Decreti attuativi della legge 107/15: non fidarsi è meglio
In un fascicolo i contenuti dei decreti legislativi che danno attuazione alle otto deleghe previste e il nostro commento.


Dopo circa 1 anno e mezzo dalla legge 107 del 2015 che si è proposta di ridisegnare il sistema di istruzione, il Governo ha emanato le deleghe per completarne l’applicazione. A nulla sono valsi gli appelli che sono giunti da chi opera quotidianamente nelle scuole e dalle forze sociali, a partire dalle organizzazioni sindacali, di individuare obiettivi condivisi (stabilizzazione dei precari in tutti gli ordini di scuola, potenziamento dell’organico, generalizzazione della scuola dell’infanzia) su cui focalizzare l’attenzione nell’immediato, rimandando a provvedimenti successivi gli altri aspetti che richiedono approfondimenti e partecipazione di tutte le componenti scolastiche. Abbiamo giudicato sbagliata la scelta di procedere con tutte le deleghe della legge 107/15 da parte della Ministra Fedeli e riteniamo oggi un errore grave che il Governo le abbia approvate.
Un ridisegno, come vedremo, mal riuscito.
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Sono note le polemiche e le proteste che hanno accompagnato l’approvazione di questa legge, impropriamente chiamata della “buona scuola”. Una legge pesantemente contestata dal mondo della scuola, nella quale ruolo e profilo del dirigente scolastico vengono snaturati, con l’attribuzione del potere di scegliere e premiare i docenti, l’individualizzazione del lavoro educativo, una pesante intrusione nella libertà di insegnamento dei docenti, un aggravio senza precedenti dei carichi di lavoro del personale ATA, un ulteriore restringimento del ruolo della contrattazione. È, altresì, noto l’impegno della FLC CGIL a contenerne gli effetti più deleteri. In questo senso va letto il risultato ottenuto con il recente contratto sulla mobilità e l’intesa sulla chiamata diretta.
L’attuazione di una legge così importante attraverso lo strumento della delega al governo denuncia, tra l’altro, il vizio fondamentale di questa riforma, calata dall’alto e tutta costruita senza dibattito.
I temi su cui esse intervengono sono davvero cruciali: formazione iniziale e reclutamento, diritto allo studio e inclusione, il sistema integrato tra i nidi e le scuole d’infanzia, e tra l’istruzione e la formazione professionale, la valutazione e la certificazione delle competenze, le scuole all’estero.
Una considerazione preliminare, come in tutta la legge 107/15 a parte subirne comunque gli effetti complessivi è ignorato il personale ATA nonostante sia fortemente implicato nell’organizzazione e nella gestione delle scuole e nel raggiungimento degli obiettivi didattici. Nella scuola ideale e ideologica di Renzi il personale ATA non esiste perché probabilmente se ne auspica una progressiva esternalizzazione.
Interventi di non poco momento quali quelli previsti nella delega sull’inclusione o sul sistema 0-6 o sugli istituti professionali sono pensati senza alcun riguardo alla componente ATA. Come se si potesse gestire la complessa tematica della gestione della disabilità e l’implementazione del sistema 0-6 a prescindere da un aumento di organico e da una qualificazione dei collaboratori scolastici; oppure si potesse implementare l’aumento delle ore di laboratorio nei professionali senza il contributo degli assistenti tecnici.
Il dirigismo che sta accompagnando le politiche sui settori della conoscenza nasconde, malamente, l’assenza di una visione strategica sullo sviluppo di questo paese. Piuttosto in qualche caso contiene una visione proprio distorta. È il caso del rilancio della “cultura umanistica”. Come si fa a pensare che un argomento del genere possa essere materia da affrontare in una delega? Non solo si tratta di una questione strettamente legata agli ordinamenti e agli indirizzi degli studi, ma è un argomento che andrebbe affrontato in sedi culturali, accademiche, scolastiche, pedagogiche, poiché riguarda una riorganizzazione dei saperi in senso interdisciplinare. In questo campo la delega non solo è inutile, è pericolosa.
Le uniche note positive riguardano:
- l’individuazione di percorsi di progressiva stabilizzazione del personale attualmente in seconda e terza fascia di istituto, che è, in realtà, una presa d’atto che il regolare funzionamento di una parte ampia del sistema educativo nazionale è garantito da precari abilitati (nel corrente anno scolastico oltre 46 mila) e non abilitati (nel corrente anno scolastico quasi 42 mila)
- le scuole all’estero per le quali si afferma una maggiore trasparenza con il ripristino delle graduatorie e nella valutazione dei titoli e si rida spazio alla contrattazione sulle materie che riguardano il rapporto di lavoro.
Va poi detto che l’emanazione dei decreti delegati non chiude però la partita. La legge è farraginosa e serviranno ulteriori decreti, regolamenti, intese in conferenza stato-regioni, ecc. La semplificazione non appartiene al nostro legislatore, almeno non in questa fase. Infine resta aperto come nota dolente, il problema delle risorse che non ci sono.
In conclusione ribadiamo che la FLC CGIL, non si riconosce nel modello di scuola che emerge da queste deleghe che è in perfetta coerenza con quanto previsto dalla legge 107/15.
Questi provvedimenti rendono ancora più grave la situazione del personale scolastico, oberato da carichi di lavoro ormai fuori controllo.
Una legge, la 107/15, sbagliata in radice, figlia di una ideologia primitiva e perdente, e un contratto che non si rinnova dal 2007, hanno creato uno scenario di sofferenza e di impasse nella scuola non più tollerabile.
Inevitabilmente su molti fronti l’approvazione delle deleghe e soprattutto la loro attuazione rischia di portare ad una lunga stagione conflittuale con il mondo della scuola. Il nostro obiettivo è quello di riaprire una vera discussione pubblica sulla missione della scuola e sulle sue vere priorità. Soprattutto in un Paese dove crescono le disuguaglianze, che questa legge alimenta, per giungere alla costruzione di un modello alternativo alla legge 107/15, capace di ridare senso e dignità a chi nella scuola lavora.
Nutriamo la speranza di una scuola migliore da offrire alle generazioni future, in grado di combattere e non alimentare le differenze di classe, che sempre più si allargano nel nostro Paese.
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