Scuola, stoppato il ddl Moratti
Prendiamo integralmente da "la Repubblica" di sabato 12 gennaio 2002
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Prendiamo integralmente da "la Repubblica" di sabato 12 gennaio 2002
Roma, 14 gennaio 2001
Scuola, stoppato il ddl Moratti
Buttiglione: riforma storica, non si decide su due piedi
L'approvazione a ritmi forzati del piano che cambia volto all'istruzione non c'è stata. Dopo ore di discussione, i dissensi
MANIFESTATI DA CCDCDU E LEGA HANNO COSTRETTO BERLUSCONI AL RINVIO. COPERTURA FINANZIARIA, DEVOLUTION, ISCRIZIONE A CINQUE ANNI I PUNTI CONTESTATI
Ora tutto slitta di almeno una o due settimane, ma non si esclude che il governo opti per una delega da affidare al Parlamento
GIANCARLO MOLA
ROMA — La scuola firmata Letizia Moratti può aspettare. La volontà di ferro di una donna poco abituata a sentirsi dire di no si è infranta sul muro di gomma dei dissensi del governo Berlusconi. Il Consiglio dei ministri ha infatti rinviato l'approvazione della riforma voluta dalla «lady di ferro». Troppe obiezioni al progetto elaborato dal ministro dell'Istruzione sono arrivate da Lega e CcdCdu, ma anche dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Troppe, per essere risolte anche in una riunione fiume durata quasi quattro ore. Alla fine di una giornata di estenuante attesa, la festa si è trasformata in uno smacco. Tanto che il ministro ha preferito far saltare all'ultimo momento la conferenza stampa annunciata in mattinata e affidare il compito di affrontare i giornalisti al suo portavoce Roberto Pesenti.
Eppure la Moratti ha speso tutte le sue inesauribili forze per chiudere ieri. Dopo mesi di lavori quasi forzati di tecnici e consulenti, ha voluto imprimere al suo progetto un'altra accelerata. Nelle tre settimane successive agli Stati generali della scuola ha incontrato 250 persone. Poi, negli ultimi sette giorni, la stretta decisiva: tappe forzate dalle 7,30 alle 20,30 e anche oltre. Ogni giorno. Oltre cento ore di lavoro. Giovedì aveva visto i sindacati e le regioni (tutti scontenti, anche perché la legge è stata illustrata solo nei punti principali). Ieri è stata la volta della Conferenza dei rettori e il Consiglio nazionale della pubblica istruzione. L'ultimo incontro è finito alle 15. Un'ora dopo è cominciato il Consiglio dei ministri, quello nel quale la Moratti aveva voluto inserire, in extremis, la sua riforma.
Le cose, però, non sono andate per il verso giusto. E lo si è iniziato a capire poco prima delle 18.30, quando le agenzie hanno battuto una minacciosa dichiarazione del presidente dei deputati CcdCdu Luca Volonté: «Emergono alcune analogie di una certa gravità e che a suo tempo denunciammo con la riforma Berlinguer». Parole che hanno dato l'idea di quello che stava succedendo a Palazzo Chigi. Nonostante la determinazione del ministro, spalleggiato addirittura da Silvio Berlusconi, la discussione, infatti, si era fatta serrata. C'erano problemi di copertura finanziaria (7,79,8 miliardi di euro, circa 1519mila miliardi di lire), che preoccupavano Tremonti. Problemi di devolution (la Lega riteneva che affidare alle regioni solo l'istruzione professionale fosse una pesante «ipoteca sul futuro»). Problemi di merito, sollevati dai centristi della maggioranza, che non vedevano di buon occhio la divisione in bienni della scuola primaria e la possibilità di iniziare i cicli già a cinque anni. Assi portanti della riforma, non dettagli. Che hanno finito per bloccare tutto. Tanto che, dopo l'annuncio del rinvio, il ministro della Politiche comunitarie Rocco Buttiglione spiegava soddisfatto: «Non potevamo decidere una riforma storica come questa su due piedi».
E allora tutto rimandato. A quando? Buttiglione parla di «una o due settimane». Ma il cammino della riforma è ora in salita. A questo punto la Moratti deve rivedere, suo malgrado, il progetto. E non è escluso che alla fine il governo opti per una delega da affidare al Parlamento.
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