Solo un pensiero per l'8 marzo ... nulla di più
Abbiamo chiesto ad una donna di parlare "da donna" dell’8 marzo
Abbiamo chiesto ad una donna di parlare "da donna" dell’8 marzo. L’abbiamo chiesto oggi, in un momento in cui lo sfruttamento commerciale degli eventi e ricorrenze macina e divora qualunque emozione. Siamo stati provocatori: abbiamo chiesto di scrivere qualcosa di non banale, con la consapevolezza che rischio di essere stucchevoli e "scontati" è molto alto in questi casi. Conoscevamo i rischi ma sapevamo ciò che facevamo. Infatti ... Ecco come ci ha risposto Anna.
Ragazzi! Niente da fare: le donne sono grandi!
Auguri, sinceri, a tutte le donne dalla Cgil Scuola e dalla redazione di www.cgilscuola.it .
Roma, 8 marzo 2003
______________________________
Era l’8 marzo del 1908 quando 129 operaie morirono nel rogo della loro fabbrica.
I fatti accaddero a New York nell’edificio della "Cotton" e l’incendio era doloso, voluto dal proprietario per punire le lavoratrici del lungo sciopero che avevano fatto per ottenere migliori condizioni di lavoro.
La giornata internazionale della donna, voluta da Rosa Luxemburg in ricordo di questa tragedia, nasce dunque da una battaglia per i diritti.
Da allora le donne ne hanno fatta di strada, anche se la loro condizione non è uguale in tutto il mondo.
E’ passato quasi un secolo dal rogo della Cotton e non abbiamo ancora smesso di parlare di diritti e di pace. Il mondo sembra avere la memoria corta. E dopo essersi lasciato alle spalle un secolo, il XX, di guerre sanguinose, due delle quali mondiali, siamo appena entrati nel XXI e ancora rullano i tamburi di guerra.
La bandiera della pace, quella con i colori dell’arcobaleno che vediamo esposta così diffusamente nelle nostre città, nasce dalla creatività di un gruppo di donne che partecipavano alle manifestazioni pacifiste e antinucleari di fine anni Cinquanta.
Nella storia della donne, nei momenti più cruciali che hanno segnato un cambiamento nella vita, nella cultura, nella mentalità, i valori della pace e dei diritti sono stati gli assi portanti di tutti i processi di emancipazione e di liberazione.
La giornata dell’8 marzo ha assunto le forme più varie negli ultimi cinquant’anni, compresa una deriva un po’ consumistica, una celebrazione talvolta di maniera, ma di certo è scomparso il tono tra lo sfottente e il paternalista che tante volte ha accompagnato i commenti su questa data.
Le donne il rispetto se lo sono conquistato con l’impegno, con le lotte, a volte anche drammatiche, non lo devono certo agli abiti griffati e all’ultimo make-up.
La donna portatrice di pace, la donna che accoglie generosamente chi ha bisogno, la donna che difende il debole sono immagini di una retorica stucchevole ormai fuori luogo. Oggi ci fa sorridere, ma affonda le sue radici in una profonda verità.
Non è un caso se alle manifestazioni della pace le donne sono numerosissime, forse la maggioranza, non è un caso se i movimenti spontanei che chiedono alla politica di tornare a parlare alla gente, come i girotondi, nascono dalle donne.
Sono passati quasi trent’anni dalle manifestazioni femministe, quelle in cui gli uomini non entravano, manifestazioni colorate e piene di vita che lanciavano alle donne un messaggio di vita e davano uno scossone alla politica. Da allora l’8 marzo non vede le piazze piene. La condizione della donna da noi è per certi versi migliorata, per tanti altri peggiorata, travolta dai ritmi frenetici di una società che non è riuscita a rispettare e a fare propri i tempi delle donne.
Facciamo di questo 8 marzo un momento di riflessione, ripensiamo alla storia delle donne e come le donne hanno contribuito a cambiare la storiografia. Ragioniamo sulle nostre nonne, sulle nostre madri e sulla nostra generazione, sul rapporto uomo-donna, su come viviamo l’alterità tra i sessi, se davvero abbiamo imparato a rispettarci reciprocamente e a capire le nostre diversità; ragioniamo su come crescono i bambini e le bambine a scuola, se imparano a stare bene insieme...
Insomma, si comincia a parlare di donne e poi...
Come dicevano le femministe trent’anni fa, non è la donna a rappresentare la parzialità – come per tanti secoli gli uomini hanno fatto credere - perché la donna, emancipando se stessa, di fatto, migliora il mondo che le gira intorno.