Il Documento CGIL CISL UIL sulla delega al Governo in materia di salute e sicurezza
Con l’approvazione della delega al Governo in materia di salute e sicurezza sul lavoro, l’esecutivo prosegue la sua marcia verso la “deregulation” dei diritti dei lavoratori faticosamente raggiunti dopo anni di lotte
Con l’approvazione, il 23 luglio scorso, della delega al Governo in materia di salute e sicurezza sul lavoro, l’esecutivo prosegue la sua marcia verso la “deregulation” dei diritti dei lavoratori faticosamente raggiunti dopo anni di lotte. Questa volta, come è avvenuto per il lavoro per la previdenza per la scuola ecc., la materia oggetto di revisione è la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro.
Con il pretesto di predisporre un Testo Unico in materia per riordinare ed esemplificare la normativa oggi esistente, si vuole cancellare quelle norme quei vincoli e quegli obblighi previsti dalla legge e posti a carico dei datori di lavoro pubblici e privati.
Ancora una volta il protagonista dell’intera operazione è il Ministero del lavoro che in tutta “segretezza” sta predisponendo il nuovo provvedimento legislativo. Ancora una volta ai destinatari della sicurezza ossia i lavoratori e alle loro rappresentanze ossia alle organizzazioni sindacali viene negato il diritto alla consultazione al confronto, mentre tale diritto viene riconosciuto alle associazioni dei datori di lavoro.
Il documento contenente le “indicazioni metodologiche” illustrato dal sottosegretario al lavoro Sacconi alle Regioni è illuminante su come il governo intende affossare i diritti dei lavoratori e subordinare la salute e la sicurezza di questi alla compatibilità e alle caratteristiche gestionali e organizzative dell’impresa. In buona sostanza il riordino legislativo ipotizzato dal governo è tutto orientato verso la deregulation e verso la depenalizzazione della normativa, deresponsabilizzando i datori di lavoro e indebolendo le tutele dei lavoratori.
Derubricare, infatti, tutti gli obblighi di legge e ricondurli a semplici norme di “buona tecnica” e “buona prassi”, compresi i principi generali, significa non rendere più obbligatori gli interventi posti a carico del datore di lavoro perché non più riconducibili al reato contravvenzionale. Praticamente viene meno quel “deterrente”, contemplato dall’attuale legislazione, che di fatto obbliga il datore di lavoro a porre in essere tutti quelle misure e quegli interventi tesi a garantire la salute e della sicurezza dei lavoratori di cui è responsabile. Il diritto alla salute e alla sicurezza sul lavoro e nel lavoro viene quindi subordinato alla “buona volontà” del datore di lavoro.
Viene distorto l’intero sistema di garanzie e tutele con l’affidamento agli organismi bilaterali il “compito assolutamente improprio di certificare il rispetto della normativa da parte delle aziende fino a cento dipendenti, in seguito a istanza del datore di lavoro e a sopralluoghi di verifica”.
Nei fatti il sistema pubblico si chiama fuori e lo Stato non è più il garante del diritto alla salute e alla sicurezza, disconoscendo, quindi, quanto sancito dalla Costituzione.
Ovviamente in un contesto del genere il diritto alla salute e alla sicurezza non vede una sua completa applicazione nei confronti di quei lavoratori che operano all’interno dell’azienda con modalità d’impiego diverso da quello standard. Per cui nell’ipotesi di Testo Unico vengono esclusi dal computo dei lavoratori ai fini dell’applicazione di determinati obblighi i lavoratori in prova, i lavoratori a tempo determinato in sostituzione dei titolari, i lavoratori a domicilio, i volontari, i lavoratori socialmente utili, gli obiettori di coscienza, i telelavoratori, i lavoratori a progetto, i lavoratori a co.co.co., i lavoratori occasionali e i lavoratori con contratto accessorio.
Infine lo stesso ruolo del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza viene indebolito con l’impoverimento della partecipazione. La riunione periodica, infatti, non è più resa obbligatoria ed esigibile ma viene relegata al misero ruolo di “buona prassi” e addirittura esclusa nelle aziende con meno di quindici dipendenti. Si nega in questo modo lo spirito partecipativo su cui il legislatore comunitario prima e poi il legislatore ordinario hanno dato vita al D.Lgs 626/94.
Per contrastare l’idea ultraliberista di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro che intende realizzare questo Governo, CGIL CISL e UIL hanno redatto un documento che illustra la loro posizione ufficiale su queste tematiche avviando contestualmente un vasto dibattito sulle proposte e priorità individuate dal sindacato in materia di salute e sicurezza del lavoro, in vista del preoccupante cambiamento del quadro normativo specifico.
L’obiettivo strategico di CGIL CISL UIL è quello di migliorare le condizioni di salute e sicurezza in tutti i luoghi di lavoro e di estendere il diritto alla salute e alla sicurezza a tutti i lavoratori indipendentemente dalle dimensioni dell’impresa e dalle modalità di lavoro con cui esplicano la loro prestazione.
Pubblichiamo in link il “Documento CGIL CISL UIL sulla delega al Governo in materia di salute e sicurezza”.
Roma, 2 settembre 2004
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