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Legge di stabilità 2015: riparte la contrattazione di II livello, ma non basta. Vogliamo il rinnovo del CCNL

Primi positivi effetti sulla contrattazione nell'università e ricerca.

12/01/2015
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In mezzo ad una serie di provvedimenti “virtuosi” di agevolazioni per le parti datoriali e per le imprese, e di segno completamente opposto per il mondo del lavoro pubblico e privato (come il reiterato blocco dei contratti pubblici, che infatti ha portato al grande sciopero generale nazionale promosso dalla CGIL in risposta alla Legge di stabilità stessa ed il Job’s Act del governo Renzi), l’unica novità positiva è rappresentata dallo sblocco della parte economica della contrattazione decentrata nel pubblico impiego e gli effetti di questo nei settori pubblici della conoscenza. Leggi il comunicato di Domenico Pantaleo, Segretario generale FLC CGIL.

Sia chiaro che questo risultato è il frutto del grande impegno e della capacità di mobilitazione e di rappresentanza (vedi risultati RSU) della nostra FLC in termini di assemblee, vertenze di comparto, ricorso alla tutela individuale e collettiva con le  iniziative  legali su diverse materie ed aspetti del rapporto di lavoro. Naturalmente è il primo risultato dell a mobilitazione complessiva di questi mesi, come lo sciopero generale e le iniziative sul pubblico impiego.

Questo varco che ci siamo conquistati deve essere la premessa alla riconquista del CCNL e all’abrogazione dei principi fondanti delle norme di Brunetta fatte proprie dai governi che gli sono succeduti compreso l’attuale governo.

In pratica a decorrere dal 1° gennaio 2015 dovranno assumere efficacia economica tutte le progressioni di carriera variamente denominate, comprese le fasce stipendiali dei ricercatori e tecnologi degli EPR (mentre permane il blocco degli scatti per il personale non contrattualizzato delle università), effettuate fra il 2010 e il 2014, che quindi le lavoratrici ed i lavoratori si vedranno riconosciute in busta paga, o che si effettueranno a partire dal 2015 in avanti.

Sempre a decorrere dall’anno in corso cade il limite al trattamento accessorio dei singoli dipendenti finora bloccato a quanto complessivamente percepito nell’anno 2010.

Questione più rilevante quella che prevede che i fondi per il trattamento accessorio previsti dai rispettivi CCNL, pur ridotti dalle decurtazioni ulteriori intervenute fino al 2014 compreso come Fondo di partenza (cioè si conferma che le risorse sin qui  accantonate sono indisponibili per i fondi), riacquisiscono la dinamicità prevista dai CCNL di riferimento per cui gli Atenei e gli EPR in applicazione delle specifiche norme contrattuali possono ricominciare ad integrare l’ammontare dei Fondi stessi con risorse aggiuntive di bilancio, con le risorse liberate dal personale cessato.

Insomma uno scenario in cui il ruolo delle RSU, finora costrette ad azione di sostanziale difesa dell’esistente, potrà essere giocato in un’ottica acquisitiva determinante per la tutela di una categoria massacrata da sette anni di assenza di rinnovi contrattuali nazionali.

Certo si deve essere ben consci che non saranno affatto rose e fiori poiché l’impianto delle norme Brunetta rimane tutto in piedi e le materie sottratte alla competenza della contrattazione (materie rilegificate) continueranno a pesare come un macigno sui tavoli contrattuali.

Però è una prima rimessa in gioco del ruolo delle RSU e dei sindacati che non dobbiamo lasciarci sfuggire.