Graduatorie, dilettanti allo sbaraglio
Pubblichiamo l'articolo di Enrico Panini, apparso in data odierna sul quotidiano "Italia Oggi"
Pubblichiamo l'articolo di Enrico Panini, apparso in data odierna sul quotidiano "Italia Oggi"
Roma, 29 luglio 2003
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Sul precariato registriamo, in queste settimane, un avvitamento quasi completo che sta producendo una pericolosa paralisi. Questa grave situazione non è frutto del caso. E’ bene essere chiari fin dall’inizio su questo punto, non per amore di polemica ma per essere poi coerenti nella ricerca delle soluzioni. Quanto sta accadendo segna il completo fallimento politico dell’azione del Ministero nella gestione del precariato. Le graduatorie sono state modificate ben sei volte in poco tempo, sono state assunte decisioni contraddittorie ed ondivaghe, tutti litigano contro tutti.
E’ utile ripercorrere, seppur rapidamente, le principali tappe di questo fallimento. Luglio 2001, il Ministro esordisce con un Decreto Legge che omologa i punteggi fra scuola statale e scuola privata e che unifica la terza e quarta fascia delle graduatorie permanenti (precari con servizio, nella terza, vincitori di concorso e SSIS, nella quarta). La Cgil Scuola si oppone, denuncia il rischio del conflitto fra le posizioni, presenta migliaia di ricorsi al TAR. Sull’unificazione delle fasce, che è all’origine di tutti i problemi, è atteso, su nostra iniziativa, un prossimo pronunciamento della Corte Costituzionale.
A gennaio 2002 ai diplomati SSIS si attribuisce punteggio, contro il parere unanime del CNPI e di tutti i sindacati, anche per il servizio prestato durante l’iscrizione alla scuola di specializzazione. Questa decisione, poi, viene annullata in seguito ad una sentenza del Tar. Dopo poco una seconda sentenza condanna ancora l’amministrazione colpevole di aver interpretato in modo “creativo” il primo pronunciamento del TAR.
Questa volta il Ministero resiste e non applica la sentenza, procede alle nomine di supplenza con le vecchie graduatorie ma è smentito dopo pochi mesi dal Consiglio di Stato. A questo punto il Ministero cambia direzione e guarda ai tanto vituperati (prima) “precari storici”. Forte di un ordine del giorno approvato dalla Camera, decide di riequilibrare la situazione dei precari nelle graduatorie e di attribuire loro 18 punti. Ora, dopo la recente sentenza, che giudica l’attribuzione di questo punteggio privo dei presupposti di legittimità, deve correggere per l’ennesima volta le graduatorie e fare i conti con la cocente delusione di migliaia di persone.
Dal Consiglio dei Ministri di venerdì scorso apprendiamo che a settembre si metterà mano ad una legge sul precariato. Certo la situazione disciplinata dalla Legge 124/’99 era molto difficile (10 anni senza concorsi ed una forte stratificazione di situazioni contrastanti) e ciò non dipende dal Ministro Moratti ma è responsabilità di quanti l’hanno preceduta. Certo è che la stessa, per favorire le private, nel 2001 ha utilizzato una serie di sentenze –anche contrastanti fra di loro - sparigliando ogni equilibrio. E’ importante avere chiaro questo dato, cioè la responsabilità specifica della politica, perché il rischio che l’origine dell’attuale situazione venga, invece, attribuita alle assunzioni mediante graduatoria, cioè ad un meccanismo trasparente e controllabile, è molto alto. Che si possa utilizzare un futuro provvedimento legislativo per indebolire ulteriormente il rapporto di lavoro dei precari (al posto delle nomine in ruolo) e per arrivare ad assunzioni discrezionali da parte delle singole scuole non è una mia fantasia, ma corrisponde a precise posizioni presenti nella maggioranza.
Intanto, una prima scelta non attendista può essere messa in campo subito dal Governo: le immissioni in ruolo. Ci sono decine di migliaia di posti vacanti! Si possono e si debbono fare tutte le immissioni possibili per il personale docente e per il personale ata.
L’aumento artificioso del precariato docente ha conseguenze negative sulla stessa funzionalità della scuola. Dare in gestione esterna i servizi ata, ipotesi contro la quale continuiamo a batterci quasi da soli, aumenta i costi e riduce la funzionalità delle scuole. Le immissioni in ruolo rappresentano il vero banco di prova per capire la volontà di risolvere davvero i problemi!
Roma, 29 luglio 2003
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