Convegno nazionale “Il lavoro che cambia. Il personale tecnico-amministrativo nell’Università delle autonomie" - Seconda giornata
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16:00
Enrico Panini, Segretario generale della FLC, chiude i nostri lavori.
“Ringrazio tutti gli ospiti, tutti i compagni che hanno preparato questo convegno e tutti i partecipanti. Un particolare ringraziamento ad Adriana Timoteo.
Vorrei toccare alcuni punti che sono oggi al centro del nostro dibattito più generale
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Memorandum sulla Conoscenza: l’abbiamo richiesto con forza per scrivere insieme dei principi e dei processi condivisi e perché conoscenza è sinonimo dell’elemento dello sviluppo del mondo oggi. Abbiamo fretta che il tavolo parta e, forse, ciò succederà a giorni. Vogliamo ricostruire un quadro di sistema condiviso che superi le incertezze su che cosa succederà domani. Anche perché siamo in presenza di una campagna di stampa devastante. Il tema della qualità è per noi prioritario e non lo regaliamo a nessuno.
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abbiamo chiesto l’apertura del tavolo dei contratti al più presto. Tra non molto partirà quello della scuola e c’è l’impegno a chiedere ai comitati di settore dell’università e della ricerca di produrre al più presto gli Atti di indirizzo. Non accettiamo assolutamente l’idea di saltare il contratto. Alla CRUI chiediamo di agire anche nella direzione della contrattualizzazione della docenza universitaria. Noi vogliamo declinare il tema della qualità a partire dai lavoratori. Per questo vogliamo far pesare nel contratto la formazione, vogliamo introdurre il tema della valutazione di sistema e far pesare la professionalità. Poi c’è il problema salariale: non si può fare solo rinnovi per recuperare l’inflazione ma anche far crescere i salari oggi troppo bassi. Chi lavora nella conoscenza ha diritto ad essere pagato bene perché a loro è affidato il futuro del Paese.
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Il 6 aprile abbiamo fatto un’intesa col Governo sull’incremento medio di 101€ (5,01%). Pochi giorni dopo nella Direttiva Madre questo impegno non è rispettato e viene meno un vincolo pesante sulla contrattazione integrativa. Per questo non abbiamo annullato lo sciopero. Aspettiamo il Presidente del Consiglio per avere da lui la chiarezza: è stato un errore o è stato voluto?.
Dopo questo Convegno, forse prima iniziativa sul lavoro TA, che segue quelli analoghi su docenza universitaria e AFAM, vogliamo costruire insieme punti di vista condivisi Ateneo per Ateneo.
Vogliamo riprendere il gusto di confrontarci con la novità:
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Oggi non c’è alcuna corrispondenza tra i programmi elettorali e le scelte concrete. C’è un problema di risorse, ma anche di estraneità dello Stato dalla condizione materiale dei lavoratori delsettore della conoscenza.
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C’è una vera esplosione della questione etica: la parte buona e maggioritaria dell’Università deve assumere in prima persona il tema della qualità.
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C’è una devastante precarizzazione delle persone e quindi delle università e, di conseguenza, degli studenti.
Siamo pronti a discutere fino in fondo di tutti questi temi con CRUI e ARAN. Noi pensiamo che il personale TA sia determinante per tutto il funzionamento delle Università. Chi sta pagando di più la crisi sono oggi le donne e gli uomini sempre più precari. In sede di contratto vogliamo affrontare questi problemi. Vogliamo una Università di massa e di qualità: oggi non è così.
L’autonomia oggi è limitata dalle risorse e ciò provoca autoreferenzialità, proliferazione dei centri di costo e di potere.
Occorrono delle regole per non svuotare l’autodeterminazione del corpo elettorale.
Noi ci impegniamo a valorizzare la professionalità dei lavoratori.
Per i precari vogliamo che si definisca un percorso che porti ad eliminare questa piaga, che pesi ciò che le persone hanno fatto e vogliamo che dopo un definito periodo di avviamento tutti abbiano un contratto a tempo indeterminato.
Vogliamo che questo percorso valga anche per i parasubordinati.
Per elezioni RSU la CGIL chiederà che voti e sia eleggibile anche il personale a tempo determinato e vogliamo discutere le condizioni per cui anche i parasubordinati possano accedere al voto”.
