalla decontrattualizzazione del rapporto di lavoro, col ripristino della supremazia della legge sui Contratti: esattamente il contrario di quanto faticosamente costruito in questi anni attraverso la delegificazione del rapporto di lavoro e la sua progressiva contrattualizzazione.
Altro elemento regressivo è costituito dall’azzeramento degli incarichi di livello dirigenziale generale ad ogni cambio di governo, con estensione del metodo alla dirigenza di seconda fascia.
Tale disposizione entrerebbe in vigore da subito per la Dirigenza di livello generale, mentre la Dirigenza di seconda fascia, in via transitoria, verrebbe valutata da una commissione appositamente costituita: in caso di valutazione non negativa, decorsi novanta giorni, l’incarico si intenderebbe confermato.
Finisce così l’autonomia gestionale del Dirigente, che verrebbe paralizzato e condizionato nelle sue scelte amministrative, soprattutto in prossimità delle scadenze di legislatura o in occasione di qualsiasi turbolenza politica.
La stessa intenzione, di "presa" del potere politico sulla dirigenza, è sottesa all’ampliamento della discrezionalità nell’affidamento degli incarichi, laddove si modifica l’articolo 19 del D.L.vo 165/2001 cancellando il criterio dell’esperienza compiuta come uno dei principali strumenti orientativi nel conferimento degli incarichi stessi.
Nella medesima direzione va l’abolizione del criterio della rotazione, perché criterio obiettivo che impedisce i margini della discrezionalità dell’Amministrazione.
Ha lo stesso segno, infine, l’abolizione del ruolo unico perché essa consegna ad un solo soggetto, il Ministro della Funzione pubblica, i processi di mobilità con il risultato di rafforzare la dipendenza dal decisore politico, che certamente avrà ampi margini per non seguire criteri di reale necessità delle Amministrazioni. Un altro modo per indurre i Dirigenti alla ricerca di protezioni per l’affidamento degli incarichi a cui si aspira. Cosa peraltro rafforzata dal fatto che, in caso di nuovo incarico non equivalente al precedente per carenza di posti o per mancanza di specifiche qualità professionali, si affiderà un incarico di studio con trattamento economico equivalente ma solo per un anno.
La Dirigenza Scolastica è apparentemente indenne da questi processi, dal momento che la sua specificità di Area V non consente transiti impropri nel settore scuola.
E’ vero, tuttavia, che la manomissione dell’articolo 19 e la proposta di sottoporre tutti i Dirigenti di seconda fascia a revoca di incarico ad ogni cambio di Governo e, in prima applicazione, previa valutazione di una commissione appositamente costituita, crea scenari inquietanti per tutti i Dirigenti, compresi i Dirigenti Scolastici.
E’ un disegno che va contrastato con fermezza, perché non si affermi un modello corporativo e servile della funzione dirigenziale dello stato, e perché non si gettino ostacoli nel cammino appena iniziato delle scuole autonome. Le quali, nel loro cammino di crescita e sviluppo, hanno, come ha sottolineato il Contratto dell’Area V della Dirigenza di Scuola nel suo primo articolo, proprio nel Dirigente Scolastico il principale autonomo protagonista.
Roma, 4 febbraio 2002
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