Per la Regione Lombardia gli Istituti Professionali devono essere chiusi
L’assessore Aprea a testa bassa: i sessantamila docenti vadano a fare il potenziamento negli altri ordini di scuola. La FLC CGIL: mobilitazione!
Non ha usato giri di parole l’Assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro della Regione Lombardia Valentina Aprea durante il convegno “Accendere i fari sull’Istruzione e Formazione Professionale” organizzato dall’associazione Treellle e che si è tenuto a Torino il 23 giugno scorso: l’esperienza degli istituti professionali statali deve essere considerata chiusa e i sessantamila docenti devono essere ricollocati altrove, sull’esempio dell’organico di potenziamento istituito dalla legge 107/15. Naturalmente la Aprea nulla dice degli oltre cinquecentomila studenti che frequentano tali istituti, del personale ATA e dei dirigenti scolastici. Si tratta evidentemente di aspetti residuali rispetto alla “grandiosità” della proposta.
Tale proposta fa il paio con quella sostenuta dal sottosegretario al Ministero del lavoro, Luigi Bobba, appoggiata da alcuni network della formazione professionale della medesima provenienza culturale del sottosegretario, che chiede che l’istruzione e formazione professionale, intesa come l’insieme delle attuali istruzione professionale (IP) e istruzione e formazione professionale (IeFP), costituisca un settore differenziale, facente capo al Ministero del lavoro, rispetto al resto del sistema di istruzione di secondo ciclo. Sulla stessa linea alcune Regioni che chiedono però che la governance del nuovo sistema differenziale sia affidata alle Regioni stesse. Tutte le proposte hanno in comune l’abbassamento dell’età di accesso al lavoro vero e proprio.
Questi grandi sommovimenti testimoniano il lavorio di questi mesi intorno alla delega prevista dalla Legge 107/15 (comma 181 lettera d), finalizzato a raggiungere un obiettivo preciso: demolire l’istruzione professionale statale.
Si tratta del tentativo di mettere in atto la “soluzione finale” contro un intero settore scolastico e che è stato preceduto da precise scelte politiche e tecniche.
Ricordiamo che a seguito dall’approvazione dell’articolo 64 del Decreto Legge 112/08 convertito nella Legge 133/08, finalizzato alla riduzione di oltre centotrentamila posti nella scuola statale e alla realizzazione di un risparmio di otto miliardi di euro, sono stati adottati, tra l’altro, il nuovo Regolamento sulla costituzione delle classi (DPR 81/09) e il Regolamento di riordino degli istituti professionali (DPR 87/10)
Le conseguenze di tale provvedimenti sono stati:
- La riduzione del tempo scuola frontale
- La riduzione di oltre il 30% delle attività di laboratorio
- L’aumento del numero di alunni per le classi prime che può raggiungere ordinariamente il numero di 33 studenti
- L’eliminazione dell’area professionalizzante che nelle classi quarte e quinte del vecchio ordinamento oscillava tra le 300 e le 450 ore annue. A partire dal 2010/11 e fino ad esaurimento del vecchio ordinamento (ossia fino all’anno scolastico 2013/14) tale area è stata sostituita dal 132 ore nel biennio (media di 66 ore per anno) di alternanza scuola lavoro.
Inoltre nessuna delle misure di accompagnamento previste sono state di fatto realizzate. Si pensi alle Scienze Integrate che da ambito unitario è diventato campo di battaglia tra quattro discipline ed almeno il doppio di classi di concorso. L’utilizzo dissennato e senza controllo della quota di autonomia ha reso molto diffuse nel primo biennio le cosiddette discipline flash.
A tutto ciò occorre aggiungere l’avvio dal 2010/11 del nuovo sistema di IeFP che ha creato in molte Regioni, nei primi tre/quattro anni, una situazione di caos indescrivibile.
A fronte di scelte tanto scellerate, di una disattenzione senza eguali nei confronti degli studenti e delle famiglie più in difficoltà del nostro Paese, di azioni e provvedimenti proditoriamente finalizzati a far lavorare l’intera comunità professionale in situazioni di disagio e precarietà, la soluzione è semplice: eliminare, con un semplice tratto di penna, un intero settore considerato senza appello incapace di affrontare il tema della dispersione scolastica.
Deve essere chiaro a tutti che contro questa deriva la FLC CGIL chiamerà alla mobilitazione i lavoratori della scuola, a partire da coloro che operano negli istituti professionali.
La FLC CGIL ritiene che le scelte prioritarie e qualificanti per un rilancio dell’istruzione professionale siano
- Biennio unitario
- Titolarità dell’Istruzione sull’obbligo di istruzione, nella prospettiva dell’elevamento dell’obbligo scolastico a 18 anni
- No alla costituzione di fatto un intero settore differenziale (a 50 anni dall'abolizione delle classi differenziali) la cui finalità principale è il recupero dei soggetti "difficili", quelli dallo stile di apprendimento pratico (come se tutti quelli che vanno al liceo avessero lo stile di apprendimento astratto!)
- Forte riduzione del numero di studenti nelle classi iniziali
- Costituzione delle classi conseguenziali in relazione agli obiettivi di riduzione della dispersione e stretta connessione tra tali obiettivi e il sistema nazionale di valutazione
- Verifica delle competenze, abilità e conoscenze acquisite dallo studente al termine del primo biennio
- Obiettivo del percorso di studi deve essere il conseguimento del diploma finale di scuola secondaria di II grado, con profili educativi e professionali in uscita ampi e non legati ad una specifica attività lavorativa. All'interno di questo percorso deve essere data la possibilità agli studenti di conseguire titoli professionalizzanti e/o brevetti
- No all'IeFP come quarta filiera del sistema educativo di secondo ciclo. In questo senso l’offerta integrata tra Istruzione Professionale Statale e sistema della Formazione Professionale o l’offerta sussidiaria degli Istituti Professionali sono le scelte più coerenti con tale opzione.
- Nell’IeFP deve essere mantenuta l'attuale struttura ordinamentale che prevede qualifiche e diplomi relativi a figure nazionali, declinabili (con attività aggiuntive) a livello regionale.
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