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15:30
Mario Ricciardi, Direttivo ARAN, Responsabile comparto, contento di aver potuto seguire il dibattito da questa mattina, ha manifestato grande interesse per quanto detto, come descrizione di quello che è avvenutoin questi anni nell’Università.
L’università presenta problemi diversi dal resto del Pubblico Impiego, perché si tratta di un settore in continua evoluzione, con crescita nel numero degli atenei e dei corsi di laurea. Al personale si richide grande flessibilità.
L’università non è all’anno zero, molte cose positive derivano dalla contrattazione. L’ARAN ha cercato, con le organizzazioni sindacali, di rendere i diritti dei lavoratori a tempo determinato, molto simili a quelli del lavoratore a tempo indeterminato. Prima di pensare a strumenti nuovi, si cerca di utilizzare pienamente gli strumenti contrattuali a disposizione, non sempre fin qui utilizzati al meglio nella contrattazione integrativa.
Cita le carenze delle amministrazioni, ma anche dei sindacati e la responsabilità della politica: era necessaria una regia centrale, che non c’è stata, per governare l’autonomia universitaria.
Si sta facendo uno sforzo per riprendere un filo che si era spezzato; importanza del memorandum nazionale fra sindacati e governo. Lavoro pubblico di nuovo al centro, condiviso da tutte le amministrazioni e da quasi tutte le OO.SS. Scelta importante di metodo, con una linea di riforma, dal basso e condivisa.
Una questione decisiva: valutazione, responsabilità anche dell’utenza (non esclusiva) in questo campo.
Altri punti del memorandum: questione risorse è assolutamente decisiva. Nuovo rilievo al processo di costruzione di efficienza/produttività, superando la situazione attuale che non ha funzionato.
Progressioni verticali in relazioni alle esigenze organizzative e nuovi pesi all’esperienza, competenze e capacità nei processi valutativi.
E’ necessario conoscere e valutare meglio il “capitale” umano.
In conclusione, afferma che il precariato è in parte fisiologico per un sistema che cambia, ma ora la situazione è diventata patologica. Va messo uno stop al proliferare abnorme del precariato, ed una definizione di garanzia per i “precari necessari”.
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15:15
Marco Mancini, CRUI, Presidente Comitato di Settore comparto Università, ringrazia la FLC per l’invito a questo convegno, dove, afferma, si sta discutendo con grande attenzione e un buon approfondimento della questione del sistema dell’autonomia universitaria. Sottolinea di non ricordare altre occasioni di discussione specifiche per il personale tecnico e amministrativo come questa: lo ritiene un fatto importante, anche perché il personale T.A. più di altri è legato alle sorti dell’autonomia universitaria.
In premessa, fa una considerazione sulle cose dette nel precedente intervento.
Rispetto alle risorse, bisogna tenere presente che la legge 488 ha scaricato sugli atenei gli oneri stipendiali. Generando difficoltà dovute agli automatismi, che limitano la libertà di contrattazione. Rispetto a questi temi affrontati nella relazione di Rita Guariniello, conviene con le cose dette; sono problemi seri che andranno affrontati opportunamente in sede contrattuale.
Affronta in particolare altri tre punti trattati dalla Guariniello che coincidono con le priorità che aveva annotato.
Autonomia e personale T.A. . A proposito di valutazione, dice, siamo perfettamente d’accordo, e non da ora, si tratta di trovare criteri corretti e condivisi e, soprattutto, poter contare su risorse adeguate.
Non si potranno fare contratti senza risorse aggiuntive messe a disposizione dall’amministrazione centrale. Se ciò non avverrà, prosegue, solleveremo con forza questa criticità.
Precariato. Condivisibile la necessità di ridurre il precariato. Ma gli atenei devono essere messi nelle condizioni di poter affrontare il problema. Purtroppo, fin ora, ci hanno costretti e limitati con il blocco delle assunzioni. La stabilizzazione dei precari deve passare per la possibilità per gli atenei di accedere ai fondi ministeriali, attualmente possiamo solo contare sui fondi della ricerca.
Quindi, è necessario un flusso di risorse esterno,come per gli altri comparti.
Autonomie dipartimentali. E’ un’autonomia, afferma, che abbiamo difeso ma, se non ben gestita, può portare a storture. Il personale T. A. che lavora presso i dipartimenti può considerarsi fortunato rispetto a chi lavora presso l’amministrazione centrale. Ha la possibilità di accedere a risorse aggiuntive. Questo può creare conflitti fra il personale, se la questione non viene affrontata anche in sede contrattuale.
