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DDL di riforma della PA: approvata anche la delega sulla specificità degli enti di ricerca nell’ambito della Pubblica Amministrazione

La norma contiene le modifiche di cui avevamo dato conto nell’assemblea unitaria del 14 luglio.

06/08/2015
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Nell’ambito della legge delega di riordino della pubblica amministrazione (leggi il commento della CGIL) una norma specifica è dedicata agli enti pubblici di ricerca. Nell’assemblea nazionale del 14 luglio 2015 abbiamo già espresso una posizione unitaria sul provvedimento rispetto al quale, nella versione approvata, risultano accolti alcuni nostri emendamenti.

Nella norma si afferma la specificità del modello contrattuale della ricerca indicando, a nostro avviso, una precisa strada in vista della discussione sul rinnovo dei CCNL. Il contratto degli enti di ricerca, intimamente connesso all’organizzazione del lavoro di questo settore deve essere preservato e valorizzato.
Per farlo non basterà però la delega.
Sono necessarie risorse così come lo sono per le stabilizzazioni e il nuovo reclutamento.

A legge approvata vogliamo sottolineare alcune urgenze, affermando in premessa che la definizione dei contenuti della delega degli enti di ricerca deve seguire un iter che consenta una discussione e una condivisione del percorso con tutta la comunità del personale, pur dovendo conoscere tempi certi.

  • Deve essere garantita alle singole istituzioni scientifiche una più forte capacità di autonormazione ispirata, naturalmente, ad alcuni principi peraltro chiari già nella legge 168/89. Si devono fissare, per legge, i soli limiti che possono, anche secondo la Costituzione, essere posti all’autonomia statutaria. I principi dovrebbero interessare la composizione degli organi, i rapporti tra Stato, Regioni e enti di ricerca, con particolare riguardo ai poteri generali di programmazione e coordinamento della ricerca scientifica nazionale, il finanziamento e le forme di valutazione ex post dei risultati raggiunti.
  • Si deve procedere con una progressiva sburocratizzazione del funzionamento degli enti di ricerca, finalizzata a ridurre tutti i controlli preventivi e a sostituirli con verifica degli obiettivi e della mission dei singoli enti sulla base di una valutazione ex post. Presupposto di ciò è la creazione di una normativa leggera che interessi il settore R&S, differenziata da quella del resto del pubblico impiego, perché le sfide della ricerca e il contesto europeo in cui si è chiamati al confronto, hanno bisogno di ribadire il principio dell’autonomia degli enti, la netta separazione fra compiti di indirizzo e di gestione, nonché la necessità di una maggiore flessibilità organizzativa. In questo contesto alcuni vincoli stringenti del DLgs 165/01 o l’assurdo meccanismo della valutazione attraverso la performance introdotto dal DLgs 150/09, vanno rimossi (visto che lo stesso decreto ne riconosceva le problematicità).
  • È indispensabile, proprio al fine di definire una politica unitaria della ricerca in sinergia con le strategie di sviluppo, realizzare una governance unitaria del sistema ricerca che superi la distinzione artificiale tra strutture che svolgono attività di servizio e strutture che svolgono attività di ricerca cosiddetta non strumentale definendo un rapporto di autonomia funzionale rispetto alle missioni dei singoli enti.
  • È fondamentale salvaguardare le specificità contrattuali del settore in virtù della peculiare professionalità ad esso sotteso, oggi unico vero collante di un sistema eccessivamente frammentato e debole. Un settore contrattuale unico per la ricerca pubblica, in coerenza con l’organizzazione del lavoro di questo modello. A questo proposito deve essere tutelata l’autonomia e l’agibilità contrattuale dei ricercatori e tecnologi, ai quali deve essere consentita la possibilità di ricoprire anche gli incarichi dirigenziali previsti della specifica Area VII della dirigenza. Allo stesso tempo si devono rendere immediatamente esigibili gli istituti contrattuali che consentono la valorizzazione piena degli addetti alla ricerca, attraverso le opportunità di sviluppo professionale, e andare rapidamente ad un rinnovo del CCNL economico e normativo. Attraverso lo strumento contrattuale si dovrà inoltre ricomporre la frammentazione diffusa negli enti di ricerca, dovuta alla crescente precarizzazione, alla pervasività del sistema degli appalti e al crescente ruolo che vanno assumendo nella filiera della ricerca i consorzi e le fondazioni.
  • L’VIII programma quadro Horizon 2020 rappresenta per il nostro Paese una grande opportunità, ma non è sostitutivo degli investimenti statali diretti nella scienza fondamentale, che restano un compito essenziale per il Paese, se vogliamo destinare una quota di PIL alla ricerca di base, come richiede esplicitamente la UE ai vari stati membri, se, com’è, i progetti europei si sono indirizzati sulla progettualità applicata. Si deve istituire un unico fondo ordinario degli enti di ricerca, separare dal fondo ordinario il finanziamento aggiuntivo dei progetti strategici, da ripartire in base alla valutazione dei piani triennali di ricerca e sviluppo, e il finanziamento delle infrastrutture di ricerca.
  • Gli interventi devono avere come obiettivo l’aumento del personale impiegato con contratti stabili nelle istituzioni di ricerca e quindi salvaguardare prima di tutto gli attuali precari. Si deve prevedere contestualmente all’eventuale riordino un piano stabilizzazioni e di nuovo reclutamento, che parta dall’applicazione dell’articolo 5 del CCNL e il consolidamento di un sistema di reclutamento che prevede, come unica forma flessibile, il contratto di lavoro subordinato a tempo determinato.

Presentazione del libro il 18 novembre, ore 15:30
Archivio del Lavoro, Via Breda 56 (Sesto San Giovanni).

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