Qualità nella scuola è innanzitutto: garanzia di continuità didattica, copertura delle cattedre scoperte e date a supplenza di anno in anno e collegialità nella costruzione dei percorsi didattici
La nostra risposta ad Andrea Gavosto dopo l’attacco all'intesa sulle stabilizzazioni nell’articolo uscito sul Sole 24 Ore del 13 giugno.


Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli con un articolo apparso sul Sole 24 ore del 13 giugno ha attaccato l’intesa tra il Ministro Bussetti e i sindacati sulla stabilizzazione di 25.000 cattedre della scuola sviluppando una critica che sostanzialmente riconduce la questione del reclutamento dei docenti al tema del concorso uguale per tutti. Nell’articolo confonde totalmente la procedura del concorso straordinario con il PAS, che ha una funzione formativa e abilitante e non da accesso al ruolo, e accusa l’intero corpo docente di essere una categoria che lavora poco e con scarso impegno di formazione.
Peccato che il Presidente della Fondazione Agnelli prenda questi scivoloni sul PAS e sulla presunta sanatoria, perché l’intesa prevede un concorso per l’accesso al ruolo, con prova scritta e orale e mira a stabilizzare almeno una parte di quei precari che da anni stanno in cattedra e insegnano, solo che lo fanno con contratti a termine. E fa specie che a fronte di oltre 150.000 supplenze di varia natura attribuite nella scuola ogni anno, il tema della formazione in ingresso venga fuori solo quando si trova l’accordo per avviare, in parallelo e con tempi celeri, concorso ordinario straordinario; come se il fatto che migliaia di studenti cambino insegnante ogni anno e migliaia di docenti insegnino da precari senza un percorso formativo e abilitante di ingresso fosse un fatto ininfluente ai fini della “qualità” e delle loro esperienze didattiche di insegnamento e apprendimento.
Viceversa l’aumento del tempo scuola che il Presidente della Fondazione Agnelli richiama come misura utile a combattere la dispersione e alzare i livelli di apprendimento è senza dubbio un elemento condivisibile dell’analisi, così come l’inadeguatezza dei 24 CFU a garantire un adeguato livello di competenza didattica in entrata. Non a caso nell’intesa introduciamo il PAS, come percorso formativa da 48 CFU (non 24) e con obbligo di frequenza dei corsi, come elemento chiave della formazione in ingresso dei docenti, sia di quelli da assumere, che degli altri, che laddove non rientrassero del contingente di assunzioni ne trarrebbero comunque un percorso formativo importante per la professionalità docente.
Oltretutto, a essere onesti fino in fondo, quello che dovremmo dire è che il tanto declamato concorso, a cui anche una parte della politica guarda come al topos della meritocrazia, non è affatto impostato per garantire la sbandierata qualità: la selezione è fondamentalmente basata sui contenuti disciplinari mentre l’acquisizione delle competenze didattiche e pedagogiche è affidata proprio ai pacchetti da 24 CFU, per lo più ottenuti in modalità telematica, senza la frequenza di corsi, laboratori e lezioni di pedagogia ed esami in presenza che sono invece previsti nel PAS.
L’intesa rappresenta un ottimo accordo, che consente la stabilizzazione di tanti docenti che lavorano da anni nelle scuole, senza sacrificare la formazione in ingresso. Se il governo ci avesse messo maggiori risorse avremmo potuto anche rafforzare l’elemento formativo, ed evitare di scaricarne i costi sui lavoratori precari, ma questa è come sempre la nota dolente di un Paese che investe in istruzione e conoscenza meno di tutti i Paesi dell’area euro ed è fanalino di coda a livello internazionale nella classifica OCSE.
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