Per finire, l’autonomia opportunamente indirizzata è per il personale T.A. sicuramente uno strumento utile e moderno. Sull’autonomia regolamentata e sulla possibilità di arrivare ad un percorso condiviso ci sarà la piena collaborazione dei rettori.
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15:00
Dopo la relazione introduttiva della Terza sessione dei nostri lavori, il primo ad intervenire è Claudio Gentili, Confindustria, Responsabile area formazione.
Inizia il suo intervento ricordando la stretta collaborazione di Confindustria con la CRUI e con il Mur. Il modello di università tanto più libera quanto più chiusa è stato superato nell’ottocento con Humboldt. Il sistema disegnato in Germania allora, quello che oggi è dell’università europea, prevedeva tre elementi necessari: ricerca, didattica e trasferimento tecnologico cioè relazione con il territorio. In Italia l’autonomia universitaria si è realizzata come autonomia irresponsabile mentre nella scuola non si è proprio realizzata. Un’autonomia irresponsabile perchè senza contrappesi che ha prodotto una università sottofinanziata e mal gestita. Ma non è una ragione sufficiente per tornare indietro come, a detta del rappresentante di confindustria, si sta facendo in questo periodo ad esempio con il tentativo di ricentralizzare i concorsi.
E’ necessario tornare invece a meccanismi di premialità autentici come quello che prevede il decrescere progressivo dell’Ffo e l’aumento del fondo di riequilibrio.
Per Confindustria l’ultimo vero programma sulla conoscenza è quello che risale agli accordi governo parti sociali del ’98.
Per la Confindustria sono indispensabili 5 interventi. Il primo sulla governance, superando l’elezione dei rettori in quanto soggetti ad un conflitto di interesse eccessivo con l’attuale meccanismo o quanto meno introdurre un solo mandato a termine. Favorire la mobilità studentesca e permettere che i test di ingesso si svolgano in date diverse. Aiutare le imprese ad investire nelle università in particolare quelle più piccole. Attirare studenti stranieri perché è un modo anche per promuovere il nostro paese. Un esempio per tutti: in Italia lo scorso anno studiavano 120 cinesi mentre in Germania 40.000
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14:30
E' la relazione di Rita Guariniello, Responsabile Struttura di Comparto Università FLC Cgil, ad aprire la Terza sessione di lavoro " Le proposte della FLC Cgil".
Rita Guariniello, dopo aver ringraziato i partecipanti ed i relatori individua alcuni temi su cui la FLC Cgil s’impegnerà per ottenere soluzioni al tavolo politico sulla conoscenza previsto nel protocollo sul pubblico impiego che si aprirà a breve con il Governo.
Si deve porre un freno all’uso abnorme del precariato e delle esternalizzazioni, la FLC Cgil impegnata nella campagna "MAI PIU' PRECARI!" chiede che siano applicati all’università i principi previsti nella legge finanziaria di stabilizzazione del personale con contratto a tempo determinato, e contemporaneamente propone di ricondurre le co.co.co. ad un uso sporadico ed occasionale, continua, come ha sempre fatto a proporre il voto per le RSU ai tempi determinati.
I cambiamenti prodotti dall’autonomia universitaria, dalle riforme e dai tagli ai fondi di finanziamento non sono stati accompagnati né da un riconoscimento economico dell’impegno dei lavoratori e lavoratrici né da una formazione adeguata.
Il personale dell’Università ha subito una serie di riforme “a costo zero” che lo porta a gestire l’applicazione di nuove normative mentre sono ancora in vigore le vecchie una per tutte il 3+2, si è adattato alla massiccia informatizzazione, che come è stato detto, ha richiesto un’auto formazione si è adeguato alle nuove esigenze dettate dai rapporti con l’Europa e con l’industria.
Tutto questo con il personale a tempo indeterminato in un rapporto con il personale docente dello 0,89%e con un trend di nuove assunzioni nel 2006 pari all’1%.
La scelta di aumentare l’autonomia finanziaria dei dipartimenti e dei centri di spesa, e di delegare loro funzioni e scelte che erano dell’amministrazione centrale, ha dei risvolti ormai preoccupanti perché di fatto sfuggono al controllo tutti i fondi che entrano nei dipartimenti dalle più svariate fonti.
