Riordino del repertorio nazionale delle qualifiche e diplomi professionali, le nostre osservazioni
Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto di rimodulazione del repertorio nazionale.
Il 18 maggio 2024 entrerà definitivamente in vigore il D.I. 15 febbraio 2024, n. 58 pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 102 del 3 maggio u.s.
Il provvedimento interviene sul Decreto Interministeriale del 24 maggio 2018, n. 92 (D.I. 92/18) rimodulandone la correlazione tra qualifiche e diplomi IeFP e indirizzi dei percorsi quinquennali dell’istruzione professionale (All. 4 del D.I. 92/18) nonché l'integrazione dei codici ATECO degli indirizzi di studi (All.2 del D.I. 92/18).
L’integrazione e modifica del Repertorio nazionale delle figure nazionali di riferimento per le qualifiche e i diplomi professionali, l’aggiornamento degli standard minimi formativi relativi alle competenze di base e dei modelli d’attestazione intermedia e finale dei percorsi di Istruzione e Formazione professionale è stato oggetto dell’Accordo Stato/Regioni del 1° agosto 2019, Rep. Atti n. 155/CSR su cui, peraltro, è opportuno ricordare il parere critico espresso l’11 agosto 2020 dallo stesso CSPI.
Ora, poiché, in linea generale, non per tutti gli indirizzi di studio dell'istruzione professionale e per tutte le figure di istruzione e formazione professionale è possibile determinare una univoca e piena correlazione con riferimento agli elementi descrittivi dei profili in uscita e delle figure nazionali e alle associazioni con i processi di lavoro e aree di attività/attività economiche/professioni allora, il predetto D.I. 15 febbraio 2024, n. 58 interviene come segue:
- con l’allegato A integra e aggiorna la sezione relativa al riferimento alle attività economiche referenziate ai codici ATECO e alla correlazione ai settori economico-professionali» degli Allegati 2A, 2B, 2C, 2D, 2G e 2H del D.I. 24 maggio 2018, n. 92.
- con l’allegato B sostituisce e integra l'Allegato 4 al decreto 24 maggio 2018, n. 92, relativo alla ridefinizione della correlazione tra gli indirizzi dell'istruzione professionale previsti all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 61 e le nuove figure professionali di operatore e tecnico del sistema di istruzione e formazione professionale.
Si tratta, almeno nelle intenzioni originali del ministero, di due interventi integrativi e di accompagnamento al fine di offrire agli studenti opportunità diversificate di acquisizione di competenze e connesse certificazioni riconoscibili in termini di crediti formativi e spendibili nel mondo del lavoro. Del resto, i nuovi ordinamenti dell'istruzione professionale hanno fatto emergere ulteriori necessità di individuazione di codici ATECO e Settori economico-professionali per alcuni indirizzi di studio dei percorsi di istruzione al fine di agevolare la possibilità per gli studenti di questo ordine di scuola di poter accedere all'esame di qualifica o di diploma quadriennale della IeFP garantendo una maggiore e più funzionale corrispondenza tra i profili di uscita degli indirizzi di studio dei percorsi di istruzione professionale e la domanda di competenze tecnico-professionali richieste dal mondo produttivo, del lavoro e delle professioni; il passaggio graduale al nuovo Repertorio nazionale delle figure nazionali di riferimento per le qualifiche e i diplomi professionali dell'offerta di istruzione e formazione professionale da parte di tutte le regioni, sarà disciplinato come segue:
- sulla base dell'Allegato 4 al decreto 24 maggio 2018, n. 92, nella versione del testo vigente fino alla data di entrata in vigore del D.I. 15 febbraio 2024, n. 58 per le regioni che abbiano mantenuto i percorsi di cui agli Accordi del 27 luglio 2011 e del 19 gennaio 2012 in Conferenza permanente stato/regioni.
- sulla base dall’allegato B del D.I. 15 febbraio 2024, n. 58 nel caso delle regioni che abbiano già adottato il nuovo Repertorio nazionale delle figure nazionali in base all’Accordo Stato/Regioni del 1° agosto 2019.
Infine, per quanto concerne i percorsi di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP), programmati dalle Regioni, ricordiamo che si tratta di percorsi formativi destinati ai giovani che vogliono scegliere un percorso alternativo alla scuola superiore che consenta loro di ottenere una qualifica professionale immediatamente spendibile nel mercato del lavoro. Dopo il conseguimento della qualifica professionale, i ragazzi possono entrare direttamente nel mercato del lavoro, continuare il percorso formativo frequentando il IV anno dei corsi di Istruzione e Formazione Professionale finalizzato a conseguire il diploma professionale, proseguire continuare il corso di studi nella scuola al fine di ottenere un diploma di scuola secondaria superiore.
A questo proposito ricordiamo, però, che tutte queste opzioni dovranno però essere necessariamente rivisitate qualora dovesse essere approvato, come sembra altamente probabile, il ddl C. 1691 di istituzione della filiera formativa tecnologico-professionale, già approvato dal Senato e tutt’ora in corso di esame in sede referente alla VII Commissione della Camera. Infatti, la riforma prevista dal ddl C. 1691 rivede nel complesso la proposta didattico-formativa delle istituzioni coinvolte nella filiera poiché si prevede che, mediante la co-progettazione scuola-impresa-territorio, di intervenire direttamente sui curricoli, producendo, di fatto una ulteriore frammentazione localistica dei percorsi di studio.
Di fatto, è un assioma errato pretendere che la scuola produca direttamente la manodopera specifica per le singole aziende, ripiegate sull’attuale ciclo produttivo (magari già in crisi), con competenze che diventano rapidamente obsolete nella complessità di un contesto tecnologico globalizzato, mentre l’ambizione di formare personalità critiche e consapevoli capaci di inserirsi e migliorare contesti imprenditoriali ben attrezzati per la formazione continua e permanente sui luoghi di lavoro, potrebbe diventare la vera sfida produttiva per un rapporto virtuoso tra scuola, lavoro, ricerca e innovazione.
La FLC CGIL ha ripetutamente espresso perplessità nei confronti della parcellizzazione delle competenze certificabili dai percorsi di istruzione professionale. Infatti, all’interno del sistema scolastico nazionale, sarebbe necessario individuare un circoscritto numero di percorsi caratterizzati da una formazione ampia, generale, orientata all’acquisizione di competenze spendibili in maniera consapevole e critica in contesti anche diversi e non necessariamente legati al rapido inserimento in settori specifici del mondo del lavoro (“job-ready skills”).
Non è così, infine, che si combatte realmente la dispersione scolastica che, tra l’altro, è drammatica, proprio nei percorsi di Istruzione Professionale. Ciò che serve per arginare un fenomeno che colpisce in buona parte questo ordinamento scolastico è, piuttosto, l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 18 anni perché solo in questo modo potremo ulteriormente ridurre quella quota del 13% della popolazione scolastica che ancora non consegue un titolo di studio superiore. E bisogna farlo in fretta perché la morsa del calo demografico ridurrà sempre più il numero di giovani e renderà necessario avere una popolazione scolastica con un livello di istruzione più elevato nel contesto di un mercato del lavoro sempre più globalizzato.
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