Il nuovo sistema va corretto: la "terna" di vincitori si presta a gravi abusi. Concorsi locali per i mediocri
Il reclutamento dei docenti universitari è un aspetto cruciale nella vita intellettuale di un Paese.
Il Sole 24 ore
Il nuovo sistema va corretto: la "terna" di vincitori si presta a gravi abusi. Concorsi locali per i mediocri (13/5/00)
di Riccardo Rovelli
Università di Bologna
Il reclutamento dei docenti universitari è un aspetto cruciale nella vita intellettuale di un Paese. In passato i concorsi erano basati sul principio di una lista nazionale, con tanti vincitori (professori associati oppure ordinari) quanti fossero i posti che il ministero riteneva opportuno coprire nel complesso di tutte le università e di tutte le discipline accademiche. Era un meccanismo centralizzato, incompatibile con il principio dell'autonomia e del decentramento delle università. Si prestava invece a ogni sorta di coalizione tra "cordate" accademiche.
La legge che ha riformato il meccanismo dei concorsi (3 luglio 1998, n. 210) istituisce concorsi decentrati: ma di fatto introduce un sistema perverso di contrattazione multi-centrica, che ha diversi effetti negativi.
Con la nuova legge la procedura per la copertura di nuovi posti ha luogo presso le singole università. La "valutazione comparativa" dei candidati è affidata a una commissione composta da un membro interno e da quattro esterni. Le commissioni di valutazione devono formulare "la proposta di non più di due idonei per ogni posto bandito nel caso di procedure relative a professori associati o ordinari". Ma "entro il primo biennio le commissioni possono proporre fino a tre idonei".
A che serve avere due oppure anche tre idonei per un solo posto? La risposta è facile: a consentire alle facoltà di scegliere, tra gli idonei, i candidati con il profilo che meglio corrisponde alle esigenze didattiche e di ricerca. Se così fosse, non vi sarebbe nulla da obiettare. Invece qualunque università può "nominare in ruolo per chiamata i candidati risultati idonei a seguito di valutazioni comparative svoltesi in altre sedi universitarie per lo stesso settore scientifico-disciplinare. Gli idonei nelle procedure di valutazione comparativa relative a professori associati e ordinari hanno titolo alla nomina in ruolo da parte delle università entro il termine di tre anni".
Che significa? Che la commissione costituita presso l'Università X per suggerire due (o tre) candidati idonei a ricoprire il posto localmente a concorso, ha in realtà il potere aggiuntivo di fornire candidati idonei in qualunque altro ateneo! Dunque anziché una lista unica di vincitori nazionali, ci sono ora tante liste quante sono, per ciascuna disciplina, le commissioni decentrate, tutte aventi validità nazionale. Un pò come se i cittadini di Bologna potessero votare per scegliere i consiglieri comunali di Milano. I danni causati dal nuovo sistema sono almeno quattro.
Meno trasparenza più spreco di risorse. Nel vecchio sistema c'era un listone nazionale: nel nuovo, per sapere cosa succede bisogna star dietro a una pluralità di "listini" nazionali. Il controllo della comunità scientifica sull'operato delle singole commissioni è inevitabilmente diluito. Al contrario, i giovani aspiranti professori perdono tempo prima a scegliere dove presentarsi per l'idoneità (possono farlo in cinque posti diversi contemporaneamente) poi perdono tempo nel sottostare due, tre, quattro, cinque volte alle stesse procedure di concorso.
La promozione degli inetti. Un esempio: un professore vorrebbe portare in cattedra un suo meritatamente oscuro pupillo. Poiché un secondo posto non si nega a nessuno, è facile ottenere un idoneità. Il vincitore sarà chiamato in una prestigiosa sede metropolitana, e l'oscuro allievo - che non sarebbe mai emerso in una competizione aperta - in quanto "ternato" potrà essere chiamato per trasferimento in una sede di provincia.
Non chiamate il vincitore! Altro esempio: in un concorso di provincia, il migliore candidato è un brillante giovane associato, che tuttavia vuole andare in cattedra nell'università della grande metropoli. Si presenta a questo concorso solo per l'idoneità: vuole essere ternato ma non certo chiamato in quella univestirà di provincia. E che farà l'università di provincia? Lo chiamerà a ricoprire il posto, facendo contemporaneamente un dispetto a lui (che vuole solo essere ternato) e al più debole, ma pur sempre rispettabile, candidato locale?
Distorsione della concorrenza. Ma perché l'università della grande metropoli, che vorrebbe offrire una cattedra al giovane brillante, non indice un concorso per coprire direttamente tale posto? Discutendo un caso simile, due professori universitari, Pietro Ichino e Francesco Giavazzi, propongono una risposta maliziosa ma realistica: "Se essa avviasse una procedura di selezione diretta, numerosi candidati non solo italiani, vi parteciperebbero". Scegliere il proprio candidato sarebbe in questo caso assai più difficile, e comunque più incerto. Molto più sicuro chiamarlo senza concorso, dopo che l'università di provincia lo ha dichiarato idoneo in una procedura di selezione assai meno affollata. Su questo punto, Ichino e Giavazzi hanno presentato lo scorso aprile un reclamo alla Commissione europea, contro le violazioni della concorrenza.
Come si risolve il problema? La soluzione è molto semplice: abolire la possibilità di "nominare in ruolo per chiamata i candidati risultati idonei a seguito di valutazioni comparative svoltesi in altre sedi universitarie per lo stesso settore scientifico-disciplinare". Le commissioni avranno ancora il potere di nominare terne (o coppie) di idonei, ma quest'idoneità non sarà più spendibile in altre sedi.
Perché il legislatore non ci ha voluto pensare prima? E c'è qualcuno - fra i professori che siedono in Parlamento o al Governo, o che attorniano il ministro - che si vuol far carico di proporre oggi questa semplice modifica alla legge sui concorsi?
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