Con Cisl e Uil di categoria stiamo ragionando di quali strumenti sono necessari per arrivare a contrattare l’organizzazione del lavoro, la programmazione delle assunzioni, la stabilizzazione del precariato, dei veri e seri programmi di formazione; di capire tramite i bilanci analitici quante sono le risorse, a chi vanno; di avere relazioni sindacali in cui si possa ragionare su come affrontare i mutamenti dell’università.
Si deve valutare che il contratto nazionale dà diritti ecertezze e la contrattazione integrativa risponde alle esigenze dei lavoratori e delle lavoratrici ma anche delle amministrazioni; la contrattazione integrativa può essere uno strumento perconcertare gli interventinecessari ad affrontare i sempre maggiori necessari cambiamenti.
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11:30
Si apre il dibattito, queste le sintesi degli interventi.
Davide Valente,
Università di Bologna, sottolinea come in questo momento di trasformazione sia importante raggiungere una reale conoscenza del mondo universitario e sulla base di questo dire la nostra come FLC. Si va verso un rinnovo importante del contratto e verso le elezioni delle RSU, per le quali afferma, devono votare tutti; occorre recuperare salario ma anche qualificare il mondo delle università. L’autonomia deve dispiegarsi totalmente, superando il vincolo del 90% e facendo emergere tutte le risorse che entrano negli atenei, modificando in questo senso anche il contratto.
Afferma che occorre contrattare l’organizzazione del lavoro in tutta la filiera delle Università, compresi i dipartimenti, facendo lavorare anche i comitati degli iscritti. Sostiene che senza una modifica della governance non si chiarirà mai il rapporto tra docenza e personale.
Valente informa l’assemblea che, a latere di tutte queste questioni, in Emilia partirà un tavolo su tutti gli investimenti in ricerca, università, enti e privati, in particolare sui fondi europei. Un altro punto centrale ripreso nell’intervento è la stabilizzazione del precariato.
Inoltre, in chiusura del suo intervento afferma che forse è il caso di non stare più nei consigli di amministrazione se si vuole essere veramente liberi.
scarica l'intervento integrale
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Maffei Lucia, Università di Siena, apre il suo intervento facendo un riferimento al luogo che ospita il convegno (la Casa Internazionale delle Donne) sostenendo che donne e università è un tema trasversale che meriterebbe maggiore attenzione; da una delle tante indagini su questi temi, infatti, emerge come la valorizzazione del lavoro delle donne sia bassa. Le donne anche nella Pubblica Amministrazione sono in maggior parte precarie anche se laureate. Continua ad esistere la difficoltà ad entrare nella Pubblica Amministrazione, dove la presenza femminile è del 54%, mentre le donne laureate sono il 60%; il rapporto dirigenziale donna-uomo è di uno a quattro.
La Pubblica Amministrazione avrebbe dovuto svolgere un ruolo trainante, invece l’università si colloca alla base della classifica: il 55% delle donne docenti è collocata nella fascia ricercatore, poche sono le associate e le docenti. Poche donne Direttori amministrativi. Soltanto due donne Rettore.
Manca la coscienza del problema, le normative ci sono. La Legge 165 prevedeva sperimentazioni, ma tutto ciò non si fa nell’università.
Il sindacato può, deve, svolgere un ruolo centrale, considerando che l’azione contrattuale è diretta a donne e uomini. Domandiamoci se nelle commissioni di concorso si tiene presente la percentuale e le quote di riequilibrio; quante amministrazioni lo fanno? Le università potrebbero riuscirci ancor meglio, vista l’elevata preparazione culturale.
Quello della maternità è un nodo: essa ha un valore sociale, non deve più essere un impedimento all’inserimento e alla valorizzazione del lavoro femminile. La road map, varata dall’Unione Europea è un filone interessante, moderno. Dobbiamo impregnare la nostra attività sindacale con gli “occhiali del genere”.
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Moreno Verdi, Università di Firenze, afferma che va combattuta senza esitazioni la campagna di criminalizzazione del Pubblico Impiego e dell’Università in particolare.
Non si può accettare da parte di chicchessia il luogo comune, storicamente superato, del pubblico dipendente fannullone ed infingardo ripiegato sull’equazione: ti pago poco, ti chiedo poco.
Quel mondo nelle Università è stato spazzato via dai provvedimenti, succedutisi a partire dagli anni ’90, sull’Autonomia.
