Manifesto per una didattica inclusiva: l’impegno delle maestre e dei maestri per ridurre le distanze e preservare il valore della relazione educativa
Per i bambini l’apprendimento è vicinanza, relazione, esperienza. Occorre progettare la ripartenza senza sacrificare l’identità delle scuole dell’infanzia e primaria.
La riflessione pedagogica avviata dalla FLC CGIL con la presentazione del “Manifesto per una didattica inclusiva”, elaborato con la partecipazione di pedagogisti e docenti, prosegue con un approfondimento sulle scuole dell’infanzia e primaria che presentano aspetti e problematicità connesse all’età dell’utenza a cui si rivolgono e meritano un’attenzione particolare.
In questa epoca di pandemia, infatti, dell’infanzia si parla poco.
I bambini non si ammalano, non fanno sentire la loro voce nei talk show televisivi, li pensiamo al sicuro tra le mura domestiche, nutriti, accuditi, coccolati.
In poco tempo i bambini sono tornati ad essere, nella percezione collettiva, un problema delle famiglie, di cui la politica si occupa marginalmente, riconoscendoli tutt’al più come soggetti bisognosi di cura e protezione, non titolari di diritti inalienabili, tra cui il diritto alla formazione e all’istruzione.
Eppure per loro la chiusura delle scuole ha rappresentato un vero e proprio stravolgimento di vita e di opportunità, lasciandoli privi di punti di riferimento: da un giorno all’altro non hanno più visto le maestre e i compagni, hanno smarrito le sicurezze delle routine quotidiane, si sono trovati proiettati in una realtà di divieti e di paure, di dolore e di lutti.
Le ferite psicologiche che l’esperienza dell’isolamento lascerà in loro saranno ben più gravi di quelle prodotte dal virus stesso.
Consapevoli della criticità della fase e della responsabilità che attiene al proprio ruolo, le maestre, e i maestri, si sono trovate di fronte a uno dei compiti più difficili: mantenere vivo il contatto con gli alunni e dare continuità, per quanto possibile, al percorso formativo
Alle deficienze e ai nodi irrisolti della “didattica a distanza”, al problema della raggiungibilità degli alunni che vivono in realtà tecnologicamente e culturalmente meno attrezzate, per i più piccoli si è aggiunta la difficoltà di dare un senso allo stare a casa, di motivarli a rispondere agli stimoli delle maestre filtrati attraverso uno schermo, a partecipare ad attività che non hanno il riscontro, di per sè gratificante, del “fare con gli altri”.
Per questo, in molti casi, si è reso necessario rinnovare tra scuola e famiglie un patto educativo forte, in cui le maestre sperimentano modalità per entrare virtualmente “in punta di piedi” nella sfera familiare e i genitori assumono un ruolo attivo di mediazione.
In questo senso abbiamo contezza di molte e diffuse esperienze positive.
Ma le difficoltà delle famiglie più svantaggiate a rispondere alle sollecitazione che la scuola “a distanza" offre, dimostrano che non è affatto inclusiva questa didattica dell’emergenza e rischia di lasciare indietro proprio quei bambini che di scuola hanno più bisogno...
La narrazione di molte mamme e maestre della esperienza di questi mesi è attraversata da un forte desiderio e bisogno di scuola “vera” che gli stessi bambini esprimono, chiedendoci di pensare, in tempi brevi, a una ripresa “controllata” e in sicurezza, senza perdere l’identità di una scuola in cui l’apprendimento è corporeità, movimento, relazione e che l’epidemia rischia di sacrificare perché incompatibile con mascherine e distanziamenti.
Occorre al più presto restituire alle bambine e ai bambini il diritto alla quotidianità, alla vita scolastica, alla socialità, mettendo in campo una progettazione che tenga conto sì di misure rispettose dell’emergenza, ma consenta contemporaneamente di riallacciare le fila di un percorso interrotto, di rimettere insieme i pezzi di una comunità educante pesantemente provata, di rendere migliori, più belli e funzionali, gli ambienti di apprendimento.
Aspettare settembre sarebbe tardi.
Adesso è il momento di confrontarsi su idee e proposte per rafforzare il sistema delle scuole dell’infanzia e primaria, investire in edilizia scolastica e professionalità, progettare modelli organizzativi che possano contare su tempi distesi e spazi adeguati.
Adesso è il momento di assumere decisioni condivise per riconoscere concretamente ai bambini e alle bambine il diritto a una formazione di qualità all’interno di una complessiva riqualificazione del sistema pubblico di istruzione che la crisi epidemiologica oggi impone più che mai.
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