Le Indicazioni nazionali no. Un appello del Cidi
Appello che il CIDI, prestigiosa associazione professionale, ha lanciato al mondo della cultura per denunciare le Indicazioni nazionali.


Il testo che pubblichiamo sotto rappresenta un documento importante.
Si tratta di un Appello che il CIDI, prestigiosa associazione professionale, ha lanciato al mondo della cultura per denunciare le Indicazioni nazionali.
In questo appello il CIDI sceglie di non affrontare un singolo aspetto ma denuncia l’insieme dell’”operazione Indicazioni”: dal metodo al merito.
Se i programmi di insegnamento sono lo specchio di una scuola, ovvero rappresentano il livello di elaborazione che la Repubblica affida al suo sistema di istruzione e, conseguentemente, testimoniano la considerazione che su di esso si esprime è chiaro che per questo Governo la nostra sarà una povera scuola.
Dalle pagine del nostro sito abbiamo denunciato in più occasioni i limiti (ovvero, le voragini) delle Indicazioni invitando, in particolare, i docenti a non prenderle con sufficienza perché, se è vero che gli insegnanti fanno in classe tutti meglio di ciò che scrivono le Indicazioni, è anche vero che le Indicazioni rappresentano un atto formale, un punto di riferimento.
E, ad esempio, aver corso il rischio (non ancora scongiurato!) di passare alla storia come l’unico Paese nel globo ad aver cancellato Darwin dalla scuola non è un fatto che abbiamo trovato piacevolissimo.
Ora è possibile compiere un gesto concreto ed importante firmando questo appello.
Invitiamo a farlo mediante il sito
www.cidi.it
Roma, 2 marzo 2005
Testo dell’Appello
Al mondo della cultura
Un appello del Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti
sulle “Indicazioni nazionali per la scuola”
Chi considera la cultura una risorsa per tutti, garanzia di convivenza democratica e motore dello sviluppo del Paese, non può che allarmarsi di fronte alla pochezza, alla superficialità e all’assenza di pluralismo culturale con cui sono state improvvisate dal governo le Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati: un documento che, per quanto transitorio, viene imposto con dubbi strumenti giuridici alla scuola dell’obbligo, scuola di tutti, e frettolosamente prescritto all’editoria scolastica.
La stessa strada sta per essere intrapresa per la scuola secondaria superiore.
Compito della scuola è promuovere conoscenza e senso critico, offrendo a tutti e a ciascuno strumenti culturali capaci di durare nel tempo, orizzonti di senso e bussole per affrontare la complessità del mondo, per far fronte ai nuovi saperi e alle nuove responsabilità, per tenere saldi i comuni valori della convivenza.
Il rinnovamento dei contenuti e delle competenze che la scuola deve consegnare alle nuove generazioni non può che essere il risultato di un confronto lungo, articolato e ricco tra diverse posizioni ideali e culturali, sintesi di ciò che la società vuole costruire per sé e per il suo futuro nell’alveo dei principi costituzionali.
Le indicazioni curricolari per la scuola devono dunque essere condivise e di alto profilo culturale in quanto garanzia essenziale di cittadinanza attiva e responsabile.
Le “Indicazioni” volute dal ministro Moratti invece, prive del necessario respiro culturale e progettuale, sono state pensate in pochissimo tempo, in chiuse stanze, da poche persone, che non hanno cercato, né accolto osservazioni, critiche, punti di vista diversi, né hanno tenuto conto delle migliori pratiche scolastiche, dell’esperienza di chi nella scuola opera, delle competenze del vasto mondo della cultura e della ricerca.
È la prima volta che questo accade nella storia della scuola della Repubblica.
Sono indicazioni linguisticamente sciatte, culturalmente approssimative, lacunose, prive di rigore scientifico, di coerenza metodologica, di organizzazione interna, che omettono volutamente capisaldi indiscussi del sapere contemporaneo e che, con gli impropri e continui richiami alla formazione spirituale e religiosa degli allievi, veicolano un'idea ‘di parte’ della conoscenza e dell'uomo e un principio educativo discriminante, in una scuola che, in quanto pubblica, ha il dovere di rispettare scelte personali in materia etica e religiosa.
Le lunghe liste di obiettivi offrono invece una visione riduttiva dei processi di apprendimento come puro accumularsi di nozioni e abilità, in una concezione tutta piegata sul controllo moralistico dei comportamenti, sulle richieste della famiglia “committente”, sulla precoce determinazione dei destini individuali.
Tali indicazioni, insieme alla riduzione delle risorse pubbliche e alle restrizioni normative, rischiano di far arretrare irreparabilmente la nostra scuola, interrompendone lo sviluppo degli ultimi decenni e allontanandola dall’Europa.
Non si può rimanere indifferenti.
Quali siano oggi le conoscenze necessarie per vivere, lavorare, continuare ad apprendere è questione talmente importante e decisiva che dovrebbe investire la società intera ed essere frutto del lavoro paziente di commissioni pubbliche, qualificate, pluraliste, i cui esperti siano riconoscibili e le cui elaborazioni siano sotto gli occhi di tutti, nel quadro di un vasto e approfondito dibattito culturale.
La scuola ed il suo progetto educativo e culturale devono tornare ad essere res publica,
questione che tutti coinvolge e tutti appassiona e impegna.
Le prime adesioni
Carlo Bernardini, Gilberto Corbellini, Tullio De Mauro, Giulio Giorello, Umberto Guidoni,
Margherita Hack, Dacia Maraini, Paolo Sylos Labini, Luigi Spaventa, Sergio Zavoli
Per aderire consultare il sito www.cidi.it
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