Le nostre Università ed il sindacato come parte sociale attiva hanno prodotto mutamenti epocali ed irreversibili in merito alle attività, alle professionalità e, non di rado, all’organizzazione del lavoro.
Dove c’era una catena gerarchica, imperniata sulla docenza universitaria, ed un lavoro organizzato per mansioni parcellizzate e ripetitive, oggi troviamo sempre più spesso forme organizzative orizzontali, che lavorano in staff e che sono dirette da lavoratori che provengono da ruoli tecnici e amministrativi.
I servizi bibliotecari, piuttosto che quelli informatici, i servizi alla didattica sono sempre più spesso autonomi centri di spesa e di servizio gestiti da personale competente.
In un certo senso la contrattazione nazionale ed integrativa ha “liberato” molti docenti da compiti impropri consentendogli di occuparsi a tempo pieno (o definito) di didattica e di ricerca.
Questi mutamenti, non sostenuti da risorse finanziarie adeguate e soluzioni contrattuali coerenti, hanno prodotto nel tempo due effetti opposti:
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la maggiore efficienza dei servizi delle Università;
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un profondo senso di disagio da parte dei lavoratori che, consapevoli di quanto hanno dato, hanno avuto in cambio poco o niente in termini di formazione, di salario, di riconoscimento della propria professionalità.
In questo contesto, così esplicito, chiaro, documentato e documentabile i lavoratori T.A. non sono disponibili ad essere insultati da singoli personaggi o media, che fanno i portavoce di Confindustria, con argomentazioni astoriche e strumentali che hanno l’unico scopo di non consentire un dibattito libero e costruttivo fra le parti sociali in ordine ai prossimi rinnovi contrattuali.
Anzi, i lavoratori contrattualizzati delle università si aspettano da questa stagione contrattuale, quel riconoscimento normativo e salariale che latita ormai da tanti anni quanti sono quelli che hanno visto l’inizio del cammino dell’autonomia universitaria.
I lavoratori sono altrettanto allertati ed attenti alle soluzioni che dovranno essere individuate per la stabilizzazione reale dei colleghi precari così diffusamente presenti nelle strutture dove si svolge la prestazione lavorativa quotidiana. Coerentemente con questa attenzione essi rivendicano il diritto di voto, in occasione del rinnovo delle RSU, dei colleghi precari.
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Matteo Slataper, Università di Trieste, inizia il suo intervento richiamandosi alla relazione di Elio Rucci di ieri sul sistema universitario. Se il 90% dei fondi ordinari viene affidato ai costi del personale, resta molto poco per i processi di miglioramento.
Situazione anomala degli aumenti automatici dei docenti, caricati sui fondi delle università.
Occorre andare oltre a questa situazione. La questione della ricerca di fondi, porta a privilegiare inevitabilmente le ricerche “applicate”.
Servirebbe una distinzione fra finanziamento finalizzato e non finalizzato, per la ricerca.
Per la ricerca applicata è molto semplice “valutare” i risultati. Per la ricerca di base la situazione è opposta, anche perché a partire da un punto iniziale lo sviluppo della ricerca può andare in direzioni molto diverse, dunque diventa di difficile valutazione il risultato.
Di qui occorre partire per analizzare come si sta modificando il funzionamento del settore ricerca. Si può facilmente verificare il legame strutturale che lega precariato alla ricerca di base.
Ma quale valenza ha la ricerca di base nella società? (ad esempio le scienze umane, che svolgono un ruolo essenziale per la società).
Non sembra possibile un unico modello di finanziamento.
La qualità della ricerca legata alla precarietà del posto di lavoro deve essere rapidamente superata.
Scarica l'intervento integrale.
