I docenti e il personale dell'Università di Bari contestano il DL 112/08
Comunicato stampa e documento del Senato Accademico.
Le iniziative di mobilitazione negli atenei
Nell'ambito della più ampia iniziativa di mobilitazione degli atenei italiani nei confronti dei provvedimenti contenuti nel DL 112/08, pubblichiamo di seguito il comunicato e il documento del Senato Accademico dell’Università di Bari
Roma, 17 luglio 2008
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Il Senato Accademico dell’Università di Bari esprime massima preoccupazione per i recenti provvedimenti governativi di contenimento della spesa pubblica i quali, senza alcun confronto con le parti sociali interessate, stravolgono natura e ruolo della nostra istituzione. In tale direzione si muovono infatti scelte quali il notevole taglio dei finanziamenti ministeriali, l’impossibilità di sostituire i docenti che vanno in pensione e di reclutare giovani ricercatori, il ridimensionamento, specie per i più giovani, degli stipendi già fra i più bassi in Europa, la trasformazione degli Atenei in Fondazioni private ipotizzata sulla base di un presunto supporto da parte di un mondo imprenditoriale già afflitto, soprattutto al Sud, da gravi problemi strutturali e connotato da una scarsa propensione ad investire nella ricerca.
Il progressivo disimpegno dello Stato dalle sue storiche responsabilità di sostegno al sistema universitario pubblico rivela una volontà di programmarne il declino definitivo con danno gravissimo per l’intera società che vedrebbe svuotato il peculiare ruolo propulsivo naturalmente svolto dall’Università.
Tra le immediate conseguenze di questa manovra non potranno che esserci per le famiglie aumenti consistenti delle tasse universitarie e per gli studenti l’inevitabile scadimento dei servizi.
Si verificheranno una diminuzione dell’attività di ricerca e una contrazione dell’offerta formativa.
Il Senato Accademico invita quindi il Governo a sospendere le decisioni assunte sull’Università e ad aprire un confronto serio ed immediato con il sistema universitario per individuare insieme efficaci soluzioni per il futuro dell’istituzione pur nel difficile contesto economico.
Diversamente, l’Università di Bari assumerà, anche d’intesa con gli altri Atenei pugliesi, ogni iniziativa, anche la più clamorosa.
Nel contempo l’Università rivolge fiduciosa un appello alla solidarietà e al contributo di idee dei giovani, delle famiglie, degli operatori economici, del mondo della scuola e delle professioni, degli Enti e delle Istituzioni locali, di tutte le forze sociali.
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Documento del Senato Accademico sul Decreto Legge n. 112 del 25.06.2008
L’Università di Bari, analizzate le misure di contenimento della spesa pubblica previste nel D.L. 112 e le implicazioni per il sistema universitario nazionale, conferma la propria volontà di contribuire alla revisione dell’organizzazione di questa realtà in una prospettiva di valorizzazione dell’efficienza e del merito attraverso forme condivise di valutazione respingendo ogni pratica autoreferenziale.
Nello stesso tempo rileva con estrema preoccupazione che tali misure, se fossero applicate senza opportuni profondi correttivi, avrebbero gravissime ripercussioni sulle attività di didattica, ricerca e di gestione di un Ateneo, come il nostro, che opera in un contesto territoriale vasto e con notevoli esigenze di sviluppo e formazione difficilmente contraibili.
Punto principale della manovra di contenimento è la riduzione significativa del FFO che si sviluppa per i prossimi cinque anni e la possibilità di assunzione di personale solo pari al 20% di quello che cesserebbe dal servizio sino al 2012. Questo si configurerebbe in pratica come un vero e proprio blocco del turn over, che non terrebbe in considerazione le realtà variegate dell’organico dei diversi atenei, le esigenze di mantenere il livello di docenza adeguato alla nuova offerta formativa varata da qualche settimana, i costi delle valutazioni comparative già avviate.
Nel nostro ateneo, in cui è previsto in questo intervallo di tempo un picco di cessazioni dal servizio (tutta la generazione di docenti nati nell’intorno del 1940 che diede l’unico vero impulso di crescita alla nostra sede essendo stata reclutata nell’epoca dei “provvedimenti urgenti”), questo blocco implicherebbe un vero e proprio tracollo di organico, difficilmente rimediabile, tenendo anche conto dei tempi necessari per l’espletamento delle procedure concorsuali.
