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Mercato del lavoro: la riforma Fornero non serve né ai giovani né ai precari

Non c'è bisogno di manutenzione, ma di un cambiamento strutturale per favorire gli investimenti e l'occupazione. Il documento del Coordinamento lavoratori precari della conoscenza FLC CGIL.

24/03/2012
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La manomissione dell'articolo 18 prevista dalla proposta di riforma del mercato del lavoro è solo la punta di un iceberg distruttivo che sta per investire i lavoratori, le famiglie, gli studenti, i giovani in cerca di occupazione. Se l'ipotesi di intervento sull'articolo 18 non coinvolge direttamente i lavoratori precari - e tra questi quelli dei comparti della conoscenza e del pubblico impiego - li investe però direttamente quali cittadini di quello stato democratico "fondato sul lavoro” in cui proprio il lavoro è oggi al centro di un fuoco incrociato di politiche inefficaci e campagne d'opinione fuorvianti.

Come precari e come giovani, ma prima di tutto come lavoratori di tutti i comparti dell'istruzione, quanto diffuso sui contenuti della riforma fino ad oggi non ci convince perché:

  • si è perso l'obbiettivo del "contratto unico” e con esso di qualunque progetto di intervento di regolamentazione e drastica riduzione delle forme di lavoro atipiche.
  • non ci sono gli ammortizzatori sociali estesi a tutti mentre l'Aspi, che sarà la nuova assicurazione sociale per l'impiego, esclude proprio i precari (contratti a progetto, cococo, p.iva, assegni di ricerca). Nessun miglioramento neanche per chi lavora con contratti subordinati a tempo determinato perché i requisiti per accedere all'indennità (2 anni di anzianità contributiva e 52 contributi settimanali versati) lasceranno comunque fuori i più giovani o i meno giovani che hanno cambiato lavoro, o più semplicemente coloro che hanno cambiato spesso il loro contratto, ma svolgono da anni le stesse mansioni.
  • la precarietà non si riduce, ma si conferma salvando tutte e 46 le tipologie di "contratti precari. Anche quelle più incomprensibili e ingiuste, come il "lavoro a chiamata”, seppure soggette ad interventi di manutenzione che ne ridefiniscono i profili normativi, rimangono tutte a disposizione dei datori di lavoro.
  • l'aumento dei costi del lavoro precario, in termini contributivi, resta limitato alle tipologie di contratto a tempo determinato (e le altre 45?) e il carico di spesa sui datori di lavoro non solleva i precari dal peso della loro condizione di lavoro sottopagato, senza tutele e discontinuo. I costi della precarietà, dunque, continuano a pagarli prima di tutto i lavoratori e poi, solo in parte, i datori di lavoro.
  • se il lavoro precario a tempo determinato (la serie A dei contratti precari in termini di diritti e tutele) costa di più ai datori di lavoro e il lavoro precario co.co.co., a progetto, a chiamata, etc. (la serie C dei contratti precari, senza tutele e senza diritti) resta disponibile a costi inferiori, non è automatico né scontato che i datori di lavoro facciano ricorso ai contratti a tempo indeterminato, ma è assai probabile che scelgano di compensare l'aumento dei contributi da versare con l'abbassamento dei compensi. Non c'è nessun contratto collettivo nazionale di lavoro che glielo impedisca. La riforma colpisce i precari due volte: prima toglie loro l'opportunità di un lavoro dignitoso e poi quella di una giusta retribuzione.
  • ridimensionare l'associazione in partecipazione e contrastare le "false” prestazioni professionali in regime di Partita Iva è utile e sacrosanto, ma non basta se non si tocca l'abuso di tutti quei "contratti precari” dietro i quali spesso si nasconde il lavoro dipendente. Anche l'intervento sulle "false” prestazioni professionali con partita IVA con "monocomittenza” risulta inefficace, nel merito e nella dimensione, se non ci sono disincentivi di costo per i datori di lavoro (i falsi committenti) e soprattutto se non si estende la ridefinizione normativa anche ai "professionisti” che hanno un ordine o un albo professionale di riferimento. Secondo la riforma, dunque, se ad essere sfruttati sono i giornalisti, gli architetti, gli ingegneri e gli avvocati che lavorano con partita IVA, ma in realtà fanno un lavoro dipendente, "la truffa” è consentita e legittima.

Più in generale la riforma risulta vuota di senso se non riguarda tutti. Le novità (la ridefinizione normativa dei contratti), infatti, non valgono per chi lavora nel pubblico impiego e tutti i precari pubblici parasubordinati, sui quali oggi si regge il funzionamento dello Stato italiano, rimangono fuori dal conto. Inoltre la riforma Fornero, seguendo a ruota la riforma delle pensioni e le "semplificazioni” e combinandosi con i recenti provvedimenti del ministro Profumo su Scuola e Università, ne amplifica gli effetti di depauperamento progressivo delle risorse dello Stato a vantaggio esclusivo di una, ormai sempre più fantomatica, libera iniziativa d'impresa.

E allora se il Governo deciderà di procedere oltre con l'approvazione del testo della riforma del lavoro così com'è, lo facciano senza sbandierare il vessillo dei giovani e dei precari. Non ci serve la riforma che dice di eliminare la precarietà, senza eliminarne le forme contrattuali, che estende gli ammortizzatori sociali tralasciando i precari, che "taglia” i diritti e le tutele ai lavoratori stabilizzati senza garantire niente a chi non ce li ha.

Una riforma che non guarda alla crescita del paese e non investe su una stabile e buona occupazione non si può fare in nostro nome.

Nell'immediato, per i comparti della conoscenza chiediamo al Governo:

  • un Piano pluriennale di stabilizzazioni;
  • che i contratti a tempo determinato con tenure track siano l'unico accesso per i ricercatori dell'università e ricerca;
  • l'estensione degli ammortizzatori a tutte le tipologie di lavoro precario.

Infine, chiediamo un piano di intervento strutturale per la crescita economica del Paese e siamo contro una "riforma" che colpisce insieme lavoratori stabili e precari e che prepara un'insopportabile beffa generazionale.

Il Coordinamento Nazionale Precari della FLC CGIL parteciperà perciò alle mobilitazioni e alle iniziative di protesta che saranno definite dalla CGIL e dalla FLC a cominciare iniziative già programmate a Milano per il 27 marzo e 3 aprile contro il disegno di Legge della Regione Lombardia che umilia i lavoratori della scuola e destruttura il sistema nazionale di reclutamento dei docenti.

Roma, 23 marzo 2012
Coordinamento lavoratori precari della conoscenza FLC CGIL