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Vincenza Ferrara, Università La Sapienza di Roma, nel suo intervento vuole descrivere l’impatto che le tecnologie ICT e in generale l’informatizzazione hanno avuto sui lavoratori e più in generale sull’organizzazione del lavoro nelle Università. Gli ultimi vent’anni sono infatti caratterizzati dall’introduzione dei PC, della comunicazione delle informazioni mediante la rete Internet, della conseguente digitalizzazione delle informazioni, dell’applicazione delle tecnologie informatiche non solo alla “burocrazia” degli Atenei, ma anche alle Biblioteche, ai musei, alla didattica e alla ricerca. Il personale tecnico amministrativo dei vari profili professionali, dall’amministrativo al personale delle segreterie studenti piuttosto che di quelle didattiche, ai tecnici di laboratorio, al personale delle biblioteche piuttosto che di quello a supporto della ricerca e della didattica ha dovuto modificare la modalità operativa nei vari settori e il più delle volte “autoformarsi” per far fronte ai cambiamenti tecnologici.Andrebbe, quindi, da una parte riconoscere questo impegno del personale che ha interagito con i cambiamenti tecnologici nonostante gli scarsi interventi di formazione operati dagli Atenei, dall’altra valorizzare le esperienze di “eccellenza” che spesso sono relegate nelle strutture periferiche, come ad esempio i dipartimenti, ed utilizzate dalle amministrazioni degli Atenei.
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Stefano Beltrame, Università di Trieste, interviene affermando che siamo nel tema della riforma del Pubblico Impiego, ma la condizione della categoria è anche legata alla scarsità delle risorse dedicate alla conoscenza.
Occorre, afferma, che il cittadino possa chiedere alla pubblica amministrazione di svolgere un servizio ed attuare una procedura.
Occorre, però anche fare una autocritica su come viene vissuta l’autonomia che è forse più un arbitrio da parte di chi decide.
La proliferazione dei corsi e dei dipartimenti sono esempi in cui l’interesse generale è più debole dei tanti interessi locali. I due organi di governo non si dividono i ruoli e questo porta ad uno spreco di risorse. Un altro problema evidenziato nell’intervento è stato quello dell’esternalizzazione dei servizi per la quale occorrerebbero almeno delle regole nel momento in cui si deve proprio fare. I lavoratori rischiano sempre di rimetterci perché non c’è il controllo. Dobbiamo sensibilizzare gli organi di governo universitari a non andare a gare al massimo ribasso.
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Alle ore 13,00 si sospendono i lavori.
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11:15
Francesco Sinopoli, centro nazionale FLC Cgil, ci ricorda che i numeri complessivi del personale tecnico amministrativo, ci parlano di un deficit strutturale che si trascina dal 1993. Come potevano le università far fronte alle esigenze che hanno dovuto affrontare negli ultimi 20 anni? La risposta è semplice: stando ai dati del 2005 sarebbero circa 6000 i lavoratori a tempo determinato e circa 7000 i parasubordinati.
E’ necessaria una decisa inversione di tendenza che richiede scelte di natura finanziaria legislativa e contrattuale, in questo caso anche scelte del sindacato.
E’ indispensabile la riforma del contratto a tempo determinato come punto di partenza per un ripensamento complessivo della legislazione su lavoro che superi anche questa assurda mistificazione delle collaborazioni coordinate e continuative. In questo senso la legge finanziaria per il 2007 contiene primi timidi segnali fornendo un chiaro indirizzo al datore di lavoro pubblico: quello di ricondurre i contratti precari nell’alveo della legalità quindi del lavoro a tempo indeterminato o comunque della subordinazione.
L’iniziativa sindacale e la contrattazione, sono anche importanti, essendo strumento imprescindibile di controllo dell’organizzazione del lavoro. Strumenti che si aggiungono alla necessità di avviare la stabilizzazione del personale precario prevista oltre che dal comma 519 dal comma 417 e la conversione dei contratti di collaborazione in contratti di lavoro subordinato a termine anch’essa favorita dalla legge finanziaria. Bisogna valutare seriamente della possibilità di reinternalizzare progressivamente alcuni servizi (cooperative biblioteche e servizi generali) in quanto funzioni istituzionali dell’università.
E’ poi necessario introdurre una «anagrafe delle professionalità e dei rapporti di lavoro», in grado d’evidenziare le competenze e i percorsi di tutti i lavoratori non strutturati cioè le reali anzianità di servizio dei lavoratori precari tenendo conto di tutte le attività prestate indipendentemente dal tipo di contratto.
Nelle more della stabilizzazione regolamentare l’utilizzo dei rapporti di lavoro parasubordinato riconoscendo a tutti di diritti e tutele: maternità, malattia, ferie, diritti sindacali ecc. come già abbiamo fatto in alcuni atenei attraverso specifici accordi.
Esiste poi l’altra grande priorità il diritto ad eleggere le proprie rappresentanze da parte dei lavoratori precari.
