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Marcegaglia critica: siamo delusi, nessun sostegno alla ricerca

La presidente di Confindustria è convinta che sulla ricerca, sul capitale umano, l’università e la scuola «il governo deve investire e non può dire che non ci sono soldi

20/11/2010
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ROMA Emma Marcegaglia non ci sta. «Aver visto nell’ultimo maxi-emendamento ancora una volta non venir supportata la ricerca e l’innovazione, per noi è stata una grandissima delusione. Un paese che non investe in questo, non va da nessuna parte. E non guarda al futuro e ai giovani». La presidente di Confindustria è convinta che sulla ricerca, sul capitale umano, l’università e la scuola «il governo deve investire e non può dire che non ci sono soldi. Tagli la spesa pubblica, i costi di funzionamento dello Stato, gli enti inutili. Ma su queste cose l’investimento ci deve essere».
Per queste ragioni Emma Marcegaglia ha confermato di essere favorevole «all’approvazione veloce della riforma dell’università, perfettibile quanto si vuole ma primo passo importante nella direzione giusta». Non approvarla per mancanza di fondi, ha aggiunto, «sarebbe davvero molto grave». Così come è giusto che, come ha proposto il ministro Gelmini, «i professori più bravi siano pagati di più, quelli meno bravi di meno, come succede nelle imprese». Confindustria, nel corso di un convegno che si è svolto a Mantova, ha rilanciato l’allarme per la mancanza di figure professionali chieste dalle imprese. Un gap stimato in 110.000 addetti, solo per il 2010.
Gli imprenditori tornano alla carica su politica e fisco. Marcegaglia ha chiesto «che si arrivi in fretta ad una soluzione che renda il Paese governabile». E la prima riforma da fare, ha ribadito, è quella fiscale.
«Il 68% di tassazione fiscale e contributiva sulle imprese, tassazioni altissime sui lavoratori: qui è il problema vero». I tempi sono stretti: i dati sugli ordini dell’industria a settembre confermano «che l’Italia sta rallentando anche più degli altri paesi Ue e delle proiezioni. Rischiamo di uscire dalla crisi con gli stessi problemi che avevamo prima. E cioè, una capacità di crescita inferiore a quella europea».
B.C.
 


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