Alla Corte Costituzionale l‘art. 35 della Finanziaria 2003
Il giudice del lavoro di Parma ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell‘art. 35, comma 5° della legge 27 dicembre 2002 n. 289, meglio conosciuta come Legge Finanziaria per il 2003.
In seguito al ricorso presentato da un gruppo di docenti inidonei collocati fuori ruolo ed utilizzati in altri compiti, il giudice del lavoro di Parma ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell‘art. 35, comma 5° della legge 27 dicembre 2002 n. 289, meglio conosciuta come Legge Finanziaria per il 2003.
In sostanza il giudice ha accolto integralmente le tesi sostenute dai ricorrenti dichiarando, secondo la prassi, "non manifestamente infondate“ le eccezioni di violazione dell‘art.2 ("La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell‘uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l‘adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.“), dell‘art.3 ("Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.“) e dell‘art.35 ("La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.“) della Costituzione.
Per tutti e tre gli articoli la violazione sarebbe determinata dalla discriminazione nei confronti del personale inidoneo per il quale si prevede la risoluzione del rapporto di lavoro allo scadere di un quinquennio in ragione di una inidoneità fisica a svolgere non già le mansioni cui è attualmente adibito, bensì quelle svolte precedentemente alla dichiarazione di inidoneità. In particolare, con riferimento all‘art.35, a non essere tutelato sarebbe (la sottolineatura è nostra) "il lavoro delle parti ricorrenti, con specifico riferimento al lavoro attualmente e proficuamente svolto nell‘interesse della amministrazione di appartenenza …. senza alcuna opportunità di far valere la possibilità concreta ed effettiva di continuare a svolgere l‘attività di lavoro fin qui svolta e quindi di valutare le reali esigenze organizzative della amministrazione scolastica al fine di verificare se sussistono le condizioni (fino ad ora ritenute esistenti) di svolgimento della prestazione lavorativa in mansioni diverse da quelle di insegnamento.“
Come si può vedere si tratta di una valutazione pesante che conferma e rafforza sul piano tecnico-giuridico il giudizio di profonda iniquità che abbiamo sempre espresso su questa contestata norma. Il pronunciamento del giudice di Parma arriva a pochi mesi da uno analogo del giudice di Roma e dopo che il Consiglio di Stato, sia pure in ambito diverso, era intervenuto con una sostanziale correzione interpretativa. Pezzo dopo pezzo sta venendo meno l‘intero impianto di queste disposizioni normative.
Aspettiamo fiduciosi il pronunciamento della Suprema Corte continuando ad occuparci della questione, per quel che ci compete, con rinnovato impegno.
Roma, 15 febbraio 2005
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