Non ci spaventano le percentuali: già dal 2007 abbiamo avviato una politica di contenimento della spesa e di risanamento limitando l’utilizzo delle risorse liberatesi con il turn over al 20 %. Ma la differenza, cioè ben l’80%, resta a disposizione dell’Ateneo per politiche di ripianamento, riequilibrio, adeguata programmazione. Ora invece, in barba alla pur conclamata autonomia (in virtù della quale ci viene chiesto di “arrangiarci” nel reperimento di risorse) tali cospicue somme ci vengono forzatamente sottratte.
Malgrado la nostra politica di reclutamento (davvero virtuosa) incentrata sull’ incremento dei ricercatori e sull’investimento per la creazione di opportunità per i cosiddetti ricercatori in formazione, prevediamo che l’improvvisa mancanza di docenza di maturità didattica e scientifica consolidata, difficilmente sostituibile, recherà un nocumento difficilmente arginabile alla qualità della nostra offerta formativa e alla capacità di esprimere ricerca di punta.
Tutto ciò in un contesto territoriale regionale in cui il nostro ateneo è praticamente l’unico a erogare formazione su un numero elevato di discipline di alto valore professionale (medicina, economia, chimica,…), sulle quali le competenze dei nostri docenti hanno raggiunto punte di eccellenza oggettivamente riconosciute e che ora sono irrimediabilmente condannate a scomparire.
Nessuna politica di riequilibrio d’ateneo potrà mai sostituire in tempo utile competenze specifiche consolidate attraverso decenni di impegno di ricerca in Italia e all’estero.
La dilatazione poi della durata degli scatti stipendiali, è ancora un altro elemento sciagurato di discriminazione tra i docenti: i più giovani hanno di fatto una riduzione di stipendio proporzionalmente maggiore rispetto a quella dei colleghi più anziani il cui scatto è più esiguo.
Oltre al divario di trattamento comunque si profila specialmente per i ricercatori (l’anello più debole della catena) un impoverimento oggettivo del trattamento economico che è già tra i più bassi d’Europa, e quindi una mortificazione insostenibile data l’attuale congiuntura economica di una classe di giovani che ha scelto consapevolmente e generosamente di rimanere e di non fuggire all’estero.
In molti settori, se non in tutti, essi sostengono una frazione cospicua della nostra offerta formativa attraverso affidamenti di insegnamenti gratuiti, oltre a svolgere l’attività di ricerca che per loro deve essere prioritaria.
Questa pesante manovra rende di fatto il FFO un parametro inutilizzabile per il calcolo della percentuale massima del contributo degli studenti alle entrate dell’ateneo: in questo caso dovrebbe essere utilizzato solo il complesso delle entrate finanziarie. Un’impostazione che poi vuole incoraggiare l’acquisizione di fondi propri rende poi di fatto poco credibile l’impiego del FFO come parametro di riferimento per la spesa del personale a tempo indeterminato.
A tutto questo scenario fortemente critico per la sopravvivenza del sistema universitario, si aggiunge l’ipotesi di trasformazione delle università in fondazioni, che si innesterebbe su una situazione di grande incertezza finanziaria del nostro ateneo indotta dal problema grave dell’organico e dalle difficoltà ormai storiche in termini economici ed infra-strutturali del nostro territorio.
Il disimpegno dello Stato verso il sostegno finanziario dell’istruzione e della promozione della ricerca e sviluppo in realtà come la nostra dove il territorio ha cominciato a guardare all’università come il motore dell’innovazione e del trasferimento tecnologico, non può che accentuare la difficoltà di un sistema debole e vacillante, in cui gli attori hanno da poco intrapreso il difficile cammino dell’integrazione degli sforzi per puntare ad una crescita mai favorita sinora, data la costante esiguità dei finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo.
Le conseguenze di una così drastica obbligata riduzione delle attività di ricerca e formazione saranno catastrofiche: per i giovani ricercatori, per gli studenti e le loro famiglie, per il personale, per il mondo produttivo, per gli Enti locali.
Pertanto l’Università di Bari richiede una sostanziale revisione dei contenuti di questa manovra, ribadisce la sua disponibilità al confronto con gli organi parlamentari di concerto con la CRUI e il CUN, e si riserva ogni decisione per iniziative intese a richiamare l’attenzione del Paese su questa situazione che si profila devastante per il sistema universitario. Su questi temi impegna il CURC a pronunciarsi nella riunione del 21 p.v. anche assumendo iniziative volte a favorire un confronto con tutti i parlamentari pugliesi.
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