In conclusione Sinopoli ricorda che per la FLC questa è una rivendicazione fondamentale: l’inclusione nella sfera della democrazia e della cittadinanza dei lavoratori che non hanno un contratto a tempo indeterminato è il banco di provacoerenza stessa dell’organizzazione.
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11:00
Eugenio Ghignoni, responsabile Centro di Coordinamento Regionale FLC Cgil Università Lazio.
Oggi l’università appare organizzata a rete con centri di potere estremamente diversi anche sulla base del tipo di autogoverno che è emerso dalla riforma.
C’è stata una progressiva proliferazione di poteri anche a livello di segnali individuali e uno svuotamento delle sedi che dovrebbero rappresentare una sintesi di rappresentanze.
Un’altra anomalia è la caduta della separazione tra indirizzo politico e funzione gestionale. C’è poi la crescita progressiva del precariato, una sorta di pianta organica parallela con l’ovvio aumento delle gerarchie.
Infine, non possiamo sottolineare la debolezza delle figure dirigenziali, a cominciare dai Direttori Amministrativi e la nascita di altre figure non meglio definite.
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10:45
Ines Fabbro, Direttore amministrativo Università di Bologna, propone una serie di riflessioni sul disegno e lo sviluppo di nuove figure professionali nel sistema universitario.
Crescita delle risorse umane, come essenziale nello sviluppo dell’Università. Ma questo obiettivo non sempre è condiviso. Sia quantitativa che qualitativa.
Cambiamento costante che richiede aggiornamento costante. Dobbiamo cercare nelle selezioni personale altamente flessibile culturalmente.
La competizione fra Università sta scemando, quello che importa è la qualità dell’impegno degli studenti.
Il dettato costituzionale, sul diritto allo studio, non è realizzato.
Non tutte le Università sono uguali, né hanno le stesse possibilità ad esempio di ricerca a livello internazionale.
Tendenza degli studenti universitari a scegliere università europee.
Università sottofinanziate, per il blocco dei finanziamenti che per l'Università di Bologna significa un taglio annuale di circa 15-20mila euro. Inoltre è stato tagliato il fondo per il riequilibrio.
Occorre richiedere al Governo un aumento almeno del 3-4%, con una selezione meritocratica della distribuzione dei fondi.
Occorre prevedere le sostituzioni – anche per le qualifiche alte e nuove regole per il part-time.
Occorre pagare di più il personale TA, perché un personale estremamente qualificato che necessita di aggiornamento quasi costante. Ed “obbligare” la componente docente a fare i conti con le nuove professionalità del personale tecnico amministrativo.
I cambiamenti organizzati costano soldi e pesano sulle persone.
Necessità del contratto dirigenti, che deve tener conto delle diversità di responsabilità in relazione anche alla dimensione delle università.
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10:30
E' Loriano Bigi, direttore amministrativo di Siena, ad aprire la serie di contributi. Dichiara la piena condivisione su quanto detto in questo convegno: o si trova un percorso comune per uscire dal guado o le preoccupazioni sono troppe.
La contrattazione integrativa non va subita perché è un laboratorio che può divenire il motore del rilancio del funzionamento degli atenei. Occorre però che siano chiari i ruoli. In questo caso è possibile andare al di là del solo trattamento accessorio per affrontare il problema del precariato in tutte le forme e gli ambiti.
E’ possibile (è stato fatto) definire i diretti minimi e garantirli, anche se a volte occorre “fantasia”.
E’ stato fatto un protocollo sulle relazioni sindacali. Attraverso la contrattazione decentrata è stato fatto un piano sulla sicurezza, legata alla carriera, ai titoli. Oggi siamo alla vigilia di cambiamenti non piccoli: toccare l’organizzazione del lavoro proprio attraverso la contrattazione, purchè l’obiettivodi questa vada al di là del singolo interesse. Quello che si deve recuperare è la professionalità dei lavoratori tutti fino ai dirigenti.
Le sfide di oggi sono:
1) la stabilizzazione dei precari;
2) la possibilità di andare al di là del vincolo del 90%, tenendo conto che il paniere per il personale è lo stesso dei docenti che sono coloro che alla fine decidono;
3) la possibilità di integrare il fondo del trattamento accessorio al di là dei vincoli della Finanziaria.
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- 5 DICEMBRE | Prosieguo confronto su sistema valutazione risultati dirigenti scolastici. MIM, ore 15:00.
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