Contratto “Istruzione e Ricerca”: bonus docenti, una parola diventata vuota
Il “bonus” premiale confluisce in parte nel salario e in parte nelle risorse del fondo da contrattare. Superata anche la discriminazione nei confronti dei supplenti che ne erano esclusi.
Il nuovo Contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) del comparto “Istruzione e Ricerca” nella sezione scuola ha previsto che le risorse del cosiddetto bonus della legge 107/15, ridotte perché in parte trasferite alla retribuzione professionale docenti (RDP), vadano in contrattazione.
Infatti, i criteri generali per determinare i compensi del bonus, al pari di ogni altro compenso, rientrano nella esclusiva competenza del tavolo contrattuale di scuola.
Parole come “bonus”, valorizzare il “merito”, pure contenute nella legge 107/15, possono essere cancellate dal lessico scolastico.
Esse potevano avere un senso, se pure lo hanno mai avuto, solo nella misura in cui un soggetto, il dirigente scolastico, diventato autorità salariale, poteva “da solo”, sulla base di generici criteri individuati dal comitato di valutazione, trasferire quote di salario al personale. Ora questo meccanismo è rotto, è superato.
Certo, il comitato di valutazione continuerà a fornire i suoi indirizzi, ma sarà il contratto di istituto a stabilire quali criteri, anche in connessione con le attribuzioni di tutte le altre remunerazioni accessorie (fis, alternanza scuola-lavoro, fondi comunitari, nazionali e quant’altro vada a retribuire la prestazione del personale docente, anche precario) devono presiedere all’attribuzione dei compensi.
Nessun “premio”, nessun “merito”, dunque: l’unico merito è il lavoro prestato e apprezzato “dalle parti negoziali” e non da una sola parte. In questo modo, le istituzioni scolastiche sono escluse dalle differenziazioni dei premi individuali.
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