La ripartenza: non è la scuola a essere nel caos ma l’amministrazione e il funzionamento dello Stato
Una riflessione di di Dario Missaglia, presidente di Proteo Fare Sapere


Mentre scriviamo, malgrado responsabili e autorevoli appelli, non sappiamo ancora se, quali, quando, come e dove, riapriranno le scuole pubbliche. Non è una sorpresa, visto quanto è accaduto in questi mesi.
C’è il previdente assessore che per risparmiare sul riscaldamento, ha disposto la chiusura delle scuole al sabato. L’assessore al traffico e alla mobilità, ispirato da lungimiranti ministri, che immagina la scuola aperta anche di sabato e di domenica per ridurre l’affollamento sui mezzi pubblici. C’è il presidente di regione, autoproclamatosi “governatore”, che decide di posticipare la riapertura delle scuole; in fondo c’è sempre la dad, del resto ampiamente valorizzata, fino a pochi mesi fa, anche dalla Ministra. Lo imita immediatamente l’assessore o il sindaco che sospende la didattica in presenza, per ripitturare le aule. C’è anche il presidente che nel dubbio lascia liberi i genitori: fate come volete, a casa o a scuola, siete comunque coperti. L’apoteosi della democrazia.
Ci fermiamo qui ma la raccolta sarebbe sicuramente più ampia se dovessimo esplorare anche le creative decisioni di tanti sindaci, che speriamo di poter raccogliere con la dovuta attenzione. Un dato accomuna questa fiera delle vanità: tutte le decisioni sono avvenute, senza pudori, rinunciando persino alla classica formula di rito: “nel rispetto della autonomia delle istituzioni scolastiche”. Si chiude così un’epoca, senza analisi, riflessioni o proposte, perché appare oramai chiara a tutti la ragione di tale conclusione: l’assenza di un luogo territoriale di governo dei processi che riguardano la pubblica amministrazione, la scuola e i servizi educativi, i servizi di pubblica utilità, in cui tutti i soggetti interessati possano discutere e concertare le scelte possibili per quel territorio nel quadro degli indirizzi nazionali.
Nel disastro e nell’impotenza generale si è tornati al 1934, al potere dei prefetti. Qualcuno ha proposto persino di provare con gli USR del Ministero all’istruzione, niente da fare: livello troppo ampio e autoreferenziale per rispondere al problema, senza contare che già oggi l’amministrazione scolastica norma ogni aspetto della vita delle scuole (in tal caso “nel rispetto della autonomia delle istituzioni scolastiche”) ma non controlla un bel nulla. La scuola dunque riaprirà secondo il caso; solo un arretramento della pandemia e la sua definitiva sconfitta con il vaccino ci riconsegnerà la scuola senza soluzioni creative. Speriamo che a quel punto nessuno dimentichi quanto sta avvenendo.
Non è la scuola a essere nel caos ma l’amministrazione e il funzionamento dello Stato. Qualcuno prima o poi se ne accorgerà?
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