"Banditi in miniera" di Francesco Carta presentato a Terralba
La Scuola del Popolo ha proposto un romanzo di drammatica attualità.


Ieri abbiamo partecipato ad un primo maggio tristissimo a San Gavino, davanti ad una fabbrica che sta chiudendo.
Ciò che per gli azionisti della Glencore s.r.l. sono semplici numeri da far quadrare per non diminuire i profitti, per gli operai queste decisioni segnano la vita personale di ciascuno, mettendoli di fronte problemi che oggi sembrano irrisolvibili. Qui non si può cambiare lavoro: non ce n'è e basta.
Il romanzo "Banditi in miniera" proposto da Francesco Carta, scrittore e giornalista oltre che collaboratore della Scuola del Popolo, parla proprio di questo: del saccheggio di un territorio bellissimo, ma depredato e poi abbandonato a se stesso. Cambiano gli interpreti ma lo spartito è identico e non cambia la musica.
La presentazione di questo libro, svoltasi nella sede Auser di Terralba il 29 aprile scorso, ha chiuso idealmente la settimana dedicata alla riflessione sul 25 aprile e l'ha proiettata verso il tema del 1° maggio. Il romanzo è godibilissimo, ambientato nel 1830 nella Sardegna Sud Occidentale. Parla di "Olga", un'ispettrice di polizia chiamata a risolvere un caso di morti sospette avvenute in quella zona. ma il valore del romanzo sta nel proporsi come chiave di lettura di una società che vive da secoli la realtà delle miniere e continua a confrontarsi con essa. I profitti e le ricchezze, però, prendono altre strade e sul territorio restano le briciole in un ecosistema ambientale offeso e depredato.
Qui nascono le prime lotte operaie, le prime organizzazioni di difesa degli operai. Proprio in questa lettura tutto si è collegato, il tema della festa della liberazione e delle lotte operaie, la festa di un primo maggio che molti operai non possono festeggiare perché, per loro, il lavoro non c'è più. Ma la vicinanza delle centinaia di persone che si sono strette a loro proprio il primo maggio davanti a quella fabbrica, dimostra che i valori del sindacato sono ancora vivi e che, solo insieme, si può andare avanti.
Un abbraccio, quindi, che va ben oltre una semplice vicinanza.
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